Queste disposizioni, tra l'altro, hanno costituito la piattaforma per la Legge
n. 183 del 18 maggio 1989 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale
della difesa del suolo". La Legge ha lo scopo di "assicurare la difesa
del suolo, il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio
idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli
aspetti ambientali ad essi connessi". La normativa individua una serie di
strumenti per il conseguimento dei seguenti obiettivi: l'identificazione dei bacini
idrografici (considerati come ecosistema unitario), l'istituzione delle Autorità
di Bacino (preposte alla gestione dei bacini e alla predisposizione di piani di
settore), l'avvio dei Piani di Bacino (strumento principale per acquisire la conoscenza
delle situazioni in atto, individuare i fattori critici e gli interventi necessari,
programmare l'utilizzo delle risorse idriche e pianificare gli interventi da attuare
su base triennale).
Si affiancano alla normativa nazionale le leggi di recepimento
delle Direttive Comunitarie, tra cui il già richiamato ultimo decreto legislativo
n. 152/9), che introduce gli obiettivi di qualità dei corpi idrici, il
monitoraggio e la classificazione dello stato delle acque, la predisposizione
dei piani di tutela.
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Rilevi
cartografici dei bacini idrici |
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La legge di riforma dei servizi idrici
La legge n. 36 del 5 gennaio
1994 "Disposizioni in materia di risorse idriche" (nota come Legge Galli)
sancisce che "tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché
non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è
salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà". Tale
Legge, oltre ad affermare la priorità dell'uso dell'acqua per il consumo
umano, getta le basi per il passaggio da un sistema frazionato delle gestioni
ad un organico sistema imprenditoriale, delineando un processo di trasformazione
del settore idrico di grande importanza e complessità, il cui obiettivo
finale è la gestione integrata dell'intero ciclo dell'acqua, i cui costi
siano interamente coperti dalla tariffa.
La Legge mira a risolvere tre problemi
fondamentali: la molteplicità delle gestioni, la frammentazione del ciclo
tecnologico, lo scompenso tra le tariffe attuali ed il costo del servizio.
Il ciclo integrato (captazione, trattamento, distribuzione, servizi di fognatura
e di depurazione) deve essere accentrato in un unico soggetto capace di garantire
una gestione razionale delle risorse, riducendo gli sprechi e favorendo il risparmio
e il riuso.
La ridefinizione degli aspetti economico-tariffari deve consentire
ai nuovi soggetti gestori la possibilità di agire secondo principi di natura
imprenditoriale. Sotto questo profilo la Legge stabilisce un importante principio,
e cioè che l'onere della gestione deve ricadere sulla tariffa, elemento
regolatore del sistema, in quanto il costo del servizio deve essere sopportato
dagli utenti e non dalla intera collettività nazionale.
La Legge prevede
inoltre che, per la migliore programmazione ed utilizzazione delle risorse idriche,
le Autorità di Bacino predispongano il bilancio idrico diretto ad assicurare
l'equilibrio tra le disponibilità ed i fabbisogni di acqua per i diversi
usi.
La riorganizzazione del settore idrico costituisce un obiettivo concreto
e prioritario per la finanza pubblica, per migliorare la qualità della
vita in ampie zone del Paese e per favorire l'insediamento di nuove attività
economiche, in particolare turistiche. La possibilità di sviluppare aziende
fornitrici di servizi e di introdurre e promuovere nuove tecnologie dipendono
dal successo della riforma, che sembra poter costituire concreta occasione per
rimuovere alcuni degli ostacoli strutturali alla piena integrazione del Mezzogiorno.
Il quadro attuale
In attesa della piena attuazione della riforma
gli acquedotti e le reti di distribuzione sono gestiti con diverse forme organizzative
che vanno dall'esercizio diretto alla concessione a terzi (in genere privati,
imprese o società) o ancora all'azienda municipalizzata (organo strumentale
del Comune), all'azienda consortile (Consorzio di Comuni o di aziende municipalizzate)
e agli enti di diritto pubblico.
L'83,3% degli acquedotti è gestito
direttamente dai Comuni che tuttavia distribuiscono solo il 34,4% dell'acqua,
mentre le municipalizzate assicurano il 24% dell'erogazione idrica e servono il
62% della popolazione nazionale. I privati svolgono un ruolo marginale gestendo
appena il 5% dell'acqua erogata.
Aziende e associazioni d'imprese
Le imprese pubbliche operanti nel settore dei servizi idrici sono associate a
Federgasacqua, mentre quelle private fanno riferimento a tre associazioni di categoria,
ANIDA, ANFIDA e IRSI.
La Federgasacqua è l'associazione delle aziende
pubbliche che gestiscono i servizi relativi al ciclo integrale dell'acqua e la
fornitura di gas per gli usi civili. Aderiscono a Federgasacqua 394 aziende.
All'ANFIDA e all'ANIDA sono associate rispettivamente le aziende private operanti
prevalentemente nel settore dei servizi d'acquedotto e nel settore dei servizi
di depurazione.
L'IRSI è l'associazione delle imprese operanti nel
settore delle costruzioni idrauliche nonché delle società di progettazione
e gestione interessate al ciclo integrale dell'acqua.
Le più importanti
aziende pubbliche, parallelamente al processo di riforma in atto, si stanno trasformando
in Società per Azioni ed alcune di esse sono già quotate in borsa,
come l'AMGA di Genova.
L'ACEA S.p.A. è una tra le prime aziende multiservizi
italiane. Le sue attività vanno dalla distribuzione di energia elettrica
al settore idrico-potabile e della depurazione, dalla protezione ambientale alla
telefonia. L'azienda gestisce il sistema idrico di Roma e di altri 60 Comuni.