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SPECIALE ACQUA
ACQUA > SPECIALE ACQUA > LA POLITICA DELL'ACQUA > IL FIUME ARANCIONE
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Il fiume Arancione


Lesotho Highlands Water Project è attualmente il secondo progetto al mondo di imbrigliamento delle acque, dopo la faraonica diga delle tre gole in Cina.
Il progetto prevede cinque fasi, con la costruzione di 6 grandi dighe, 200 chilometri di tunnel sotterranei e un impianto idroelettrico di 72 Mw, e servirà a deviare acqua dolce verso il Sud Africa. Verrà convogliato verso nord, nella regione industriale del Guateng, il 40 per cento dell'acqua del fiume Arancione, che scorre naturalmente in direzione sud-ovest, al confine con l'Angola.



Una diga nella parte alta dl fiume Arancione

Nonostante ben pochi in Italia conoscano il piccolo regno del Lesotho, ignorando la bellezza di una parte di Africa che sorprendentemente ricorda le nostre rigogliose montagne, il progetto rappresenta una delle punte di diamante dell'export del made in Italy nel settore delle grandi infrastrutture.


All'inizio del 1998 si è conclusa la fase 1A e hanno iniziato a scorrere per la prima volta 18 metri cubi al secondo dal bacino della diga di Katse, un'immensa muraglia di cemento che sbarra una strettissima valle. La diga è la più alta d'Africa con i suoi 182 metri e un bacino di 1.950 milioni di metri cubi ed è stata costruita da una cordata di sette imprese multinazionali del settore, con a capo l'Impregilo di Milano, braccio internazionale del gruppo Fiat, con un fatturato complessivo annuo di 16.000 miliardi sotto la presidenza negli ultimi anni di Franco Carraro.


Il progetto è stato finanziato dalla Banca mondiale con un prestito di 110 milioni di dollari per la fase 1A, che è complessivamente costata 2,5 miliardi di dollari. Inoltre, nonostante i problemi ancora aperti sul campo dalla realizzazione della precedente fase del progetto, la Banca non ha esitato a concedere un ulteriore prestito di 45 milioni di dollari nel 1998 per il finanziamento della controversa fase 1B del progetto. In questa occasione anche la Banca europea per gli investimenti ha contribuito al finanziamento, insieme a diverse agenzie di credito all'esportazione, tra cui la nostra Sace.


La fase 1A del progetto ha anche compreso la costruzione della diga di Muela, alta 45 metri, con un impianto idroelettrico adiacente di 72 Mw e 120 chilometri di linee di alta tensione che portano la nuova elettricità prodotta soltanto alla capitale Maseru. Gli abitanti dell'area di Muela devono infatti pagare ben 5.000 Maluti (una somma pari a quattro stipendi mensili medi) per avere il collegamento alla nuova rete elettrica. Per il momento si devono accontentare di avere i tralicci nei loro campi senza alcun indennizzo.
La realizzazione del progetto nell'area ha avuto un impatto molto pesante sulle popolazioni della zona, considerando anche che 5 lavoratori Basotho sono stati freddamente assassinati dalla polizia mentre protestavano per ottenere il salario loro promesso. La Banca mondiale non si è mai adoperata affinché i risultati dell'inchiesta aperta sull'accaduto fossero resi pubblici.


Nella stessa area i problemi continuano anche ora che i lavori del progetto sono terminati. Infatti, con gli ingegneri se ne sono andate, o sono state chiuse, anche tutte le opere temporaneamente realizzate per rendere più confortevole la loro permanenza. La clinica di Muela e la scuola per i figli degli ingegneri non funzionano più per mancanza di soldi per la gestione e la manutenzione.


Si riscontra paradossalmente la stessa difficoltà ad accedere alle risorse anche di acqua potabile. Infatti, la realizzazione delle dighe ha bloccato molti ruscelli e inquinato l'acqua di diversi pozzi e fonti. Insomma, c'è qualcuno in Lesotho che paga personalmente per la fornitura di acqua dolce al Sud Africa, tramite il tunnel sotterraneo lungo ben 82 chilometri dal bacino di Katse fino al fiume Ash, affluente dell'importante Vaal che alimenta tutto il Guateng: è la regione dell'assetata Johannesburg, dove si concentra ben il 60 per cento del Pil del potente Paese sudafricano.

Un tratto del fiume Arancione

Uno dei principali impatti della prima fase del progetto rimane la costruzione dei 200 chilometri di strade di accesso alla regione delle Highlands, tutte al di sopra dei 1.800 metri di altezza, che hanno reso raggiungibili facilmente posti che fino a dieci anni fa rimanevano remoti.
Nonostante i numerosi reclami per i danni ricevuti dalle comunità locali durante la realizzazione del progetto, l'agenzia attuatrice, la Lesotho Highlands Development Authority (Lhda), non ha mai considerato seriamente la possibilità di risarcire pienamente le popolazioni locali, che hanno visto la loro terra coltivata o da pascolo a fondo valle coperta dal bacino di Katse o Muela. Con la fase 1A 3.000 ettari di terra da pascolo e 925 di terra arabile sono andati persi e circa cento nuclei familiari sono stati spostati e reinsediati. L'immediata conseguenza è stato lo sfruttamento intensivo di nuovi terreni per il pascolo degli animali spostati dal fondo valle: ne consegue una forte erosione del terreno, già accelerata direttamente dai lavori del progetto.

Ancora maggiore è l'impatto della fase 1B del progetto, attualmente in corso, che prevede la costruzione della diga di Mohale, alta 145 metri con un serbatoio da 958 milioni di metri cubi, 30 chilometri di tunnel fino al bacino di Katse, lo sbarramento a Matsoku con relativo tunnel di trasferimento a Katse e il potenziamento dell'impianto di Muela fino ai 110 Mw.

Nel 2004 la portata d'acqua che sarà venduta al Sud Africa dovrebbe raggiungere i 30 metri cubi al secondo.
Speriamo almeno che in questo caso la diga risulti davvero un nuovo modello di grande diga, così come era stata pubblicizzata quella di Katse all'inizio della costruzione dall'Impregilo: durante il riempimento del bacino, il peso dell'acqua ha causato ben cento scosse sismiche di assestamento con punte del 4° grado della scala Richter, lasciando nella paura le comunità delle Highlands.

Di fronte alla fallimentare esperienza di gestione della fase 1A da parte della Lhda e i vari episodi di cattiva gestione dei fondi destinati alle comunità locali, la Banca mondiale non ha potuto che imporre una profonda ristrutturazione dell'organico dell'agenzia. La stessa Lhda ha ammesso gli errori del passato e ha elaborato nuove politiche per la compensazione e il reinsediamento per la fase 1B, sulla base di un approccio partecipativo con le comunità locali. Nonostante ciò, l'agenzia attuatrice sembra non ancora avere quelle capacità gestionali tali da far fronte a un compito così complesso: una grave preoccupazione è l'adagiarsi delle comunità locali sull'assistenzialismo delle compensazioni a cui sono state abituate dalla Lhda.

Inoltre, è anche molto difficile affrontare le multinazionali che operano sul campo, specialmente quelle sudafricane, che in più occasioni non hanno rispettato gli accordi di riparazione dei danni causati a strutture o proprietà durante lo svolgimento dei lavori, come è successo nel villaggio di Ha Ntsi con la costruzione della nuova strada aperta dal progetto per raggiungere l'area di Mohale. Nei contratti non esistono clausole che prevedano il pagamento a saldo per i lavori svolti soltanto dopo una verifica della qualità del lavoro stesso. E la Lhda di sicuro non ha il potere per negoziare un diverso rapporto con le ditte appaltatrici e subappaltatrici dei lavori.

Purtroppo la Banca mondiale non sembra più intenzionata a esercitare ulteriore pressione sull'agenzia attuatrice per sostenerla e incoraggiarla a lavorare a stretto contatto con le comunità locali, per risolvere i numerosi problemi ancora aperti.

La Banca si è ormai resa conto di avere poco spazio nella fase 2, qualora Lesotho e Sud Africa firmino un nuovo trattato per andare avanti con il progetto. Il potente stato sudafricano, ormai nell'era post-apartheid e con alle spalle le storiche sanzioni economiche vissute in passato, non può più accettare che il piccolo Regno delle montagne gestisca la maggior parte dei fondi, oltre a beneficiare dei proventi della vendita dell'acqua.

Tra l'altro, il bacino di Katse si è riempito in meno della metà del tempo previsto, dando ragione a molti esponenti del mondo non-governativo che avevano accusato la Banca mondiale di aver realizzato studi approssimativi sulle stime degli apporti idrici del fiume Arancione.

Il bacino di Katse è attualmente pieno e i due Paesi interessati dal progetto hanno già rivisto il vecchio trattato per permettere un più cospicuo deflusso di acqua verso il Sud Africa. Soltanto un accordo molto flessibile in futuro per la vendita dell'oro liquido può rendere il progetto ancora competitivo economicamente per il Sud Africa: nel frattempo il nuovo governo di Mbeki si appresta a considerare altre soluzioni per nuovi approvvigionamenti idrici nella regione del Guateng, alla luce delle stime eccessive di aumento della domanda calcolate dai tecnici del ministero dell'acqua in passato.

Il maggiore rischio nelle negoziazioni per le nuove fasi del progetto rimane, in ogni caso, la forte instabilità politica che affligge il Lesotho dallo scorso settembre quando, in seguito alle proteste per brogli elettorali durante le elezioni del giugno '98, le truppe sudafricane sono entrate in Lesotho sotto l'egida della Southern Africa Development Community. L'intervento ha causato una settimana di duri scontri tra le milizie del Lesotho legate al partito all'opposizione e i sudafricani, da sempre visti come colonizzatori nelle montagne del Lesotho. In particolare, 17 sono stati i morti negli scontri nei pressi della diga di Katse, dove alto era il rischio di sabotaggio. Dopo l'arrivo delle dighe, le comunità locali vivono anche la paura della guerra, dopo decenni di vita pacifica nelle loro montagne, lontano dalle turbolenze del continente africano.


di Antonio Tricarico

I progetti della Banca mondiale

Al Lesotho, piccolo paese africano, è destinata la seconda più grande diga del mondo e la più grande dell'Africa, con i suoi 182 metri di altezza.
Un progetto finanziato dalla Banca mondiale e punta di diamante del made in Italy nel settore delle grandi infrastrutture.
L'acqua è destinata al Sud Africa, compromettendo, tra le tante cose, la possibilità per le popolazioni locali di poterne fruire

 
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