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> SPECIALE ACQUA > LA POLITICA DELL'ACQUA
> DECRETO ACQUE-BIS
La politica dell'acqua Decreto Acque-bis
Il decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 258, conosciuto come decreto "acque-bis" (supplemento
ordinario alla Gu del 18 settembre 2000, n. 218), interviene profondamente sul
testo originario del decreto 152/99 in materia di tutela delle acque e disciplina
degli scarichi, apportando modifiche in materia di: -
competenze; -
aree sensibili; -
salvaguardia delle acque destinate
al consumo umano; -
bilancio
idrico di bacino; -
temporaneità
delle concessioni per i prelievi di acque; -
disciplina
degli scarichi; -
autorizzazione
al trattamento dei rifiuti negli impianti di acque reflue urbane; -
integrazione del sistema dei controlli
e delle sanzioni.
Uno dei punti di maggiore importanza del regime di modifiche riguarda il sistema
sanzionatorio penale delineato dall'articolo 59 del decreto-base.
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L'articolo
59 Tale
norma vede immutati i primi tre commi che riguardano la violazione del regime
autorizzatorio per gli scarichi industriali (primo comma), la sanzione per la
violazione del regime di mora transitoria sempre per gli scarichi industriali
e (comma 3) una ipotesi specifica aggravata in ordine a detti due casi ove le
violazioni tabellari corrispondano a una certa gravità. La costruzione
dunque è rimasta inalterata nel senso che la violazione del regime autorizzatorio
per tutti gli scarichi industriali è confermata come sanzione penale generale
di base. Questo significa che, per il legislatore, evidentemente non si tratta
di mera violazione formale bensì di illegalità sostanziale giacché
la trascorsa esperienza della legge Merli ha evidenziato che l'insediamento totalmente
occulto rispetto al regime autorizzatorio è diventato prassi dilagante
e causa di forte danno ambientale. Ciò anche perché la mancata conoscenza
da parte della pubblica amministrazione rende poi impossibili ogni controllo,
adeguamento e verifica su tali scarichi, che restano dunque in regime di conseguente
totale anarchia. | | |
Il comma
4 Il comma quarto riguarda l'effettuazione di uno scarico senza osservare
le prescrizioni autorizzatorie, o comunque dell'autorità competente, nel
caso in cui contenga alcuni tipi specifici di sostanze che vengono evidentemente
ritenute particolarmente pericolose (sostanze comprese nelle famiglie e nei gruppi
di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5). La modifica
del comma 4 riguarda l'inserimento dell'inciso "al di fuori delle ipotesi
di cui al comma quinto", con l'evidente intento di ben differenziare a livello
formale e sostanziale le fattispecie di previsione e sanzionatorie dei due commi.
Si aggiunge ancora un riferimento all'articolo 33 comma 1 (anch'esso modificato
dal decreto "acque-bis") per quanto riguarda le altre prescrizioni dell'autorità
competente che potrebbero essere violate dal titolare dello scarico. La novità
si riferisce alla possibilità, per il gestore del servizio idrico integrato,
di adottare prescrizioni regolamentari e valori limite, poi approvati dall'amministrazione
pubblica, che diventano dunque fonte di osservanza obbligatoria penalmente sanzionata
per l'azienda non in regola. Viene aggiunto successivamente il comma 4-bis, che
punisce con sanzione penale la violazione delle prescrizioni concernenti l'installazione
e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati
degli stessi (quest'ultimo adempimento è disciplinato dall'articolo 52
leggermente ritoccato dal decreto "acque-bis"). |
Il comma 5
Il comma quinto vede in primo luogo eliminato l'inciso "ovvero da una immissione
occasionale"; il che significa che, analogamente a quanto già operato
sul sistema sanzionatorio amministrativo, si è voluto eliminare questo
deviante concetto anche e soprattutto dal sistema penale. Tale concetto era stato
fonte di vaste polemiche e distorte interpretazioni nell'applicazione del decreto
originario. Infatti, nel concetto di "immissioni occasionali" si era
fatto rientrare tutto e il contrario di tutto. Evidentemente tale previsione era
infelicemente formulata, tanto da provocare già a livello terminologico
uno stridente attrito con la nozione di "scarico" così come costruita
nella formulazione ufficiale. La occasionalità già a livello terminologico,
oltre che sostanziale, mal si conciliava con la caratteristica di permanenza e
stabilità propria dello scarico in senso stretto. Dunque, l'eliminazione
di tale inciso appare particolarmente salutare; di conseguenza lo "scarico"
rimane unicamente e solamente quello previsto delle definizioni preliminari del
decreto n. 152/99, senza necessità o rischio di formulazioni aggiuntive
e integrative fuorvianti. Successivamente, lo stesso comma vede una parziale
modifica e una integrazione di testo rispetto alla versione precedente. Oggi,
dopo la rielaborazione così realizzata, il nuovo testo recita: "Chiunque,
nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori
limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella
4 dell'allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni
o dalle province autonome o dall'autorità competente a norma dell'art.
33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato
5, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da lire 5 milioni
a lire 50 milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze
contenute nella tabella 3A dell'allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a
tre anni e l'ammenda da lire 10 milioni a lire 200 milioni". Le modifiche
sono irrilevanti e resta invece inalterato il principio di fondo: gli scarichi
industriali sono soggetti in linea generale a sanzione amministrativa (depenalizzata)
per le violazioni tabellari (scarichi "inquinanti" che non rispettano
i valori limite massimi di tollerabilità stabiliti dalla taballe della
legge); soltanto alcuni scarichi industriali più "pericolosi"
sono invece soggetti a sanzione penale (reato) per tali violazioni e cioè
per l' "inquinamento" prodotto in violazione di legge. |
Il
decreto legislativo 258/2000 |
Il
decreto legislativo 258/2000, che interviene sul testo originario del decreto
152/99 sulla tutela delle acque dall'inquinamento, ha introdotto sostanziali innovazioni
sul sistema sanzionatorio penale per gli scarichi illeciti. Le principali
modifiche riguardano appunto l'articolo 59 (sanzioni) |
| | Il
comma 6 Il comma 6 vede un'importante modifica. Si tratta, infatti, della
norma sanzionatoria per il gestore, oggetto fino a oggi di vastissime polemiche
interpretative. In primo luogo, il decreto "acque-bis" identifica la
figura del "gestore" in modo nuovo: mentre il testo originario parlava
di "gestori di impianti di depurazione", la norma introduce il "gestore
di impianti di trattamento delle acque reflue urbane". Il che significa che
la norma diventa specifica e mirata a livello sanzionatorio soltanto per tale
figura giuridica. Inoltre, e questo è ancora più importante, il
testo originario prevedeva la responsabilità penale per il gestore esclusivamente
in caso di dolo o grave negligenza. Tale elemento soggettivo aveva caratterizzato
tutta una costruzione giuridica conseguente sulle possibilità di responsabilità
diretta del gestore, che era ancorata esclusivamente a tali presupposti appunto
soggettivi. La rinnovata formulazione elimina questo inciso e il sesto comma rielaborato
recita così: "Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì
al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione
dello scarico supera i valori limite previsti dallo stesso comma". Come
appare evidente si tratta, per il duplice ordine di motivi appena ricordati, di
una norma sanzionatoria per un gestore sostanzialmente diverso da quello ipotizzato
sulla base della pregressa definizione il quale, peraltro, vede riportata la sua
responsabilità penale a livello per così dire "ordinario"
secondo i principi generali dell'ordinamento e non più a livello di ipotesi
derogatoria ed eccezionale solo "per dolo o per grave negligenza". Va
da sé, e sarebbe anche superfluo ribadirlo, che il gestore in questione,
al pari del titolare dello scarico aziendale, andrà incontro a sanzione
penale contravvenzionale laddove comunque, secondo i criteri generali, sussista
a livello soggettivo il dolo o la colpa (quest'ultima nelle varie accezioni, fino
alla culpa in vigilando). Il comma 6-bis
Viene aggiunto successivamente il comma 6-bis, totalmente nuovo, il quale recita:
"Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di
comunicazione di cui all'articolo 36, comma 3, o non osserva le prescrizioni o
i divieti di cui all'articolo 36, comma 5, si applica la pena di cui all'articolo
51, comma 1, del dlgs 5 febbraio 1997, n. 22". |
L'articolo 36 La
nuova norma è semplice nella sua formulazione; basta ricordare che l'articolo
36 comma 3 è aggiunto come nuovo dal decreto "acque-bis" e recita:
"Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità
competente ai sensi dell'articolo 45 è, comunque, autorizzato ad accettare
in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate che rispettino
i valori limite di cui all'articolo 28, commi 1 e 2 e purché provenienti
dal medesimo ambito ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti
per lo scarico in fognatura; b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente
dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche
previsti ai sensi del comma 4 dell'articolo 27; c) materiali derivanti dalla
manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri
impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento
dei medesimi risulti tecnicamente o economicamente irrealizzabile".
Anche il comma quinto dello stesso articolo è totalmente rinnovato e ampliato
e recita: "nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio
idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche
e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente
può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche
categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione
in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato
la comunicazione di cui al comma 3". Vale la pena sottolineare che
la sanzione è prevista come rinvio rispetto al decreto Ronchi sui rifiuti
e non è prevista direttamente dal decreto n. 152/99. Ricordiamo che l'articolo
51, comma 1, del decreto legislativo n. 22/97 recita: "Chiunque effettua
un'attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e
intermediazione di rifiuti, in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione
o comunicazione di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33, è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da lire
cinque milioni a lire cinquanta milioni se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da lire cinque
milioni a lire cinquanta milioni se si tratta di rifiuti pericolosi".
Si tratta anche in questo caso di una manifestazione della tradizione tipica
della nostra legislazione nazionale che, per motivi che oggi appaiono veramente
incomprensibili, invece di indicare con chiarezza in calce a ogni norma la sanzione
specifica e diretta, opera un rinvio addirittura ad altro testo di legge. Si aprono
a questo punto le interpretazioni più disparate giacché appare evidente
che il comma 1 dell'articolo 51 sopra riportato riguarda due ipotesi sanzionatorie
che evidentemente - si deve ritenere - il legislatore ha inteso richiamare in
blocco. Si dovrà verificare caso per caso quale delle due ipotesi (a o
b) dovrà essere applicata al caso di specie. |
| | Il
comma 6-ter Il decreto "acque-bis"
aggiunge successivamente il comma 6-ter, il quale recita: "Il titolare di
uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto
incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 28, commi 3 e 4, salvo che
il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto
fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati
del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli
articoli 55 e 354 del codice di procedura penale". Tale comma evidentemente
viene inserito al posto dell'abrogato comma 9 dell'articolo 54, il quale prevedeva
in modo singolare una sanzione amministrativa per la medesima fattispecie.
La norma opportunamente precisa comunque che i poteri di accesso amministrativi
e i poteri di intervento di polizia giudiziaria sono naturalmente salvi (e non
poteva essere diversamente) in tutto il contesto degli accertamenti che riguarda
questa normativa ambientale. L'inciso "salvo che il fatto non costituisca
più grave reato" conferma tuttavia che, se il soggetto commette illeciti
più gravi, risponde direttamente di quesi ultimi. Ad esempio, se se si
oppone con violenza o minaccia all'operatore di vigilanza integrerà il
grave reato di "resistenza" previsto dall'art. 337 del Codice penale.
Soltanto per azioni più modeste o passive (mancata collaborazione, ostruzionismi
e cavillosità chiaramente tesi a impedire l'ingresso agli organi di controllo)
verrà invece integrato l'illecito previsto dal decreto 152/99.
Il comma 6-quater È stato ancora aggiunto il comma 6-quater,
il quale recita: "Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni
ai sensi dell'art. 39, comma 3, è punito con le sanzioni di cui
all'art. 59, comma 1". |
L'articolo
39 Vale
la pena di ricordare che l'articolo 39, terzo comma, totalmente nuovo e aggiunto
dal decreto "acque-bis", riguarda le acque meteoriche di dilavamento
e di prima pioggia e recita: "Le regioni disciplinano altresì i casi
in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio
delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di
depurazione per particolare ipotesi nelle quali, in relazione alle attività
svolte, vi sia il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte
di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento
degli obiettivi di qualità dei corpi idrici". |
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Il comma
10 Il comma decimo è stato modificato a livello formale mutando
il riferimento al comma 9 in luogo del precedentemente previsto comma 7.
I commi 11-bis e 11-ter Sono stati infine aggiunti i commi 11-bis
e 11-ter. In particolare il comma 11-ter appare innovativo e significativo
perché rappresenta il sistema sanzionatorio penale per quel vasto e diffuso
settore dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque
dei frantoi e delle acque delle aziende agricole e agroalimentari. Tutto questo
vasto settore industriale è stato disciplinato interamente in modo innovativo
dalla nuova formulazione dell'articolo 38, che rielabora alla radice la disciplina
della utilizzazione agronomica. Dunque, l'inosservanza delle modalità operative
delineate da questo rinnovato articolo 38 dà luogo in via diretta a questo
altrettanto nuovo sistema sanzionatorio penale. Quindi, leggendo i due articoli
in stretta sinergia reciproca dovrebbe cessare a questo punto ogni polemica interpretativa
che si era innestata vigente il decreto base sulle ipotesi sanzionatorie di chi
realizzava illegalità in questo settore. Si registra anche un ripetuto
intervento della Cassazione chiarificatore rispetto all'applicabilità del
vecchio articolo 38 e al rapporto tra le allora sanzioni amministrative e le sanzioni
penali di ordine generale per lo scarico illecito. Certamente questa nuova sanzione
diretta, che appare chiaramente e inequivocabilmente riferita a quelle specifiche
attività, dovrebbe consentire di superare questi dubbi interpretativi e
di offrire un quadro di certezza sia regolamentativa del settore (articolo 38)
sia sanzionatoria direttamente connessa (articolo 59 comma 11-ter).
Maurizio
Santoloci Magistrato |
Il
nuovo testo dell'articolo 59 (sanzioni penali)
(le
parti in neretto evidenziano le modifiche apportate dal decreto 258/2000, cosiddetto
acque-bis, al precedente decreto 152/99)
 |
Un corso
d'acqua non inquinato |  | 1.
Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali,
senza autorizzazione, ovvero continua a effettuare o mantenere detti scarichi
dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto
da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni.
2. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace chi - effettuando
al momento di entrata in vigore del presente decreto scarichi di acque reflue
industriali autorizzati in base alla normativa previgente - non ottempera alle
disposizioni di cui all'art. 62, comma 12. 3. Quando le condotte
descritte ai commi 1 e 2 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti
le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate
nelle tabelle 5 e 3A dell'allegato 5, la pena è dell'arresto da tre mesi
a tre anni. 4. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma
5, effettua uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose
comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A
dell'allegato 5, senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, ovvero le
altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli artt. 33, comma
1, e 34, comma 3, è punito con l'arresto fino a due anni.
4-bis. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione
dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi
di cui all'art. 52 è punito con la pena di cui al precedente comma 4.
5. Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue
industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico
sul suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi
fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'autorità competente
a norma dell'art. 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella
5 dell'allegato 5, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda
da lire 5 milioni a lire 50 milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati
per le sostanze contenute nella tabella 3A dell'allegato 5, si applica l'arresto
da sei mesi a tre anni e l'ammenda da lire 10 milioni a lire 200 milioni.
6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore
di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello
scarico supera i valori limite previsti dallo stesso comma. 6-bis. Al gestore
del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di
cui all'art. 36, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'art.
36, comma 5, si applica la pena di cui all'art. 51, comma 1, del dlgs 5 febbraio
1997, n. 22. 6-ter. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso
agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui
all'art. 28, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave
reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi
i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi
dell'art. 13 della legge n. 689 del 1981 e degli artt. 55 e 354 del codice di
procedura penale. 6-quater. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata
dalle regioni ai sensi dell'art. 39, comma 3, è punito con le sanzioni
di cui all'art. 59, comma 1. 7. Chiunque non ottempera al
provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo
10, comma 5, ovvero dell'articolo 12, comma 2, è punito con l'ammenda da
lire due milioni a lire venti milioni. 8. Chiunque non osservi
i divieti di scarico previsti dagli articoli 29 e 30 è punito con l'arresto
sino a tre anni. 9. Chiunque non osserva le prescrizioni regionali
assunte a norma dell'articolo 15, commi 2 e 3, dirette ad assicurare il raggiungimento
ovvero il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai
sensi dell'articolo 14, ovvero non ottempera ai provvedimenti adottati dall'autorità
competente ai sensi dell'articolo 14, comma 3, è punito con l'arresto sino
a due anni o con l'ammenda da lire sette milioni a lire settanta milioni.
10. Nei casi previsti dal comma 9, i ministri della sanità
e dell'ambiente, nonché la regione e la provincia autonoma competente,
ai quali sono inviate copie delle notizie di reato, possono indipendentemente
dall'esito del giudizio penale disporre, ciascuno per quanto di competenza, la
sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura e, a seguito
di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'art. 444 del codice
di procedura penale definitive, valutata la gravità dei fatti, disporre
la chiusura degli impianti. 11. Si applica sempre la pena dell'arresto
da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od
aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto
assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni
internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in
quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici
e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest'ultimo
caso, l'obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell'autorità
competente. 11-bis. La sanzione di cui al comma 11 si applica
anche a chiunque effettua, in violazione dell'art. 48, comma 3, lo smaltimento
dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso
condotte ovvero altri mezzi o comunque effettua l'attività di smaltimento
di rifiuti nelle acque marine senza essere munito dell'autorizzazione di cui all'art.
18, comma 2, lettera p-bis) del dlgs 5 febbraio 1997, n. 22. 11-ter.
Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, delle
acque di vegetazione dei frantoi oleari nonché delle acque reflue provenienti
da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'art. 38 al di
fuori dei casi e delle procedure ivi previste ovvero non ottemperi al divieto
o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo,
è punito con l'ammenda da lire 2 milioni a lire 15 milioni o con l'arresto
fino a un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettua l'utilizzazione
agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente. di
Maurizio Santoloci
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