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IL DIBATTITO SULLE DIGHE NON SI ARGINA
Hanno detto dell'acqua
Il dibattito sulle
dighe
non si argina
Kader Asmal
Presidente della Commissione mondiale sulle
dighe
L'inverno vede le mobilitazioni in occasione
del vertice dell'Organizzazione mondiale
per il commercio a Seattle; la primavera
porta le manifestazioni contro il Fondo
monetario internazionale e la Banca mondiale
a Washington D.C.; il primo maggio innesca
gli scontri a Londra e a Berlino; giugno
trova le proteste contro l'Organizzazione
degli Stati americani a Windsor (Ontario).
Negli ultimi due anni la Commissione mondiale
sulle dighe (Wcd) ha rinunciato agli intermediari
e ha portato un dibattito animato sugli
investimenti internazionali e lo sviluppo
globale delle risorse direttamente nelle
città del terzo mondo, come San Paolo,
il Cairo e Hanoi. La Commissione ha invitato
a partecipare entrambe le parti del dibattito,
ha accolto e ha dato rilievo alla protesta.
Tutto ciò, pur sembrando innocuo
all'apparenza, potrebbe equivalere a gettare
benzina sul fuoco.
Nessuna risorsa naturale, neppure l'oro,
è preziosa per un paese quanto l'acqua
dolce, e niente ha avuto un utilizzo più
ampio e controverso delle dighe per dividere
e distribuire quell'acqua. I conflitti tra
i governi che costruiscono le dighe e i
popoli che ne sono danneggiati hanno causato
violenza, occupazioni e alienazione; in
altri casi i governi sono stati attaccati
quando i progetti per le dighe sono stati
annullati. In tempi di scarsità,
i leader pensano che le dighe abbiano la
capacità di innescare guerre tra
le nazioni che condividono lo stesso fiume.
La Commissione mondiale sulle dighe è
stata istituita nel 1998 per accertare come,
dove, perché e quali delle 45.000
dighe in tutto il mondo abbiano funzionato
o siano venute meno alle aspettative. Le
decisioni che riguardano le dighe coinvolgono
anche decisioni in materia di misure igieniche,
coltivazioni, acqua potabile, salute, elettricità,
pesca e alluvioni: il destino di intere
nazioni. La costruzione delle dighe è
un settore da 42 miliardi di dollari, che
negli ultimi tempi ha costretto 4 milioni
di persone ogni anno (ovvero 11.000 ogni
giorno) ad abbandonare le proprie case.
Perché? A che scopo? A vantaggio
di chi? Quali sono i costi e i benefici
di tali opere? Queste sono le domande alle
quali ci siamo dedicati.
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Una
grande diga
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Abbiamo
analizzato al microscopio i bacini di sette
fiumi arginati da dighe; abbiamo studiato
le esperienze di Russia, Cina e India con
le dighe; ne abbiamo valutato le tendenze
attraverso 17 argomenti principali e un'indagine
incrociata su 150 dighe in tutto il mondo;
e abbiamo ricevuto 800 risposte da molto
lontano. I riscontri sono giunti da tutti
i paesi, poveri e ricchi, non ci sono stati
consegnati da potenze elitarie.
Il 16 novembre di quest'anno la Commissione
mondiale sulle dighe pubblicherà
un rapporto finale basato sulle prove ricavate
da questi commenti che ci sono pervenuti
da tutto il mondo. Il rapporto fornirà
raccomandazioni autorevoli e fisserà
criteri e linee guida rigorosi per la costruzione,
l'utilizzo, la verifica e anche lo smantellamento
di dighe nuove ed esistenti.
Nella nostra ricerca di prove e prospettive,
nessuna parte è mai rimasta esclusa:
l'esclusione comporta resistenza e ristagno.
Noi siamo in grado di accettare opinioni
differenti, ma abbiamo tentato di fornire
uno spazio neutrale, libero e ordinato,
nel quale la violenza cede il posto al dibattito,
il caos alla calma, e nel quale si ascolta
invece di gridare. Questo ha permesso a
una multinazionale dell'energia di imparare
qualcosa da un capo indigeno, e viceversa.
Alcuni osservatori hanno indicato la Commissione
mondiale sulle dighe come modello per risolvere
le dispute sulla globalizzazione. Questo
è lusinghiero, ma bisogna fare attenzione:
raggiungere una soluzione in questo modo
non è mai un concerto chiaro, pulito
e organizzato; è piuttosto una disordinata,
sconnessa, scomposta ed esasperante cacofonia.
Come una democrazia pluralista, è
il peggior modo in assoluto per ottenere
il consenso generale
ma non per tutti
gli altri.