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Il Protocollo di Kyoto


Il Protocollo di Kyoto, sulla base del principio di "comuni, ma differenziate responsabilità", impegna i paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione, ad una riduzione delle emissioni dei principali gas ad effetto serra rispetto ai valori del 1990.
Gli obiettivi specifici di riduzione delle emissioni sono stati quantificati per il periodo 2008-2012.
Successivamente, per i periodi oltre il 2012, saranno negoziati nuovi obiettivi che potrebbero includere un numero di paesi maggiore.
Con più precisione le Parti dovranno, individualmente o congiuntamente, assicurare che le emissioni delle provenienti dalla attività umane globali siano ridotte di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo di adempimento 2008-2012.

Il nostro Paese appartiene al gruppo delle Nazioni incluse nell'Annesso B del Protocollo di Kyoto (1997). L'obiettivo di riduzione dei gas serra indicato nel Protocollo è fissato ad una percentuale dell'8% (ovvero la stessa percentuale indicata per tutti i Paesi appartenenti all'Unione Europea).
In sede comunitaria, nel Giugno 1998, sono state stabilite le percentuali di riduzione a carico dei diversi Paesi. Per l'Italia, è stata fissata una percentuale del 6,5%.

Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005
Per l'entrata in vigore del trattato si è dovuto aspettare il raggiungimento della quota maggioritaria (55%) di emissioni a livello globale come somma delle emissioni dei Paesi firmatari. Obiettivo raggiunto (67% delle emissioni globali) con la ratifica del trattato da parte della Russia (nel novembre 2004).
Gli Stati Uniti d'America, il principale emettitore di gas serra con una quota del 36,1% sul totale, non hanno ancora ratificato.
Per il raggiungimento degli obiettivi fissati, i Paesi possono servirsi di diversi strumenti che intervengono sui livelli di emissioni di gas a livello locale-nazionale oppure transnazionale. Nell'ampio ventaglio di strumenti, ne vengono espressamente indicati tre, tutti appartenenti alle cosiddette misure di flessibilità.
Queste misure sono:

  • L'Emission trading è una misura ammessa tra i Paesi appartenenti all'Annesso I e si sostanzia nella creazione di un mercato dei permessi di emissione.

  • La Joint Implementation (implementazione congiunta) è una misura che prevede la collaborazione tra Paesi sviluppati e che consente a un Paese dell'Annesso I di ottenere dei crediti di emissione grazie a dei progetti di riduzione delle emissioni oppure di assorbimento delle emissioni di gas a effetto serra sviluppati in un altro Paese dell'Annesso I.

  • Il Clean Development Mechanism (meccanismo di sviluppo pulito) è uno strumento analogo alla JI e si differenzia da quest'ultima in quanto coinvolge attori diversi ovvero Paesi appartenenti all'Annesso I e Paesi che non vi appartengono. Le misure di flessibilità vengono considerate supplementari rispetto alle azioni domestiche. Le regole che permetteranno di rendere operativi i meccanismi di flessibilità devono essere ancora precisate.

    Lo strumento che l'Europa ha adottato per applicare il Protocollo (Dir.2003/87/CE) è l'Emission Trading (EU ETS): ovvero un mercato di scambio delle emissioni che si realizza attraverso il libero commercio, tra le aziende che emettono CO2, di "permessi di emissione", permessi che ottengono direttamente dal Governo in base al proprio settore e attività.
    Ogni Governo, dunque deve presentare alla Commissione Europea il proprio Piano di Allocazione Nazionale, nel quale assegna delle quote di CO2 ad ogni azienda, comparto per comparto. Le aziende coinvolte sono quelle dei settori industriali a maggiore intensità di energia (come centrali termoelettriche, cementifici, siderurgia, ecc).
    Le imprese "virtuose", che riescono a produrre emissioni inferiori rispetto al proprio tetto massimo, possono sfruttare le quote rimanenti vendendole sul mercato alle aziende che invece non riescono a stare sotto i limiti assegnate loro.



Il Protokollo di Kyoto
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici


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