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Energie di Pace > Il Protocollo di Kyoto > La situazione italiana
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L'Italia è in netto ritardo sulle procedure di implementazione del Protocollo di Kyoto. A soli 7 anni dalla scadenza del primo periodo di adempimento, il nostro Paese ha superato del 12% i livelli di emissioni nazionali di gas serra del 1990. A fronte di un impegno di riduzione del 6.5% rispetto ai valori del 1990, la strada da percorrere appare lunga e complessa senza uno sforzo concreto da parte di tutte le forze in gioco e in particolare degli attori istituzionali.
I mutamenti climatici sono in atto, lo dimostrano numerosi e autorevoli studi scientifici, e ne subiscono gli impatti disastrosi soprattutto le regioni tropicali e subtropicali dell'Africa, dell'America Latina, dell'Asia, ma è anche sempre più evidente, anche per le popolazioni che abitano il nord del mondo, l'aumento nella forza e nella cadenza di alluvioni e uragani.

La grande maggioranza della comunità scientifica è ormai d'accordo sulla necessità di agire subito con l'obiettivo di far tendere a zero entro il 2100 le emissioni di gas serra, nonché ridurle nel medio termine in una misura sufficiente a fermare l'aumento delle concentrazioni in atmosfera.
Questo allo scopo di contenere entro i 2 gradi Celsius l'incremento della temperatura terrestre; superata questa soglia, si calcola che aumentino rapidamente le probabilità di conseguenze irreversibili e catastrofiche sugli ecosistemi e di minacce alla sopravvivenza di interi popoli.

Serve una politica orientata su quattro direttrici a forte potenziale di riduzione dei gas climalteranti:

  • il miglioramento dell'efficienza energetica negli usi civili ed industriali
  • lo sviluppo delle fonti rinnovabili
  • la qualificazione energetica dell'edilizia
  • la mobilità e trasporti sostenibili

Simili interventi politici potrebbero creare degli effetti positivi non solo sul terreno ambientale, in un momento in cui gli alti e crescenti prezzi del greggio creano uno svantaggio competitivo per l'Italia: consentirebbe la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro, la riduzione della nostra dipendenza energetica dall'estero - con un conseguente stabilizzarsi dei prezzi dell'energia e del carico inflattivo che essa ha sull'economia, la riduzione dei "costi esterni" a carico del servizio sanitario nazionale e dello Stato.

 

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