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 » CAMBIAMENTI CLIMATICI /////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////
 
 DALL'INDIA UNA ROADMAP CONTRO L'EFFETTO SERRA
 In arrivo entro l’anno il primo piano indiano per  contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Dopo i reiterati rifiuti ad  applicare il protocollo di Kyoto, l’India muove i primi passi  verso una maggiore attenzione all’ambiente. Siamo ancora lontani dal porre un  tetto alle emissioni di gas serra, di cui il Paese asiatico produce il 4 per cento delle emissioni globali, ma Nuova Delhi ha deciso di tracciare  una roadmap per aumentare l’efficienza energetica senza minare la crescita e di  ricorrere maggiormente a fonti rinnovabili. Se ne occuperà un comitato tecnico,  voluto dal primo ministro Manmohan Singh, che si è riunito per la prima  volta il 13 luglio 2007. Il nuovo Consiglio sui cambiamenti climatici è  composto da ministri, ambientalisti, industriali e giornalisti, per un totale  di 21 membri. Il comitato cercherà di creare cooperazione e consenso  sulle strategie da adottare per combattere gli effetti dell’innalzamento delle  temperature, che minaccia le vite di milioni di persone nel subcontinente  indiano. Le linee guida saranno pronte entro il prossimo meeting delle Nazioni  Unite sul clima, che si terrà a dicembre a Bali. Una decisione presa  sulla spinta delle pressioni internazionali, che segue un’iniziativa simile  presentata quest’anno dalla Cina, l’altro grande inquinatore asiatico, che ha  promesso di ridurre le emissioni di gas serra pro capite, rifiutando però di  porre un limite alle emissioni di anidride carbonica. L’India, che negli  ultimi anni è cresciuta a un tasso dell’8-9 per cento, e si stima  produca ogni anno il 2-3 per cento in più di gas tossici, ha sempre  rifiutato simili vincoli, sostenendo di essere impegnata a sfamare e sollevare  dalla povertà il suo miliardo di abitanti e accusando i Paesi ricchi di  aver bruciato combustibili fossili sin dalla Rivoluzione Industriale. Tuttavia,  i recenti allarmi sui cambiamenti climatici hanno convinto Nuova Delhi della grave minaccia climatica per il subcontinente indiano. “Stiamo rispondendo  all’urgenza della situazione”, ha detto Sunita Narain, a capo del  Centro per la Scienza e l’ambiente di Nuova Delhi. Grandi città, quali Bombay  e Calcutta, sono in pericolo per l’innalzamento del livello del mare  causato dallo scioglimento dei ghiacciai Himalayani. Carestie dovute a siccità  o inondazioni potrebbero diventare più frequenti con l’aumento delle  temperature. (Fonte: AGI) ENEA - CONVEGNO "CLIMATE CHANGE AND GLACIERS: IMPACTS IN WATER RESOURCES, SEA LEVEL RISE AND MOUNTAIN ENVIRONMENTS"
 
 Il 6 e 7 Luglio 2007 si è tenuto a Roma il convegno  scientifico internazionale “Climate  change and glaciers: impacts in water resources, sea level rise and mountain  environments”,  organizzato dall’Ambasciata del Cile in Italia e sostenuto dal Ministero Cileno  degli Affari Esteri, in collaborazione con il Ministero Italiano degli Affari  Esteri.
 Il convegno ha visto i ricercatori provenienti sia dall’Europa che dal Sud  America concordi nell’affermare che i ghiacciai montani stanno riducendosi rapidamente  e che quindi sono necessari approfonditi studi in questo campo. Parallelamente  i Governi dei due paesi hanno espresso la loro preoccupazione per i  possibili effetti del cambiamento climatico, in particolare quelli che  potrebbero interessare le risorse idriche e l’innalzamento del livello  marino. Le motivazioni e gli obiettivi della manifestazione sono stati  presentati all’apertura dei lavori dall’Ambasciatore del Cile in Italia, Gabriel  Valdes, dal Vice Ministro per gli Affari Esteri, Donato Di Santo, e  dal Presidente dell’ENEA, Luigi Paganetto. L’evento ha visto la  partecipazione di oltre 20 scienziati provenienti da: Argentina, Cile,  Francia, Germania, Italia, Norvegia, Svizzera e Regno Unito in rappresentanza  di istituzioni governative, università, centri di ricerca ed organizzazioni  internazionali.
 I ghiacciai rispondono sensibilmente al clima e sono tra i più chiari  indicatori dei suoi cambiamenti e sono, inoltre, di importanza cruciale come  risorse idriche terrestri; oltre un miliardo di persone, infatti,  dipende dai ghiacciai per l’approvvigionamento di acqua dolce durante la  stagione arida.
 I ricercatori hanno concordato nell’affermare che è in corso un’intensa e  generalizzata contrazione dei ghiacciai delle regioni montane, con un’evidente  accelerazione avvenuta negli ultimi decenni e manifestatasi con  un’intensificazione dei ritmi di fusione glaciale. L’estensione dei ghiacciai  si è ridotta a tal punto da avvicinarsi ai minimi degli ultimi millenni.  L’influenza dell’uomo sul clima sta divenendo un fattore di crescente rilevanza  e, anche se i ritmi di contrazione glaciale non si modificheranno  sensibilmente, è probabile che molti ghiacciai delle aree montane scompariranno  nei prossimi decenni.
 Oltre agli impatti sulle risorse idriche, i cambiamenti glaciali stanno  influenzando il livello dei mari, l’evoluzione del paesaggio naturale, il  turismo e i rischi connessi ai ghiacciai come le inondazioni o le  frane-valanga. Sono anche state identificate rapide ed inattese variazioni dei  ghiacci della calotta Antartica nel settore della Penisola Antartica e del mare  di Amudsen, aree fino a poco tempo fa considerate poco reattive ai cambiamenti  climatici. Le calotte Antartica occidentale e groenlandese, se completamente  fuse, porterebbero ad un innalzamento del livello marino di circa 13 metri.  Non è realistico prospettare un simile scenario entro i prossimi secoli, ma  sono da tenere in considerazione gli attuali segnali di una modificata dinamica  glaciale in queste aree, che potrebbe concretizzarsi in un aumento del livello  marino anche superiore ai 20-60 cm prospettati entro la fine di questo  secolo, secondo quanto dichiarato nel recente documento IPCC, Intergovernmental  Panel on Climatic Change.
 I ricercatori hanno, inoltre, concordato sulla necessità di intensificare  urgentemente gli studi e di approfondire le osservazioni sul ghiaccio terrestre  nell’ambito di programmi scientifici globali sulle variazioni climatiche ed  ambientali. Sono stati sviluppati progetti per future ricerche e per  l’organizzazione in Cile di una conferenza scientifica internazionale sui temi  delle variazioni della copertura nevosa e glaciale per approfondirne la  conoscenza e rinforzare le collaborazioni internazionali. Il Convegno di Roma è  stato realizzato con il contributo dell’ENEA, dell’ENEL e del Centro  de Estudios Cientificos (CECS) di Valdivia in Cile e con il patrocinio del Comitato Glaciologico Italiano (CGI), del Governo del Cile e dell’Istituto  Antartico Cileno (INACH).
 (Fonte: sito ENEA)
 CAMBIAMENTI CLIMATICI: GLI IMPATTI CONVENGONO AL NORD EUROPA NEL 40% DEI CASI, MENTRE
 IL MEDITERRANEO E' IN PRIMA LINEA
 
 Più caldo? Quattro settori  produttivi o ambientali su 10 migliorano nel Nord Europa, otto e mezzo  peggiorano nel Mediterraneo. Nel vecchio continente il cambiamento climatico non è uguale  per tutti: a fare maggiormente le spese del caldo che avanza e dei fenomeni  meteorologici estremi sarà il Sud. I  paesi del Nord - Gran Bretagna o Scandinavia - per un periodo abbastanza lungo,  potrebbero addirittura trarre dei benefici economici dall’effetto serra, in  settori chiave come l’agricoltura, la forestazione, il turismo. Secondo i  rapporti internazionali (ONU e Unione Europea), rielaborati dal Ministero per  l’Ambiente in vista della Conferenza Nazionale sul Clima, il cambiamento  climatico porterà a un miglioramento di quasi il 40% degli indicatori degli  impatti sociali e ambientali nel Nord Europa, mentre a peggiorare nel  Mediterraneo sono l’85% dei dati.
 Tutti,  insomma, avranno da perdere, dall’aggravamento dell’effetto serra, ma paesi  come l’Italia, la Spagna e la Grecia saranno maggiormente danneggiati nelle  loro economie, oltre che nei loro ecosistemi, dall’innalzarsi della colonnina  di mercurio.
 Nella  partita doppia dei danni/benefici attesi, il Nord Europa ha infatti ben 17  motivi per dire di sì ai cambiamenti climatici sui 44 indicatori  socio-ambientali individuati, mentre il Mediterraneo vede un miglioramento in  soli 6 campi sul totale di 42. E certo non in settori particolarmente  significativi.
 Secondo  le previsioni dei ricercatori nei paesi meridionali del continente aumenteranno  gli areali di diffusione di rettili e anfibi, diminuirà la domanda di energia  in inverno e, come dovunque in Europa, si ridurranno le ondate di freddo.  Inoltre, i cambiamenti del clima indurranno (o costringeranno) le autorità  competenti ad un miglioramento della gestione integrata della fascia costiera  (minacciata dall’innalzamento del livello del mare) e dei laghi costieri che  aumenteranno le loro dimensioni.
 Sui  42 indicatori presi in considerazione per il Mediterraneo sono ben 34 quelli  che indicano un peggioramento della situazione ambientale ed economica. A  cadere verticalmente, nei nostri paesi, saranno la disponibilità di acqua, la  durata della copertura nevosa, il turismo estivo oltre a quello invernale,  l’area fertile per l’agricoltura, i raccolti estivi e invernali, l’estensione  delle spiagge sabbiose. Aumenteranno la domanda di energia estiva, le ondate di  caldo, le possibilità di contrarre malattie legate all’acqua o alla diffusione  di insetti dannosi, lo stress idrico. Situazione molto diversa per il Nord  Europa, che vedrà migliorare le condizioni dell’agricoltura, del turismo, la  bilancia energetica durante i mesi invernali. Ma che sarà martoriato da  alluvioni (lo abbiamo visto nelle settimane passate), da tempeste e maggiore  innalzamento degli oceani.
 Secondo  quanto riportato dall’Ipcc, il gruppo di scienziati che per l’Onu ha elaborato  le stime per il cambiamento climatico, il clima in Europa continuerà a  cambiare nel corso del 21° secolo, ma non in maniera uniforme tra regioni.  Tutto il continente si riscalda di una media di 0,1-0,4 gradi per decennio, ma  le precipitazioni durante il Novecento sono aumentate a nord del 10-40% e  diminuite a sud di oltre il 20% e questo trend è destinato a rimanere  sostanzialmente stabile. Gli scenari indicano che il riscaldamento avrà luogo  soprattutto in inverno nel nord e soprattutto in estate nel Mediterraneo. Le  precipitazioni invernali aumenteranno nel nord e diminuiranno nel sud, ma a  calare vertiginosamente nelle regioni meridionali del continente saranno  soprattutto le precipitazioni totali annue. La disponibilità di acqua nel  Mediterraneo in estate potrebbe ridursi dell’80%, le necessità di irrigazione  cresceranno per l’agricoltura mediterranea, mentre nel nord rimarranno stabili  o diminuiranno. Scenderà nel sud l’affidabilità dell’energia idroelettrica.
 A  nord il clima più caldo e la maggiore quantità di anidride carbonica in circolo  nell’atmosfera faranno aumentare la produttività agricola, mentre nel  Mediterraneo e nei Balcani diminuirà. Le aree adatte alla coltivazione del  mais potrebbero aumentare del 30-50% in Irlanda, Scozia, Svezia meridionale e  Finlandia, mentre la stessa pianta avrà sempre maggiori difficoltà a crescere  nell’area mediterranea, così come i girasoli e la soia. Le foreste  guadagneranno terreno nei paesi settentrionali e si ritireranno nel meridione. Se  vorrà sopravvivere, gran parte del turismo mediterraneo dovrà adattarsi ad  un cambiamento di stagione, spostarsi verso la primavera e l’autunno, e  comunque le alte temperature porteranno ad una migrazione verso nord dei flussi  turistici. Vede generalmente nero l’industria europea dello sci, vista la  mancanza di copertura nevosa che si prevede soprattutto per l’inizio e la fine  della stagione: sulle Alpi orientali ci saranno quattro settimane di neve in  meno in inverno e sei in estate, per ogni grado di aumento della temperatura.  Nelle montagne tra Lombardia e Svizzera si calcolano 50 giorni in meno con 2  gradi in più di temperatura e a precipitazioni inalterate. Nel 2050, la domanda  di riscaldamento potrebbe ridursi del 5-10% in Gran Bretagna, e quella di  elettricità dell’1-3%, con 2 gradi di temperatura in più, e per il 2100 si  calcola un risparmio di almeno 20-30%. Nel Mediterraneo, a fronte di un  risparmio di riscaldamento per 2-3 settimane, si prevede una crescita per il  raffreddamento degli edifici di 2-5 settimane: già nel 2030 le necessità di  energia elettrica per i condizionatori potrebbero innalzarsi di quasi il 30%.
 Per  contro, ad aumentare nel Nord saranno i fenomeni che già vediamo in atto:  alluvioni invernali, intensità delle tempeste atlantiche. A perderci, o  comunque a doversi adeguare a scenari in drammatico cambiamento sarà il sistema  assicurativo, che oggi copre questo genere di catastrofi ma non la siccità, di  nuovo penalizzando il sud del continente. (Fonte: sito internet Conferenza  Nazionale sui Cambiamenti Climatici 2007)
 CALAMARI GIGANTI INVADONO ACQUE DELLA CALIFORNIA
 
 I calamari giganti, come quelli descritti dai film catastrofici, stanno  invadendo le acque della California. Lo conferma uno studio apparso sulla  rivista Proceedings of the National Academy of Science, secondo cui questi  predatori, una volta solo tropicali, stanno sfruttando i cambiamenti climatici  per ampliare il loro raggio d’azione. I ricercatori del californiano Monterey  Bay Aquarium Research Institute hanno studiato con un veicolo sottomarino la fauna  delle acque del golfo della California per 16 anni, osservando una sempre  maggiore presenza dei calamari (Dosidicus gigas) a partire dal 1997, e una  parallela drastica diminuzione del luccio, il principale abitante della zona e  uno dei ‘piatti preferiti’ dei calamari. “Le principali ragioni per  l’invasione sono i cambiamenti climatici, uniti alla diminuzione dei  predatori - ha spiegato Bruce Robinson, che ha coordinato lo  studio - alcuni degli esemplari osservati hanno raggiunto i 50 chilogrammi  di peso e i due metri di lunghezza. Questi animali mangiano tutto quello che  trovano sulla loro strada, e a quanto pare sono più bravi degli altri a  adattarsi alle nuove condizioni”. I principali predatori dei calamari,  tonni e squali, sono in rapida diminuzione nell’area, sia per effetto della  pesca che del riscaldamento delle acque. In assenza dell’anello superiore della  catena alimentare, i ‘diavoli rossi’, come vengono chiamati dai pescatori  messicani, hanno invaso il territorio, aiutati anche dalla corrente ‘El Nino’  che ha riscaldato le acque della California. Avvistamenti di questi animali  sono stati fatti comunque lungo tutto il Pacifico fino in Alaska, una prova  della loro grande capacità di adattamento. (Fonte: ANSA)
 
 » RINNOVABILI  ////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////// 
 
 FOTOVOLTAICO, NUOVI PANNELLI SARANNO 'ROSA'
In  futuro l’energia ‘verde’ potrebbe cambiare colore e nella realtà diventare  ‘rosa’. Lo sostengono i ricercatori dell’Ohio State University che hanno  sviluppato un nuovo tipo di pannello fotovoltaico che utilizza ossidi di questo  colore. Secondo lo studio pubblicato dal Journal of the American Chemical  Society, pannelli ottenuti con ossidi di rutenio, che sono rossi, e di zinco,  che invece sono bianchi, permettono di produrre energia elettrica ad un quarto  del costo di quelli al silicio. “Per il momento l’efficienza  corrisponde alla metà di quelli tradizionali - spiega Yiying Wu, che  ha condotto lo studio - ma stiamo lavorando per renderla comparabile agli  altri”. Quella che utilizza composti di metalli è una metodologia nuova per  la produzione di celle fotovoltaiche. Un altro elemento recentemente impiegato  dai ricercatori americani è un ossido misto di zinco e stagno, che sta dando  buoni risultati. “I pannelli tradizionali appaiono blu perché hanno una  copertura antiriflesso - spiega ancora il ricercatore - questa  però assorbe la luce verde, che è quella più forte nello spettro del sole. Con  questi nuovi materiali invece non serve la copertura”. I pannelli descritti  da Wu contengono nanoparticelle di ossidi, e la loro efficienza varia  dal 4 al 9%. L’obiettivo è di raggiungere il 15%, quella dei  pannelli al silicio, con una diversa combinazione di metalli e riducendo la  dimensione delle nanoparticelle. (Fonte: ANSA) 
 BIOENERGIA E AGROINDUSTRIA, NASCE L'ASSOCIAZIONE SCIENTIFICA DELLE COLTURE NON FOOD
 Proprio  in questi giorni in cui il dibattito sui biocarburanti e le bioenergie si fa  più incandescente, arriva la notizia che è stata fondata a Roma la Società  italiana di bioenergia e agroindustria (Siba). Un’associazione scientifica  senza scopo di lucro che riconosce come obiettivo principale quello di riunire  i ricercatori interessati allo studio delle colture food e non-food le cui  produzioni sono destinate all’industria per la produzione di energia  rinnovabile e/o di prodotti alimentari e non ad alto valore aggiunto. Come è  noto, nel settore non-food, l’azienda agraria è considerata la fonte di materie  prime rinnovabili per la produzione di energia elettrica e termica, amido,  fibra e cellulosa, lubrificanti e carburanti. Nel settore food, il consumo dei  prodotti trasformati dall’industria tende ad aumentare: oltre al prodotto  fresco (I gamma), a quello conservato in scatola (II gamma) ed a quello  surgelato (III gamma), sono entrati nel mercato i prodotti della cosiddetta IV  gamma (ortaggi lavorati, tagliati e confezionati, pronti per l’uso) e della V e  VI gamma (prodotti precotti e grillati). Si tratta – spiegano i fondatori in una nota - di comparti piuttosto complessi  e fortemente interdisciplinari accomunati da una stessa prerogativa:  organizzazione della produzione in filiera. Questa comprende una pluralità di  soggetti che rivestono un diverso ruolo e sono impegnati in varie attività:  ottenimento in campo della materia prima; raccolta, pre-trattamento e  stoccaggio; tecnologie di processing e di conversione in derivati industriali;  grande distribuzione organizzata; retailing; consumo. Ciascun segmento della  filiera presenta peculiarità proprie e sollecita interventi specifici di  ricerca e sperimentazione. Probabilmente  – aggiungono - proprio tale complessità e marcata diversificazione hanno  impedito sino ad oggi l’aggregazione di competenze scientifiche di così vasta e  diversa estrazione. D’altra parte, è altrettanto vero che tali competenze  devono sempre più dialogare e comprendersi, anche per il crescente interesse  del comparto e la maggiore attenzione alle tematiche ambientali. Peraltro, i  risultati ottenuti dalla ricerca e dalla sperimentazione devono essere portati  prontamente all’attenzione degli operatori (utenti della ricerca) per essere  calati nella realtà operativa. Tale concetto, ovvio e di validità generale, è  particolarmente pertinente al settore agro-industriale, nel quale scelte  sbagliate in un segmento della filiera possono avere conseguente negative sia a  valle che a monte della catena.  La Siba – concludono -  si pone, quindi, come punto di raccordo fra queste varie discipline, per  promuoverne le opportune sinergie, creando momenti di incontro e discussione.  Infatti, la Società si impegna ad organizzare un convegno scientifico, a  cadenza annuale o biennale, e gestirà una pagina web per le interazioni fra i  soci e con le altre società scientifiche; il sito conterrà, inoltre,  informazioni relative alla vita della società, agli iscritti, ai convegni,  meeting, corsi e workshop che riguardano le aree di pertinenza delle bioenergie  e dell’agroindustria. E il primo convegno si terrà a Salerno dal 22 al 24 ottobre. Inoltre, la società si avvarrà di ‘Agroindustria’,  che diventerà la sua rivista ufficiale e rappresenta la sede primaria di  pubblicazione dei risultati scientifici e degli Atti dei convegni. I soci  fondatori sono: Paolo Ranalli, Amedeo Alpi, Gianpietro Venturi, Luigi  Frusciante, Ferruccio Pittaluga, David Chiaramonti (del Crear dell’Università  di Firenze), Leonetto Conti, Federico Magnani. (Fonte: greenreport)
 
 PRODUZIONE BIOGAS, ITALIA TERZO PAESE DELL'UNIONE EUROPEA
 
 L’Italia è il terzo Paese europeo per la produzione di energia primaria prodotta a partire dal biogas. Le stime arrivano da EurObserv’ER,  l’Osservatorio delle energie rinnovabili, sul Barometro biogas 2007, che  valuta la produzione del 2006 in 353,8 TEP (migliaia di tonnellate  equivalenti al petrolio) costituite quasi essenzialmente dal biogas prodotto  dalle discariche (310,8). Minimo è stato l’apporto delle stazioni di  depurazione urbane e industriali con 0,9 TEP, mentre la categoria ‘altri  biogas’, comprensiva, nel barometro biogas 2007, delle unità decentralizzate di  biogas agricolo, delle unità di metanizzazione di rifiuti municipali solidi e  di unità centralizzate di codigestione, ha prodotto 42,1 TEP.  Globalmente in Italia il settore ha fatto solo un modestissimo passo  avanti rispetto all’anno precedente passando da 343,5 a 353,8 TEP,  con un aumento percentuale inferiore allo 0,3%. La performance del  nostro Paese accusa così un notevole ritardo rispetto alla crescita registrata  nell’Unione Europea dove, mediamente, la produzione di energia primaria  da biogas è salita del 13,6%. La Germania è il Paese europeo con  la maggior produzione: l’anno scorso si sono sfiorati i 2.000 TEP e più  precisamente, secondo le stime del Barometro biogas 2007, 1.923,2 TEP. A  differenza di quanto avviene in Italia il contributo del biogas proviene dai  diversi settori anche se la voce ‘altri biogas’ rappresenta quasi la metà  del quantitativo globale tedesco. Le discariche hanno fornito 573,2 TEP,  le stazioni di depurazione 369 TEP e gli altri biogas 980 TEP.  Secondo quanto recitano le cifre la Germania, con un aumento percentuale  di oltre il 20% dal 2005 al 2006, punta decisamente sull’uso dei biogas.  Meno brillante appare lo sviluppo del mercato britannico che, al primo  posto nel 2005 con 1.600 TEP, ha incrementato di soli 96 TEP la  propria produzione nel 2006 cedendo lo scettro di prima della classe alla Germania.  La produzione britannica proviene per circa il 90% dalle discariche. Il  resto è prodotto dalle stazioni di depurazioni mentre gli ‘altri biogas’ non  producono neppure un TEP di energia primaria. Nel 2006 i biogas  hanno permesso di produrre energia primaria pari a 5.346,7 TEP a fronte  dei 4.707,6 del 2005. Le discariche continuano a restare la  principale fonte di produzione di biogas con 2.946,2 TEP nel 2005 e 3.116,2 TEP nel 2006, ma si nota un notevole incremento nel  settore degli ‘altri biogas’, che hanno fatto registrare un’impennata di oltre  il 40% passando da 859,8 nel 2005 a 1.281,1 TEP nel 2006. (Fonte: ANSA)
 
 
 » MOBILITA' SOSTENIBILE ///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////
 ROMA SCOMMETTE SULLE BICICLETTE (ELETTRICHE E NON)
 
 Il  Comune ha lanciato una nuova campagna di impulso alla mobilità sostenibile  favorendo l’uso degli eco-incentivi del ministero dell’ambiente. Lo ha fatto  grazie all’intesa stipulata dall’assessorato capitolino all’ambiente e l’Ancma  (l’associazione nazionale dei rivenditori di cicli e motocicli). Con questo  accordo, già noto, chi rottama un vecchio motorino ‘euro 0’ (immatricolazione  prima del 2001) può acquistare una bici elettrica con lo sconto fino a 700  euro, oppure una normale bicicletta con sconto fino a 250 euro (fino a un  massimo del 30% dell’importo). Il Comune intende soprattutto rilanciare la campagna del ministero  sperando così di dare un’accelerata decisiva alla rottamazione dei motorini in  vista della scadenza del 1° novembre 2007, quando il divieto di circolazione per i vecchi mezzi a due ruote  inquinanti all’interno dell’Anello ferroviario sarà esteso anche ai residenti  in quest’area, mentre ancora oggi riguarda solo chi risiede oltre l’Anello e  transita al suo interno.
 Al di là di questo,  comunque, le ragioni per approfittare degli sconti, magari pensando ad una  bicicletta, sono più che valide: un vecchio ‘cinquantino’ a due tempi  scarica nell’atmosfera emissioni  pari a quelle di 63 auto non  catalitiche a benzina. E la bicicletta è un ottimo mezzo di spostamento in  città sulle brevi e medie distanze. Il Comune spinge molto anche per le bici  elettriche a pedalata assistita che, sottolinea in una nota “grazie al  motore che fa il grosso del lavoro, sono ideali per abbinare comodità di  viaggio e moderato esercizio fisico quotidiano”. Osserviamo però che la  bici elettrica ha comunque bisogno di essere spesso ricaricata e questo  significa spostare l’inquinamento (anche se probabilmente minore rispetto a  quello di un motorino) da un’altra parte. Per produrre energia, infatti, si  utilizzano quasi esclusivamente fonti fossili. L’optimum quindi sarebbe quello  che l’energia prodotta per caricare le bici fosse generata da fonti  rinnovabili, ma al momento queste sono molto limitate. Riteniamo quindi esser  molto più ecologico usare una bici ‘normale’ oppure, se proprio del motorino  non se ne può fare a meno, prenderne uno che consuma il meno possibile e a  quattro tempi. La bici, però, è l’unica a non avere controindicazioni e non serve solo per lo svago domenicale: è un vero mezzo di trasporto che sostituisce egregiamente l’automobile, fa risparmiare soldi e fa bene alla salute, alla propria e a quella di tutti. Con l’iniziativa Comune-Ancma, poi, al vantaggio economico si aggiunge la praticità: sono i negozianti stessi che pensano alla rottamazione del motorino, basta portarglielo. Finora sono circa 50 i rivenditori che si sono offerti di partecipare alla campagna, dieci quelli che già praticano gli sconti e la rottamazione.  (Fonte: greenreport)
 
      A cura di Fabio  Bruno Leggi le "news" dei numeri passati:Newsletter n°1
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