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CAMBIAMENTI CLIMATICI, L'AGRICOLTURA TOSCANA PROVA A DIFENDERSI

Servono politiche di sostenibilità. Lo ha chiesto la Cia Toscana intervenendo a Firenze al convegno ‘Agricoltura toscana e mutamenti climatici’, promosso da Regione Toscana e Arsia. “I mutamenti climatici – scrive la confederazione in una nota - sono evidenti così come sono conosciuti e ben delineati gli scenari futuri. Occorre definire nuove strategie sull’uso del suolo capaci di mettere in atto azioni ed interventi per governare il cambiamento e per il superamento del continuo e ciclico stato di emergenza a cui negli ultimi anni si è andati incontro in Toscana”.
“All’agricoltura toscana – ha detto nel suo intervento Marco Failoni, della presidenza Cia Toscana – devono essere assicurate le risorse idriche necessarie per mettere sul mercato i prodotti che i consumatori ci richiedono, senza acqua non possiamo garantire il mantenimento delle forniture e prodotti di qualità; per questo sollecitiamo una gestione più attenta, maggiore programmazione, più piccoli invasi distribuiti sul territorio, politiche di difesa del suolo”.
La Cia Toscana propone di puntare su un patto con la società come metodo di governance: il ruolo delle imprese, l’impegno delle istituzioni. Essendo il clima e l’acqua fondamentali per l’agricoltura gli operatori vogliono dare il loro contributo per risparmiarla: per questo occorrerà un Psr che favorisca impianti irrigui moderni, ricerca, Servizi di consulenza e formazione per aggiornare gli imprenditori.
“Il convegno è servito – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura Susanna Cenni - a individuare le strategie di fondo per fronteggiare un problema che sarà sempre più centrale per la nostra agricoltura. Oggi non è più sufficiente il sistema degli indennizzi di fronte ai danni provocati da eventi meteorologici eccezionali. Bisogna muoversi preventivamente, per esempio aiutando l’azienda agricola a sviluppare tutti i meccanismi di autodifesa necessari, dall’utilizzo di sementi più adatte a stagioni siccitose, a quello di tecniche agronomiche idonee (come l’aridocoltura). Come Regione intendiamo muoverci in questa direzione sviluppando un’azione di assistenza tecnica e di formazione professionale alle imprese perché il mutamento climatico non venga subito, ma fronteggiato nel modo migliore dai nostri produttori”.
“A questo fine – ha aggiunto - è nostra intenzione varare un sistema di premi per le imprese, che sviluppino azioni virtuose in relazione al risparmio idrico e continuare a sostenere quelle, che ammodernano o potenziano i loro impianti irrigui. Una agricoltura attenta alla biodiversità, decisa a non introdurre elementi di inquinamento (con la forte spinta verso il biologico e l’azione anti ogm), capace di valorizzare un rapporto più diretto tra produttore e consumatore (con il progetto filiera corta) pronta a cogliere la sfida delle energie rinnovabili (specie le biomasse), è, allo stesso tempo, una agricoltura che alimenta i suoi anticorpi più naturali di fronte alle spinte imprevedibili del mutamento climatico”.
“E´ indubbio – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia - che l´agricoltura sia il settore maggiormente esposto all’impatto dei cambiamenti climatici, ma non per questo i momenti di emergenza si devono tradurre in allarmismi eccessivi. Occorre invece un investimento strategico, in ricerca e innovazione, finalizzato a dotarsi di analisi di impatto specifiche per l´agricoltura toscana, di adeguati sistemi di monitoraggio e occorre soprattutto il supporto alle imprese agricole e ai sistemi territoriali per affrontare quegli stessi cambiamenti climatici con servizi e tecniche agronomiche innovativi”.
Dal convegno è anche emerso come la Toscana, rispetto ad altre regioni italiane dominate da colture intensive, sia meno esposta ai problemi determinati dai cambiamenti climatici (le sue produzioni di punta non necessitano di molta acqua): una condizione che però non esenta la Regione da perseguire con decisione la strada dell’innovazione e dell’efficienza.In questi ultimi anni - è lo scenario della Toscana emerso durante il convegno - il sistema agricolo toscano ha iniziato a trasformarsi cercando di adattarsi alle mutate condizioni colturali imposte dai cambiamenti climatici limitando in particolare le colture ad elevato consumo idrico e adottando tecniche irrigue più razionali e a minor impatto ambientale. Il tutto partendo da un dato di base favorevole: la Toscana ha un fabbisogno idrico legato all’agricoltura minore che molte altre regioni. Solo il 6% della superficie coltivata è irrigata (rispetto al 19% della media nazionale e al 35% del Nord Italia). Questo perché alcune delle colture principali (viticoltura e olivicoltura) hanno bisogno solo della cosiddetta irrigazione di soccorso (da utilizzare dunque non stabilmente ma solo secondo necessità) e perché si è ridotta fortemente la presenza di alcune colture irrigue: è diminuita del 40% la produzione di mais, è scomparsa quella di barbabietola da zucchero. Per altre produzioni irrigue, quali la floricoltura e il vivaismo ci si sta sempre più orientando verso l’uso di acqua riciclata, mentre per l’orticoltura, si stanno adottando tecniche sempre più finalizzate al risparmio (circa il 30% delle aziende ha irrigazione a goccia). (Fonte: greenreport)


SANZIONI PER 12,5 MILIARDI SE L'ITALIA NON SI ADEGUA A KYOTO

Se l'Italia, dal 1° gennaio 2008, non rispetterà gli impegni del protocollo di Kyoto “si troverà a pagare nel periodo 2008-2012, oltre 12,5 miliardi per multe e sanzioni per mancata applicazione degli accordi”. Lo ha riferito il sottosegretario all'Economia, Paolo Cento, nel corso del suo intervento alla presentazione della moneta commemorativa del quinto anniversario del protocollo di Kyoto. “Nella sciagurata ipotesi del mancato rispetto del Protocollo di Kyoto si calcola - ha detto il sottosegretario - che i costi per l'Italia ammonteranno a circa 2,56 miliardi di euro l'anno nel periodo 2008-2012.
Gli impegni assunti con il protocollo di Kyoto vanno rispettati e gli “obiettivi devono essere raggiunti - prosegue Cento - per arginare gli effetti dei cambiamenti climatici in atto anche nel nostro Paese, dove 3.500 chilometri di coste rischiano di rimanere sommerse dall'innalzamento del livello del mare e dove ben cinque regioni, compresa la Pianura Padana, sono a rischio desertificazione”.
“E' evidente che la sfida che abbiamo davanti è quella di riuscire sempre più a coniugare politiche economiche, finanziarie e ambientali per mitigare i cambiamenti climatici e i suoi effetti. Tutto questo - sottolinea Cento - ci mostra come ci sia la necessità di inserire la dimensione ambientale nell'azione di governo per diventare sempre più punto qualificante delle politiche nazionali”. (Fonte: e-gazette)


APAT: WORKSHOP “CAMBIAMENTI CLIMATICI ED AMBIENTI NIVO-GLACIALI”

L’effetto prodotto dai mutamenti del clima sulla superficie dei nostri ghiacciai lascia prevedere uno scenario sempre meno rassicurante: se la temperatura aumenterà di due/quattro gradi nei prossimi 50 anni, si potrà perdere fino al 75% della superficie glaciale nazionale esistente.
Questo è quanto emerso dal terzo workshop verso la Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici 2007, che si è tenuto il 2 e 3 luglio a Saint Vincent e che fa il punto su cambiamenti climatici e ambienti nivo-glaciali.
“Sulle Alpi, nel corso degli ultimi 150 anni, il 50% della superficie glaciale è scomparsa a causa dell’aumento della temperatura di circa 1 grado e della diminuzione delle precipitazioni nevose”- ha spiegato Luca Mercalli, della società meteorologica italiana, intervenuto all’incontro. “Ad esempio, il ghiacciaio di Moncorvè (Gran Paradiso) e di Indren (Monte Rosa) – ha proseguito l’esperto - mostrano una situazione estremamente differente da quella a cui si era abituati; nel ghiacciaio di Indren non è più possibile, praticare lo sci estivo, mentre quello di Lys dal 1812 è arretrato di 1,5 Km.
Anche i bilanci di massa delineati su serie storiche più brevi, risultano ovunque negativi specialmente nel sud delle Alpi. Nel 2003 (caldo record estivo in assoluto) si sono registrate perdite fino a tre metri di superficie glaciale. Ne risentiranno pertanto maggiormente la produzione di energia idroelettrica e il turismo alpino invernale ed estivo. Nel corso dei prossimi 50 anni, con un aumento di temperatura di due/quattro gradi in Svizzera, Paese a maggiore concentrazione di ghiacciai nelle Alpi, si perderà il 75% di superficie glaciale esistente. Nel Canton Ticino, in una situazione ambientale e territoriale simile a quella
italiana, si potrebbe perdere addirittura il 100% dei ghiacciai”.
Il convegno valdostano segna la terza tappa di un cammino, promosso dal Ministero dell’Ambiente e organizzato dall’APAT, per definire le premesse tecniche su cui improntare le strategie di adattamento ai mutamenti climatici. Dopo l’incontro di Alghero, incentrato sul tema della desertificazione, quello di Palermo, focalizzato sull’ambiente marino costiero e il convegno tenutosi a Roma su clima e salute, l’incontro di Saint Vincent analizza gli effetti del mutamento del clima sugli ambienti nivo – glaciali.
Presente all’incontro, tra gli altri, Alberto Cerisi, Assessore al Territorio, Ambiente, Opere pubbliche della Regione Valle d’Aosta, Roberto Caracciolo, responsabile del Dipartimento Ambiente dell’APAT e il direttore generale dell’ARPA Valle d’Aosta Edmondo Nocerino. “Il 20% del territorio valdostano è coperto da ghiacciai – ha dichiarato l’Assessore all’Ambiente Alberto Cerisi - e la loro esistenza è minacciata dai mutamenti climatici. In Valle d’Aosta il pericolo dello scioglimento dei ghiacciai, dovuto al surriscaldamento della Terra, ha delle enormi ricadute sul turismo che rappresenta la massima fonte di guadagno
della nostra Regione. E’ necessario definire quali siano le migliori strategie da adottare per rallentare il processo ormai in corso. Intanto abbiamo già messo in campo azioni concrete per fronteggiare l’emergenza, come la creazione di una cabina di regia regionale dei ghiacciai, per poter costantemente monitorare la situazione e l’attivazione di una struttura regionale che si occupi dei cambiamenti climatici e dei loro effetti”. “Definire le strategie di adattamento - ha affermato Roberto Caracciolo, capo del dipartimento ambiente e metrologia ambientale dell’APAT - è l’obiettivo della conferenza nazionale in programma a Settembre, dove adattamento non significa arrendersi, ma piuttosto cercare un equilibrio con un pianeta che evolve. Lo scopo dell’evento nazionale è la definizione di un decalogo delle strategie da adottare e da inserire nella prossima finanziaria”. “In termini di scenari e quindi di ipotesi - ha dichiarato Francesco Bosello del Centro Euro Mediterraneo sui cambiamenti climatici - è possibile prevedere gli effetti economici degli impatti climatici. Uno dei settori più danneggiati dall’incremento della temperatura è quello turistico estivo ed invernale (il turismo montano rappresenta la terza fonte economica nazionale indotta). E’ possibile prevedere che, con l’incremento di temperatura previsto, nel 2030 ci sarà una riduzione del flusso turistico straniero del 4% in Valle d’Aosta, del 14% nel Trentino Alto Adige e del 15% in Friuli Venezia Giulia. In termini economici – ha proseguito Boselloai prezzi del 2005 si sarebbero persi rispettivamente 15 milioni di euro in Valle d’Aosta e 500 milioni di euro in Trentino. Inoltre, - ha aggiunto- se effettivamente si realizzerà un aumento di temperatura di 4 gradi solo il 18% degli impianti di risalita attualmente in funzione sarà affidabile, cioè in grado di garantire almeno 30 cm di neve per 100 giorni l’anno, determinando una notevole perdita economica sul turismo invernale, che rappresenta una fonte economica oltre il 60% dell’indotto turistico nell’intero arco Alpino”. “Riguardo alla conservazione della biodiversità rispetto ai cambiamenti climatici -ha  affermato Chantal Treves, studiosa naturalista - occorre sottolineare che gli ecosistemi e le specie alpine sono particolarmente minacciate, con il 30% di rischio di estinzione a fronte di un tasso di incremento di temperatura anche inferiore a 3 gradi centigradi. Diventa pertanto imperativo attivare politiche integrate di adattamento che introducano, nella gestione del
territorio e quindi nei piani e nelle valutazioni ambientali territoriali, un riferimento agli scenari di proiezione del cambiamento climatico e azioni mirate a rafforzare la capacità delle specie e degli ecosistemi di resistere”. (Fonte: sito internet della Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici 2007).


ALLARME CALDO - TRE SOLUZIONI PER LA SICILIA

Riforestazione, energia solare, celle a combustibile e nuove linee ferroviarie per contrastare i cambiamenti climatici ormai in atto. “La sconcertante situazione in Sicilia di questi giorni – dice il ricercatore del Cnr Mario Pagliarocon temperature prossime ai 50 gradi, interruzioni della corrente elettrica e dell'acqua corrente per decine di ore e gli incendi a ridosso delle abitazioni, ci chiariscono definitivamente che il problema dei cambiamenti climatici dovuti all'inquinamento dell'atmosfera con l'anidride carbonica non è per domani; ma è la più urgente questione socioeconomica e politica dell'oggi”. “La Sicilia - continua  Pagliaro - deve adottare per prima una strategia che le consenta di difendersi articolata in 3 precise azioni:
1. Energia solare e uso massivo del metano per la generazione avanzata di energia.
2. Riforestazione sistematica del territorio.
3. Costruzione di nuove linee ferroviarie elettrificate
.
“La Sicilia è la più grande regione italiana ed ha la più elevata irradiazione solare, per cui dobbiamo dotarci al più presto delle economiche e robuste celle solari in plastica di imminente commercializzazione con le quali sarà possibile ricoprire le superfici esterne ed interne di pressoché qualsiasi edificio privato e pubblico, e le relative finestre, generando abbondante elettricità”.
“Inoltre, la grande abbondanza di metano, sia estratto in Sicilia che importato da Libia e Algeria, deve spingerci a riconvertire a gas metano le centrali termoelettriche siciliane (rendimento del 50% contro il 30% di quelle a olio combustibile attuali); e a dotare capannoni industriali, supermercati, ospedali, scuole e uffici pubblici di celle a combustibile per generare elettricità, freddo e calore con rendimenti del 70% come fanno ad esempio all'ospedale di Magdeburgo in Germania”.
“L'Italia - aggiunge il chimico del Cnr - ha eccellenti competenze sia scientifiche che tecnologiche in tutti questi campi, penso all'Ansaldo che già costruisce le celle in questione che al Cnr. Ed è tempo che queste competenze escano dai laboratori per essere adottate su larga scala, anche grazie all'intervento del Governo”. “La riforestazione della Sicilia è necessaria per assorbire l'anidride carbonica in eccesso; fermare la desertificazione del suolo, mitigare le temperature e preservare le preziose risorse idriche. E la Sicilia con decine di migliaia di agenti forestali e un bilancio regionale di oltre 15 miliardi di euro annui può e deve essere in grado di farlo”. “Le nuove linee ferroviarie elettriche – infine - sono necessarie per arrestare l'indiscriminato consumo di carburante e il conseguente inquinamento atmosferico che fa della Sicilia la regione europea a minore densità di linee ferroviarie con un preoccupante inquinamento delle sue maggiori città”. “In conclusione - aggiunge Pagliaro - le temperature prossime ai 50 gradi di questi giorni devono spingerci a mobilitarci per realizzare questi cambiamenti e iniziare ad affrontare la situazione”. “Perché il problema non è più genericamentedei nostri figli’; ma nostro. E continuare con l'inazione e a procrastinare come si è fatto finora rischia di condurci rapidamente in una situazione di crisi ambientale i cui costi socioeconomici potrebbero, a quel punto, non essere sostenibili”. ( Fonte: Villaggio Globale)



» RINNOVABILI //////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////


PISA, AL VIA CENTRO INTERUNIVERSITARIO BIOMASSE

Si è tenuta ieri presso la sala convegni dell'Ex-monastero delle Benedettine di Pisa la presentazione del Progetto CRIBE, il Centro di Ricerca Interuniversitario sulle Biomasse da Energia, da poco costituitosi a San Piero. Il Centro, sorto grazie ad un contributo di 1,5 milioni di euro della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, nasce dalla fusione delle competenze maturate da vari laboratori, dipartimenti e centri di ricerca afferenti all'Università di Pisa e alla Scuola Superiore Sant'Anna nel settore dello sviluppo di energia da biomasse. Oltre a perseguire un concreto avanzamento delle conoscenze sulla produzione di energia da biomassa, il CRIBE, che ha sede presso il Centro Interdipartimentale Enrico Avanzi di San Piero a Grado, sorge con l'obiettivo di promuovere un'attività di ricerca volta alla risoluzione complessiva dei problemi incontrati nelle diverse ‘filiere produttive’, sia di carattere tecnologico, agronomico e produttivo sia sotto il profilo economico sociale e, naturalmente, dal punto di vista ecologico e ambientale. Sono intervenuti il Magnifico Rettore dell'Università di Pisa, Marco Pasquali, il direttore della Scuola Sant'Anna Paolo Ancilotti e il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, Cosimo Bracci Torsi. Gli obiettivi e le finalità del CRIBE sono stati illustrati dal Prof. Enrico Bonari, neodirettore del Centro di Ricerca e promotore del progetto. (Fonte: ANSA)


PROVINCE ITALIANE, FRONTE COMUNE PER RINNOVABILI

Cambiare le politiche energetiche e le azioni a livello locale, in linea con il quadro europeo, nell'ottica della razionalizzazione e del risparmio, per centrare gli ‘ambiziosi’ obiettivi comunitari della riduzione del 20 per cento dei combustibili fossili entro il 2020. Sono questi i principali argomenti indicati nel corso del convegno ‘Energia per un mondo che cambia: la nuova politica europea dell'energia, il ruolo delle Province’, che si è svolto nel capoluogo lucano, organizzato dalla Provincia di Potenza, e dall'associazione ‘Tecla’, in collaborazione con l'Upi (Unione province italiane) e la rappresentanza italiana della Commissione europea. Punto centrale dell'incontro è stato il ruolo delle Province italiane nella strategia di incremento delle energie rinnovabili, che l'Unione europea intende accrescere del 20% entro il 2020. Il tutto, alla luce della nuova programmazione 2007-2013, che assegna agli enti provinciali il 2,8% delle risorse allocate nell'ambito della politica regionale. “Un'opportunità importante, e da sfruttare”, ha detto il presidente della Provincia di Potenza, Sabino Altobello, su cui bisogna “lavorare intensamente, accelerando il passo”, ha aggiunto il presidente della Tecla e della Provincia di Pisa, Andrea Pieroni, “anche in vista del fatto che - secondo Pieroni - entro il 2030 il fabbisogno energetico mondiale aumenterà del 50%, e l'attuale programmazione settennale sposta gli equilibri comunitari, per la destinazione delle risorse, verso l'Europa centrale”. E' quindi necessaria un'azione positiva ‘di lobby’, per valorizzare ciò che gli enti locali italiani mettono in campo, ha sottolineato il presidente di Tecla, in una nazione “ricca di eolico, fotovoltaico e solare”, ha ricordato il direttore generale aggiunto della direzione generale Energia della Commissione europea, Fabrizio Barbaso, “che però devono essere maggiormente sfruttate, in modo da ridurre i prezzi di mercato”. Barbaso, inoltre, ha indicato le possibili ricette per una corretta politica energetica a livello locale: da un lato, “enti locali e cittadini devono partecipare attivamente alla gestione delle fonti, e dall'altro, accanto all'efficienza dei sistemi e della produzione, è necessario liberalizzare il mercato, abolendo possibili monopoli, anche in relazione al fatto che, da luglio, chi autoproduce energia può venderne le quote in eccesso alla rete”. (Fonte: ANSA)






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MOBILITA' SOSTENIBILE ///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////


DALLA SPAGNA ARRIVA L'ECOLOGICO TRIXI


Barcellona lo utilizza già da cinque anni e dal 22 luglio se ne servirà anche Madrid. Si tratta di una nuova bicicletta-taxi a motore elettrico. Seguendo l’esempio di Barcellona dal 22 luglio anche la capitale spagnola si servirà di un nuovo mezzo di trasporto ecologico. E’ il triciclo Trixi, a metà strada tra una bicicletta elettrica e un taxi, che sarà in grado di trasportare per le vie della città due persone oltre al conducente. Il telaio della bici-taxi è in alluminio, la carrozzeria in polietilene riciclabile e il motore rigorosamente elettrico, insomma tutte le parti di cui si compone sono state realizzate con il massimo rispetto per l’ambiente. L’obiettivo del progetto è naturalmente quello di sensibilizzare i cittadini alla cultura ecologista, sulla strada delle iniziative intraprese nel nord Europa, che in fatto di cultura ambientale è sicuramente molto avanzato.
I produttori di questo curioso mezzo di trasporto hanno sottolineato come “la migliore vetrina per la sostenibilità ambientale sia costituita dal fatto che due città moderne e cosmopolite come Madrid e Barcellona abbiano scelto Trixi” e si augurano che il loro progetto possa essere considerato, dall’intera nazione, un esempio da seguire e portare avanti. (Fonte: ANSA)


                                                                                                                         A cura di Fabio Bruno


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