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» CAMBIAMENTI CLIMATICI /////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////


SICCITA' E CAMBIAMENTI CLIMATICI, IL LESOTHO CHIEDE AIUTO

Dopo lo Swaziland il global warming, con la complicità del rialzo dei prezzi dei cereali, colpisce duro anche l’altro piccolo regno dell’Africa australe: il Lesotho che ha dichiarato lo stato di emergenza alimentare e chiesto l’aiuto internazionale dopo che la peggiore siccità degli ultimi 30 anni ha distrutto il 30% del raccolto di mais. Oltre un quinto dei due milioni di abitanti ha urgente bisogno di aiuto alimentare. “La situazione è critica – ha detto John Holmes, segretario generale aggiunto agli affari umanitari dell’Onu – per tutti quelli che sopravvivono già a malapena, tra cattivi raccolti, povertà e Aids. La comunità internazionale deve intervenire rapidamente per aiutare il governo ad evitare questa crisi”. Quest’anno il Lesotho ha prodotto 72 mila tonnellate di cereali contro le 126.200 dell’anno scorso, ed avrebbe bisogno di circa 328 mila tonnellate. Ma secondo il governo, mettendo insieme raccolti interni, importazioni e aiuti alimentari già concessi, mancherebbero ancora almeno 30 mila tonnellate di cereali. Intanto i prezzi di mais, sorgo, e grano sono saliti molto, ad un livello superiore di quanto si possono permettere gran parte dei poverissimi abitanti del Lesotho, ed i minori raccolti nella Repubblica Sudafricana, il principale fornitore regionale, stanno facendo aumentare ancora i prezzi. I cittadini più colpiti sembrano i ‘senza terra’ e chi vive nelle zone urbane, soprattutto le persone sieropositive, che secondo l’Onu sono il 14% della popolazione, che avrebbero bisogno di un regime alimentare sano per trarre benefico dai farmaci antiretrovirali. Oltre ai piccoli Lesotho e Swaziland, la crisi alimentare sta colpendo duramente tutta l’Africa australe, in particolare lo Zimbabwe, dove circa 4 milioni di persone avrebbero bisogno di urgenti aiuti a causa di una devastante siccità che non è stata efficacemente contrastata dalla dittatura senile e dalla folle politica di espropri delle terre del presidente Robert Mugabe. (Fonte: greenreport)


I CAMBIAMENTI CLIMATICI QUALE IMPATTO AVRANNO SUL PATRIMONIO CULTURALE?

Il progetto europeo Arca di Noè, coordinato dall’Istituto di Scienza del Clima del CNR di Bologna, si è posto l’obiettivo di stimare il danno che il patrimonio culturale subirà nei prossimi 100 anni a causa dei cambiamenti climatici, in modo da disegnare per la prima volta uno scenario futuro.
Come la biblica barca, ha raccolto ed elaborato a tale fine una mole di dati e parametri utili, a cominciare dalla selezione di quelli più critici per i monumenti: temperatura, precipitazioni, umidità relativa, cicli di gelo e disgelo, velocità del vento associata alla pioggia, sale marino, concentrazione degli inquinanti e pH delle precipitazioni. Per realizzare gli scenari futuri sono stati utilizzati i dati di due tra i modelli climatici globali ritenuti più accurati (HadCM3 e HadRM3) e rielaborati sia dal punto di vista territoriale, estraendo la finestra europea, sia da quello temporale, realizzando medie mensili, stagionali ed annuali.
Da questa vasta base di dati sono state realizzate delle mappe che visualizzano i valori dell’area europea, in periodi di trent’anni e relativi al presente (1961 – 1990), al vicino futuro (2010 – 2039) e al lontano futuro (2070 – 2099). Inoltre sono state elaborate funzioni di danno per quantificare e prevedere il degrado sugli specifici materiali dei monumenti europei, quali marmi e calcari a bassa porosità, arenarie contenenti minerali argillosi, mattoni, metalli, legno e vetro. Le mappe, così ottenute, consentono di evidenziare come si evolvono i fattori di rischio nel prossimo secolo e di individuare le aree geografiche in cui questi fattori tendono ad aumentare o ridurre i loro effetti nel futuro. Fra i risultati ottenuti è emerso che la riduzione della superficie dei marmi dovuta all’azione della pioggia aumenta nel Nord Europa (Inghilterra settentrionale e penisola scandinava) raggiungendo 35 micron l’anno di perdita del materiale, mentre in tutta l’Europa si assisterà ad un aumento generale del fenomeno di cristallizzazione di sali, particolarmente dannoso per i materiali porosi, quali ad esempio arenarie e mattoni. Si prevede un amento nel Nord Europa della corrosione di ferro e bronzo, correlato agli inquinanti e all’aumento della temperatura media annuale, con massimi in corrispondenza di temperature medie di 10 °C; mentre la corrosione dello zinco è prevista prevalere nelle aree costiere con elevata deposizione di cloruri. L’effetto della radiazione solare sui materiali di pietra responsabile di stress termici che producono disgregazione, continuerà ad avere effetti nel bacino Mediterraneo, in particolare in Sicilia e nel Sud della Spagna, e inizierà a produrre anche nell’Europa centrale, coinvolgendo interamente Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e area balcanica.
E’ importante però sottolineare come dai cambiamenti climatici non ci sarà da attendersi solo la tendenza al peggioramento di alcuni processi di degrado. In alcuni casi le prospettive sono, al contrario, più favorevoli: l’aumento della temperatura determinerà, infatti, una riduzione dei cicli di gelo-disgelo in generale in tutta l’Europa, ad eccezione del Nord Europa e della Russia. Ciò favorirà una diminuzione della fratturazione nei materiali. (Fonte: Newton)


APAT: WORKSHOP “EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SUL BACINO DEL PO”

L’acqua del Po sta diminuendo: con l’avanzare degli effetti del cambiamento climatico e della domanda di risorsa idrica il suo corso rischia di arrestarsi, nei periodi più critici, anche a 100 chilometri di distanza dalla foce. Nel Ferrarese, appunto, dove l’acqua dolce potrebbe talvolta lasciare il posto a quella salata che risale dall’Adriatico. La portata del più grande fiume italiano è scesa del 20-25% nello scorso trentennio: su ogni dieci litri di acqua che arrivavano in precedenza alla foce del Po, mancano oggi all’appello più di due litri. Per esperti e scienziati questo trend è destinato a peggiorare: le piogge sono diminuite negli ultimi 30 anni del 15-20% nel bacino del Po, mentre i cambiamenti climatici stanno portando ad una contrazione media del 10% delle precipitazioni sull’intera penisola. Stavolta però a salire sul banco degli imputati non sono solo gli effetti del clima che cambia a livello globale, ma anche le scelte produttive e amministrative su scala di bacino. Già oggi i diritti di prelievo dal Po superano la portata media del fiume: per usi agricoli (soprattutto), industriali e civili si potrebbero, almeno sulla carta, sottrarre al fiume fino a 1.800 metri cubi di acqua al secondo, contro i 1.500 che realmente scorrono in media nel suo alveo all’altezza della foce. Nei fatti, si prelevano dal Po due miliardi e mezzo di metri cubi di acqua all’anno, di cui oltre il 73% destinati all’agricoltura. Così, nei periodi estivi più critici, la portata d’acqua alla foce può scendere sino a 180 metri cubi al secondo, una quantità che non basta nemmeno a raffreddare gli impianti della centrale di Porto Tolle.
Il bacino del Po è stato il grande ‘sorvegliato speciale’ nella sesta tappa per la Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici. Infatti, è stato organizzato a Parma dall’APAT in collaborazione con l’Arpa dell’Emilia-Romagna e con le Arpa delle regioni padane, per conto del Ministero dell’Ambiente, il workshop ‘Effetti dei cambiamenti climatici sul Bacino del Po’. L’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente ha riunito, per la prima volta attorno ad uno stesso tavolo, scienziati, esperti, istituzioni per affrontare il tema dell’adattamento al cambiamento climatico. L’eccezionalità del caso Po è evidente. Il fiume è un vero e proprio laboratorio all’aria aperta degli effetti combinati delle pressioni climatiche e umane. Il regime delle portate del Po è costituito, in inverno, dagli affluenti di destra provenienti dall’Appennino (mentre la neve si accumula nelle aree alpine), in estate, dagli affluenti di sinistra (che raccolgono l’acqua proveniente dallo scioglimento dei nevai e dei ghiacciai del versante alpino). Il suo bacino è quindi influenzato da una complessità di fattori sensibili al clima e costituisce un importante scenario di eventi idro-meteo-climatici e socioeconomici. Il Po sta già oggi diminuendo la sua portata e quindi la sua ‘forza’: nei periodi di magra le portate possono scendere sino a 180 m³ d’acqua al secondo, che non bastano nemmeno per raffreddare gli impianti di Porto Tolle, una delle maggiori centrali elettriche del Paese. A questo scenario si aggiungono i cospicui prelievi: solo i diritti di prelievo irriguo complessivi (circa 1.800 m³/secondo) superano oggi la disponibilità idrica in chiusura bacino (circa 1.500 m³/secondo come media storica a Pontelagoscuro). I settori con maggiore sete d’acqua sono l’industria e l’agricoltura: soprattutto per quest’ultima attività si dovranno adottare tecnologie più innovative e abbandonare progressivamente colture che richiedono molta acqua (quali riso, mais e kiwi). Più in generale, si dovrà pianificare un utilizzo del suolo, in particolare del bacino del Po, che tenga conto delle mutazioni climatiche in atto.
Il Po è un fiume strategico per l’economia del nostro paese, oltre che per la tutela dell’ambiente e quindi della salute. Il suo bacino si estende per oltre 71.000 km² – quasi un quarto dell'intero territorio nazionale - interessa 3.200 comuni, sei regioni più la provincia di Trento. Qui vivono circa 16 milioni di persone. In quest’area infatti si concentra il 40 per cento del prodotto interno lordo, il 37 per cento dell’industria nazionale, il 46 per cento dei posti di lavoro, il 55 per cento della zootecnia (in sole 5 province), il 35 per cento della produzione agricola. Il consumo di energia elettrica è pari al 48 per cento del consumo nazionale. Alla diminuzione progressiva degli afflussi (cioè delle precipitazioni) nell’ultimo trentennio, che si stima attorno al 15-20%, e all’aumento della domanda idrica, fa riscontro un decremento significativo della portata media del Po che, in chiusura di bacino (a Pontelagoscuro) è diminuita negli ultimi anni di circa il 20-25% rispetto alla media storica di lungo periodo (circa 1.400-1.500 m³/secondo contro gli storici 1.800 m³/secondo).
Urbanizzazione e attività produttive risultano essere le cause principali dell’impoverimento di questo bacino: da qui - secondo i dati dell’Autorità di bacino – per uso potabile vengono prelevati 2,5 chilometri cubi (1 km³ è pari ad 1 miliardo di metri cubi) all’anno (11,1%); per uso industriale (escluso quello energetico) 1,5 km³ l’anno (6,7%); per usi elettrici (idro e termo) 2 km³ l’anno (8,9%) e per l’agricoltura ben 16,5 km³ l’anno (73,3%).
Dagli studi sulla rete acquedottistica padana risulta che, mediamente, per ogni metro cubo di acqua prelevata (1.000 litri), 40 litri sono persi al momento dell'immissione in rete, 200 litri sono persi nelle reti di adduzione e 150 litri nelle reti di distribuzione. Tali perdite (complessivamente pari a 390 litri) si infiltrano nel terreno; dei 610 litri consegnati alle utenze finali, 120 vengono consumati e 490 restituiti. In agricoltura, appare significativo come, a fronte di prelievi consistenti e altrettanto consistenti dissipazioni, il sistema non sia in grado di fronteggiare le situazioni di stagioni siccitose, nelle quali si richiede un incremento dei prelievi di circa il 15%. Il settore dell’agricoltura del bacino del Po genera un valore aggiunto annuo di circa 7,7 miliardi di euro, pari all’1,2% del valore aggiunto totale generato nel bacino del Po. Considerando i prelievi per l’irrigazione, si ottiene che per ogni metro cubo d’acqua si genera un valore aggiunto pari a 0,46 euro/m³. (Fonte: sito internet Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici 2007)


AUSTRALIA: NUOVO PIANO PER IL CONTROLLO DELLE EMISSIONI

“L’Australia farà la sua parte nell’affrontare il cambiamento climatico, ma lo farà in maniera pratica ed equilibrata, con piena conoscenza delle conseguenze economiche per la nostra nazione”. E’ quanto ha dichiarato John Howard, premier australiano, annunciando inoltre l’esistenza di un piano per combattere il global warming che riuscirà a perseguire le sue finalità ambientali ‘senza sacrificare la prosperità economica’. Il piano prevede la nascita, nel 2012, di un nuovo sistema di mercato delle emissioni che vanterà incentivi e concessioni alle aziende per compensare i costi di adeguamento e che stabilirà un limite consentito oltre il quale bisognerà acquistare crediti. Howard promette che questo piano consentirà all’Australia di abbattere sostanzialmente le emissioni nocive con costi il più possibile ridotti. Contrari però gli esperti di clima che ritengono invece possa incoraggiare le aziende inquinanti ad aumentare le emissioni fino al 2012. L’ente indipendente di ricerca Climate Institute ritiene che il piano sia poco trasparente e che manchi della dovuta chiarezza e precisione nei dettagli. Il carbon trading inoltre, secondo gli esperti, non sarà sufficiente a ridurre le emissioni se non verrà affiancato da un incentivo allo sviluppo delle fonti rinnovabili. (Fonte: ANSA)


» RINNOVABILI //////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////


APERTO A TRENTO PRIMO CAMPO EOLICO SPERIMENTALE

Un campo eolico sperimentale, il primo del genere in Italia, è stato inaugurato oggi nella zona industriale di Trento Nord, presso l’interporto doganale. Lo ha realizzato l’Università di Trento, l’Agenzia provinciale per l’energia-Ape e Interbrennero spa, con il sostegno della Provincia autonoma di Trento. L’obiettivo è di studiare il comportamento di diverse turbine eoliche ed in particolare di mini-turbine, adatte a realtà che non dispongono di venti forti e costanti come quelli atlantici, ma possono ugualmente sfruttare con profitto la forza del vento - in particolare l’Ora del Garda - per produrre energia rinnovabile, con impianti di piccola taglia. Nel campo sperimentale di Trento sono state installate tre turbine: una tripala da 20 kW di potenza nominale, una turbina bipala di potenza di 11 kW, e una microturbina da 1 kW. “In Trentino non abbiamo venti capaci di alimentare impianti giganteschi, ma lo sfruttamento del vento con impianti fino a 20 kW, anche in combinazione con il solare, può costituire una tessera importante del mosaico che stiamo componendo in campo energetico e fotovoltaico”, ha detto l'assessore all'energia Ottorino Bressanini. “Per il futuro - ha aggiunto il rettore dell’Università di Trento Davide Bassi - abbiamo previsto l’apertura di un secondo campo eolico, sempre con un partner privato. Infine ad ottobre inaugureremo ad Isera un campo per l’energia solare”. (Fonte: ANSA).


A 19 ANNI 'RE' DELL'EOLICO IN VILLAGGIO MALAWI

Ha solo 19 anni, si chiama William Kamkwamba e abita a Kasungu, un piccolo villaggio del Malawi e sta diventando famoso perché ha costruito un generatore di energia per la sua comunità utilizzando materiali di fortuna. Il sistema funziona con l’energia prodotta dal vento e per adesso fornisce elettricità ad alcune costruzioni del suo villaggio: presto, però, William farà luce dappertutto, grazie a diverse migliorie che apporterà alla sua costruzione. Le future modifiche prevedono, infatti, l’installazione di pannelli termici sulle pale e sul traliccio, per catturare anche l’energia solare. Il suo spirito d’iniziativa è iniziato già all’età di 14 anni quando, smontando la bicicletta del padre, era riuscito a costruire una turbina eolica con cui dare luce al suo quartiere. Il suo primo modello consisteva in una torre di legno di 5 metri, su cui girava una ruota di bicicletta (spinta da pale) attaccata ad una dinamo. La dinamo caricava una batteria da 12V. La batteria bastava a far andare quattro lampadine, due radio e il caricabatterie di un telefono cellulare. (Fonte: ANSA)


CELLE SOLARI PLASTICHE DA RECORD: EFFICIENZA AL 6.5%

Fotovoltaico più economico, flessibile e potente grazie alla tecnologia delle celle-tandem, che assorbono un ampio spettro di radiazione luminos, dall’ultravioletto all’infrarosso.
Alan Heeger è il fisico dell’Università della California a Santa Barbara (UCSB), che nel 2000 vinse il Premio Nobel per la scoperta di polimeri che conducono elettricità. Ora, sostenuto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienza e Tecnologia di Gwangju, in Corea del Sud, è riuscito a mettere a punto un nuovo processo per lo stampaggio (incisione) delle celle solari plastiche, che dovrebbe incrementarne la potenza. Le celle solari create attraverso questa tecnologia sarebbero in grado di catturare l’energia del sole con un’efficienza del 6,5%: un nuovo record di potenza per il fotovoltaico che impiega le materie plastiche ad alta conducibilità per produrre energia dalla radiazione solare. Il nuovo processo di stampaggio, proposto da Heeger, sovrappone uno all’altro gli strati multipli di polimeri all’interno di un singolo strato di materiale fotovoltaico, creando una cella sandwich denominata per semplicità ‘cella-tandem’. Heeger sostiene che la modalità costruttiva del ‘tandem’ offra una tale possibilità di migliorare il rendimento, da rendere prevedibile il suo impiego per la costruzione di moduli fotovoltaici plastici per ‘tetti solari’. Le celle-tandem, comunemente impiegate nei pannelli solari convenzionali, aumentano la potenza erogata in due modi complementari, poiché i semiconduttori disposti in più strati possono essere ottimizzati per catturare bande di luce a diverse lunghezze d’onda. Si permette così al dispositivo in tandem di poter assorbire uno spettro più largo della radiazione luminosa. Gli strati multipli a loro volta, incrementano il voltaggio del dispositivo, producendo più potenza da ogni fotone assorbito. Più specificatamente la struttura a tandem, utilizzata per il fotovoltaico plastico di Heeger, prevede lo stampaggio spruzzando soluzioni plastiche unite ad altri materiali al di sopra di una pellicola plastica, procedimento del tutto simile a quelli usati in precedenza. Finora però gli strati delle diverse materie plastiche spruzzate sulla pellicola erano stati causa di degrado piuttosto che di incremento delle prestazioni. Heeger ed i suoi colleghi hanno ovviato a questo inconveniente utilizzando un ‘separatore di spruzzo’ che mantiene a lungo il fissaggio degli strati, senza influenzare in modo negativo il rendimento. La cella-tandem risulta così composta in tre principali macro-strati. La cella inferiore viene riempita con un polimero scoperto lo scorso anno dalla Konarka Technologies, (Lowell, Massachusetts), specializzata nella sperimentazione del fotovoltaico plastico. Il polimero assolve la funzione di assorbire la luce infrarossa e ultravioletta. Al di sopra della prima cella viene steso uno strato di subossido di titanio, che sigilla la cella inferiore, fornisce una base per costruire lo strato superiore successivo e, comportandosi come uno strato di materiale metallico, allontana gli elettroni liberati dagli strati inferiori. Infine lo strato superiore è costituito da un tipo diverso di polimero, che ha la capacità di assorbire la radiazione luminosa compresa tra il blu e il verde. Yang Yang, un fisico dell’Università della California a Los Angeles, afferma che un rapido miglioramento nell’efficienza e quindi nel rendimento delle celle dovuto al possibile utilizzo di materiali diversi e più performanti per la struttura delle celle stesse è probabile e molto vicino. Secondo lo scienziato tale livello di ottimizzazione potrebbe produrre una cella-tandem con rendimento del 10%. Un concreto ostacolo per la produzione della cella-tandem a scala industriale è tuttavia costituito dal fatto che il procedimento di stampaggio della cella di Heeger è ancora ad un livello di prototipo e sarà difficile riuscire a predisporre l’incisione degli strati della cella-tandem per una produzione su scala commerciale. Nonostante questo, la Konarka Technologies spera di riuscire ad incrementare il rendimento della cella a polimeri plastici fino al 7% nel prossimo futuro, ottimizzando le caratteristiche delle apparecchiature finalizzate alla costruzione e allo stampaggio a livello industriale di questa tecnologia.
di Giacomo Di Nora (Fonte: Tecnology Review)




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MOBILITA' SOSTENIBILE ///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////


A CISTERNA, LA REGIONE LAZIO FINANZIA IL POLO PER LA MOBILITA' SOSTENIBILE

“Noi siamo pronti ad entrare già da domani, dal giorno dopo della firma del progetto. Abbiamo preceduto i fatti. Abbiamo le persone e le prime attrezzature, poi serviranno le risorse per altre, ma possiamo già iniziare”. Ne è sicuro il professor Fabio Massimo Frattale Mascioli, docente della facoltà d’Ingegneria dell’università ‘La Sapienza’, dipartimento Infocom e responsabile scientifico del progetto. Per il professore, che non vede l’ora di entrare nel capannone ristrutturato e avviare la sperimentazione, manca davvero solo il via libera delle autorità politiche, “noi con le nostre esperienze precedenti, il bagaglio di informazioni e di attrezzature siamo pronti a muoverci”. Il professore spiega che dal momento dell’ingresso nei locali della decina di docenti e ricercatori coinvolti nel progetto di Cisterna, “entro l’estate potremo avere un primo nucleo di ricerca. Inizialmente travaseremo nel Polo le esperienze e le ricerche portate avanti prima, per i nuovi progetti avremo bisogno di 30 ricercatori impegnati full time, quindi saremo a pieno regime nell’arco di un paio d’anni con le giuste risorse economiche, aggiungendo ogni anno 5-6 unità”.
Per i prodotti che vedranno la luce e incontreranno direttamente le aziende e le realtà dell’amministrazione pubblica, Mascioli precisa che “ce ne sono di tutti i generi, dalla bici a pedalata assistita al veicolo da trazione per l’agricoltura, dalle semplici auto alle vetture sportive e ai bus”. Il Polo di Cisterna avrà, infatti, anche il compito di smentire la diffusa convinzione che i veicoli elettrici siano soltanto quelli con poca velocità e dimensioni ridotte. “Quelle auto sono solo una ricaduta della ricerca tecnologica.– sottolinea il professore Mascioli - Adesso stiamo lavorando su veicoli che già esistono e che saranno portati a Cisterna come veicoli sportivi o 4x4 ibride o completamente elettriche”. Infine la spiegazione della scelta di Cisterna: “perché l’Università c’era già, con la facoltà distaccata di Ingegneria a Latina, con 1.200 studenti. Siamo stati dei pionieri. Abbiamo trovato la soluzione per i nostri laboratori a Cisterna dove il Comune ha investito, dandoci la possibilità di utilizzare Palazzo Caetani e dando i fondi per i laboratori e una struttura collegiale. Noi abbiamo iniziato, adesso ci sarà bisogno di una struttura manageriale più solida”.
di Daniela Mogavero (Fonte: Ruote per Aria)


     A cura di Fabio Bruno

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