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LA FAO PUNTA SULLE NUOVE BIOTECNOLOGIE

Probabilmente i cambiamenti climatici, già in corso, noceranno alle produzioni vitali di quello che una volta si chiamava Terzo mondo, ma anche i Paesi ricchi ed industrializzati potrebbero registrare cali di produzione. A dirlo è stato il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, nel suo intervento alla conferenza della fondazione di ricerca M.S. Swaminathan a Chennai (India).
“Il rendimento potenziale – ha spiegato Diouf - è suscettibile di aumentare alle latitudini più alte, a secondo delle colture, nel caso di un aumento medio delle temperature del pianeta da 1 a 3 gradi, può diminuire in seguito. Al contrario a più basse latitudini, in particolare nelle regioni tropicali, alle siccità stagionali probabilmente diminuirà, anche in presenza di leggeri aumenti di temperature, questo accentuerà il rischio della fame”.
L’aumento della frequenza di siccità ed inondazioni avrà ripercussioni negative sulla produzione locale, in particolare per l’agricoltura di sussistenza.
“L’agricoltura, che dipende dalla pioggia nelle zone marginali delle regioni semi-aride e sub-umide, è la più a rischio – ha spiegato il direttore Fao - l’India potrebbe perdere 125 milioni di tonnellate di cereali non irrigati, che sono equivalenti al 18 % della sua produzione”.
Intanto si fanno sempre più evidenti gli impatti del global warming sulle foreste e sulle popolazioni che dai boschi traggono sostegno, soprattutto con il moltiplicarsi degli incendi e delle malattie. Secondo Diouf, è necessario l’adattamento di un gran numero di ecosistemi al cambiamento climatico, anche dei sistemi agricoli come colture, allevamento e pascoli, foreste e aree boscose, acque continentali ed ecosistemi costieri marini.
Per la Fao la soluzione alla crisi alimentare, che sembra venire avanti, sono le nuove tecnologie di produzione agricola, ed entro i prossimi 30 anni si dovrà sviluppare una nuova e più rapida ‘rivoluzione verde’. “Lo sfruttamento di nuove biotecnologie – ha detto Diouf e soprattutto le colture in vitro, il trasferimento di embrioni e l’utilizzo di marcatori Adn, può completare gli approcci classici di selezione, accrescendo il livello di rendimento e l’efficacia di utilizzo degli input, riducendo i rischi e migliorando la qualità nutrizionale”.
Il direttore Fao ha sottolineato che la maggioranza delle piante Ogm oggi coltivate sono discusse per la loro tolleranza agli erbicidi e la resistenza ai parassiti, “ma le culture Ogm presentano tratti preziosi per gli agricoltori poveri, in particolare di fronte ai cambiamenti climatici, come la resistenza alla resistenza ed alla siccità, alle temperature estreme, all’acidità ed alla salinità dei suoli, non sono ancora una realtà. Io non mi stancherò mai di riaffermare la necessità di affrontare ugualmente i bisogni degli agricoltori poveri nelle zone pluviali e nelle terre marginali. Vigilare perché le nuove biotecnologie contribuiscano a questo scopo, tenendo completamente conto della biosicurezza, della socio-economia e dell’etica legata all’utilizzo di alcune di queste tecnologie, rappresenta una sfida per tutta la comunità scientifica”. (Fonte: greenreport)


ANGELA MERKEL IN GROENLANDIA CONTRO EFFETTO SERRA

La cancelliera tedesca, Angela Merkel, è partita per la Groenlandia per una visita di due giorni incentrata sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. Ad accompagnarla il ministro dell’Ambiente, Sigmar Gabriel. Gli scienziati e gli esperti considerano la più grande isola ghiacciata al mondo come una delle zone del pianeta più danneggiate dai cambiamenti climatici e uno dei luoghi in cui sono più accelerati gli effetti del riscaldamento globale, dato che, negli ultimi dieci anni, la temperatura del Paese è aumentata di 1,5 gradi. La Merkel ha incluso questa visita nell’agenda della presidenza tedesca del G8, che si è svolto nel maggio scorso, e nel programma del suo governo contro i cambiamenti climatici. Con questo viaggio la cancelliera vuole dimostrare, come ha spiegato il suo portavoce, Ulrich Wilhelm, “quale importante sfida sia per l’umanità sostenere la lotta contro il cambiamento del clima”. Ma l’opposizione critica la scelta della Merkel. Il presidente dei Verdi, Reinhard Bütikofer, ha definito la visita “pura propaganda” e meramente “simbolica”. Secondo l’ex cancelliere, Gerhard Schroeder, “più che gesti sono necessarie azioni decise”. (Fonte: AGI)


PER GLI USA, LA PROPOSTA DELL'UNIONE EUROPEA SULLE EMISSIONI DEGLI AEREI E'
"ILLEGALE E UNILATERALE"

Secondo il Dipartimento di Stato Usa la riduzione delle emissioni dei motori degli aerei “esige una cooperazione mondiale e la ricerca di soluzioni innovatrici piuttosto che l’imposizione di questo o quel piano”. Mentre quindi alcuni Paesi ed organizzazioni internazionali dell’aviazione hanno riconosciuto che occorre ridurre le emissioni climalteranti prodotte dai viaggi aerei, gli Usa sottolineano che “il settore dell’aviazione non rappresenta che il 3% delle emissioni globali di gas che sarebbero responsabili del riscaldamento climatico, contro il 33% della produzione di elettricità e il 21% per il settore dei trasporti in generale”. Tra il 2000 ed il 2006, in coincidenza con la crescita del traffico aereo, gli Stati Uniti sarebbero riusciti a ridurre i consumi di carburante dei motori a reazione, riducendo così anche le emissioni di gas serra di diverse tonnellate grazie al miglioramento della circolazione aerea, alla revisione dei metodi gestionali delle operazioni aeroportuali e ad innovazioni tecniche. A giugno la Faa, che regolamenta l’aviazione civile Usa, ha lanciato un’iniziativa per mettere a punto carburanti che producano meno emissioni.
L’Unione Europea ha invece proposto di inglobare l’aviazione nel suo programma generale di scambio di emissioni, includendo negli obblighi che ne derivano anche le compagnie aeree extraeuropee che effettuano viaggi verso il vecchio continente. Secondo il governo Usa, si tratta di un atto unilaterale che “suscita una controversia che rischia di frenare gli sforzi di cooperazione internazionale in questo campo”.
L’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale dell’Onu, incaricata di promuovere le norme e le buone pratiche in materia di aviazione, ha approvato il concetto di scambio di diritti di emissione, ma sotto riserva degli Stati coinvolti e gli Usa sottolineano che “l’Unione europea non ha sollecitato alcun consenso e si è esposta all’opposizione quasi universale dei paesi non europei che sarebbero colpiti da questa regolamentazione a partire dal 2012”.
Il ministro dei trasporti Usa, Mary Peters ha detto in Parlamento: “Abbiamo la ferma intenzione di respingere senza ambiguità la proposta dell’Unione europea”.
Anche perché, tra Usa ed Ue, sul dossier del programma di scambi di diritti di emissioni, le distanze restano notevoli e il governo americano giudica illegale ed unilaterale la decisione europea.
E allora il governo Bush si affida proprio ad un’organizzazione che di solito snobba, l’Onu, per trovare una soluzione nell’assemblea triennale dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale che si terrà a settembre, per discutere di ambiente e riduzioni di emissioni di gas serra, appoggiando l’idea del segretario generale dell’agenzia Onu, Taïeb Chérif, che ogni Stato membro dovrebbe scegliere le misure che gli sembrano più efficaci in funzione dei costi. Una cosa che non piace molto all’Ue che accusa l’Onu di muoversi troppo lentamente in questo settore.
Ma gli Usa accusano l’Europa di essere velleitaria, di voler imporre al resto del mondo le sue soluzioni e di non ridurre davvero le emissioni, mentre non è in grado di realizzare il “cielo unico europeo” senza frontiere che prevede economie per 4,5 miliardi di dollari e una riduzione del 12% delle emissioni. 
Gli Usa, così, si mettono alla testa della maggior parte delle grandi compagnie aeree, che si oppongono al Piano europeo perché comporterebbe un aumento del costo dei biglietti e delle spese in un settore, che già combatte contro il rialzo dei carburanti e per gli elevati costi della sicurezza. Secondo le compagnie aeree, le regole europee costerebbero alle imprese tra i 60 e i 90 miliardi di dollari tra il 2011 e il 2022 e ridurrebbero i loro guadagni di 55 miliardi di dollari. (Fonte: greenreport)


PECORARO (MINISTRO DELL'AMBIENTE): "SERVONO STRUMENTI DI ADATTAMENTO"

“Servono due tipi di interventi – ha detto il ministro - quelli strutturali, per abbattere le emissioni di CO2, promuovere le energie pulite e fonti rinnovabili come il sole, e l’efficienza energetica edilizia e mobilità sostenibile. Ma allo stesso tempo è necessario fronteggiare i cambiamenti climatici in atto: ecco perché abbiamo organizzato la grande conferenza nazionale del 12 e 13 settembre a Roma alla quale mi aspetto giungano strumenti di adattamento, per fronteggiare le situazioni, dare risposte ai cittadini che si trovano a vivere eventi climatici estremi”. Pecoraro ha ricordato che mai un anno aveva potuto vantare una tale serie di eventi climatici fuori delle norma come il 2007. Gennaio e aprile sono stati i più caldi dal 1880 ad oggi, con circa 1,5 gradi sopra la media. In maggio una serie di ondate anomale ha sommerso 68 isole nelle Maldive, mentre a Mosca si registravano 32,9 gradi e a Buenos Aires nevicava a luglio. E ancora: piogge e alluvioni in Inghilterra a maggio e luglio si sono verificate come non accadeva dal 1766. In Europa occidentale negli ultimi anni la durata delle ondate di calore estive è raddoppiata, mentre è triplicata la frequenza di giornate con caldo anomalo. E secondo gli studiosi l’Europa si deve preparare ad estati sempre più caldi con ondate di calore insopportabile lunghe fino a 10 giorni, mentre prima o poi tempeste e tornado e persino uragani causati dall’effetto serra colpiranno il Mediterraneo che non li aveva mai visti prima. Zone, una volta fredde, già oggi vantano un clima mite, mentre il Sud si desertifica.
“Nella situazione che stiamo vivendo – ha aggiunto il ministro - entrano in gioco anche altri, nuovi, elementi: bisogna essere pronti, prevedere con anticipo le condizioni metereologiche, ecco perché - afferma il ministro - acquistano un ruolo fondamentale la meteorologia e la capacità di prevedere gli eventi”. E poi tocca a noi cittadini impegnarci in prima persona: “Bisogna innescare meccanismi nuovi - spiega il ministro - tutti dobbiamo abituarci a comportamenti sostenibili e virtuosi perché tutti possiamo dare un contributo personale nella lotta ai cambiamenti climatici”. (Fonte: greenreport-estratto)


RDS E WWF SALVANO L'OASI DI VANZAGO

Porta in dote circa 85.000 euro la campagna lanciata da Rds e Wwf per l’oasi di Vanzago per salvare uno degli ultimi boschi di pianura contribuendo, contemporaneamente, a contrastare il cambiamento del clima. “Siamo particolarmente felici che un’iniziativa impegnativa come questa, partita con grandi aspettative, abbia avuto una così importante conclusione. L’esito va ben al di là delle nostre più rosee aspettative e non possiamo che confermare quanto l’affetto e la partecipazione dimostrata dai nostri ascoltatori sia stata determinante per questo grande risultato. La responsabilità sociale, d’altronde, è sempre stata parte integrante della nostra identità culturale. Abbiamo oggi raggiunto l’obiettivo che c’eravamo prefissati e nell’immediato futuro saremo ancora più impegnati su questo fronte. I nostri ascoltatori sono con noi e procederemo insieme sulla strada, che ci condurrà a realizzare azioni concrete per salvaguardare il nostro paese dai pericoli delle variazioni climatiche. Condividiamo con il nostro partner Wwf l’entusiasmo per gli ottimi risultati raggiunti e siamo certi che, dopo questo obiettivo, raggiungeremo felicemente anche quelli che ci daremo in seguito”, afferma Eduardo Montefusco, presidente di Rds. L’Oasi WWF di Vanzago, vicino a Milano, è uno degli ultimi lembi intatti di bosco di pianura in Italia, ma è in uno stato di grave sofferenza per l’inquinamento e i cambiamenti climatici. “Grazie agli amici di Rds stiamo cercando di trovare una prima soluzione: recuperare almeno un tassello di natura italiana, che sta soffrendo a causa dei cambiamenti climatici”, commenta Enzo Venini, presidente Wwf Italia. Sicuramente sarà necessario ripristinare molte piante autoctone, ridando al bosco l’aspetto originario che si sta perdendo a causa della presenza di specie arrivate da luoghi lontani, in seguito, sarà da verificare la salute delle singole piante, delle specie e dell’ecosistema nel suo complesso. Con lo studio attento del bosco che sarà realizzato nei prossimi mesi da tecnici competenti, si potranno capire nel dettaglio i problemi delle diverse aree e specie presenti, ipotizzando le soluzioni più adatte. “Dovremo piantare migliaia di nuovi alberi, per ampliare l’area boschiva di Vanzago e collegarla ai boschi vicini, cercando di favorire così l’adattamento del bosco ai mutamenti climatici creando una rete ecologica che funzioni proprio come la rete di internet, che quando salta un nodo gli altri lo sostituiscono e tutto continua a funzionare. Pensiamo a cosa accade quando c’è un incendio o la siccità o le alluvioni, con un sistema a rete le zone che si sono salvate da questi eventi diventeranno rifugio e passata l’emergenza ridaranno vita alle aree distrutte”, conclude. (Fonte: La Stampa.it)


WATER WORLD WEEK: "CAMBIAMENTO CLIMATICO, AUMENTO DELLA POPOLAZIONE E
URBANIZZAZIONE SONO UNA RICETTA PER
LA CATASTROFE"

La diciassettesima Water world week si è conclusa a Stoccolma proprio mentre nel subcontinente indiano le inondazioni proseguono portate da piogge incessanti ed in Pakistan, Nepal, India e Bangladesh sono già morte 2.800 persone, Dacca è in gran parte sommersa e 50 milioni di abitanti sono stati colpiti dalle peggiori alluvioni degli ultimi anni. Inondazioni devastanti sono avvenute anche in Nord Corea, Filippine, Sudan, e persino nel desertico Burkina Faso.
Anche per questo il direttore della settimana mondiale per l’acqua, Johan Kuylenstierna, ha detto ai 2.500 esperti riuniti a Stoccolma: “Dovremmo veramente insistere sul fatto che occorre farsi carico della dimensione climatica (durante la stesura di piani urbanistici), dotarsi di carte della vulnerabilità, sviluppare programmi di azione. La gestione dell’acqua è uno strumento importante per far fronte al cambiamento climatico. Se gestite correttamente l’acqua, vi preparate anche correttamente al cambiamento climatico”.
Il global warming ha, infatti, rappresentato il tema più discusso durante la Water world week, anche perché un altro problema sempre più drammaticamente evidente preoccupa scienziati e amministratori pubblici: circa l’80% della popolazione mondiale vive ormai in una fascia di meno di meno di 50 km dalle coste verso l’entroterra e l’Istituto internazionale dell’acqua di Stoccolma (Siwi) ricorda che “uno dei numerosi effetti del cambiamento climatico è l’innalzamento del livello del mare”. Secondo Kuylenstierna il genere umano è oggi di fronte alla duplice sfida della crescita della popolazione mondiale e del riscaldamento del pianeta: “Per esempio – ha detto all’Afp – se di qui a 100 anni il Bangladesh diminuisse di un quarto della sua popolazione attuale, se ci fosse un’inondazione, gli effetti sarebbero allora meno importanti che oggi. A questo si aggiunge ormai il cambiamento climatico”.
Un’opinione condivisa dal Siwi: “Il cambiamento climatico, combinato ad una popolazione che continua ad aumentare e all’espansione dei centri urbani, costituisce una ricetta per la catastrofe. Le città costiere potrebbero essere minacciate se non verranno prese subito misure di adattamento e diminuzione del riscaldamento climatico”.
Ed una delle possibili, e drastiche ma inevitabili, soluzioni che ci potremmo trovare di fronte sarebbe quella di spostare intere popolazioni e centri urbani oggi sulle coste e accanto al mare. “Sono regioni molto attraenti – spiega Kuylenstiernama potrebbe essere necessario accettare, alla fine, che non possiamo sempre operare contro la natura”. D’altronde, ormai anche numerose compagnie di assicurazione americane si rifiutano di assicurare alloggi che sono stati costruiti in zone considerate a rischio e se negli Usa e nelle isole francesi ed inglesi dei Caraibi sarà sempre più difficile ottenere risarcimenti in seguito ad uragani come ‘Dean’, che sta spazzato l’area proprio nei giorni del convegno, mentre per gli staterelli insulari, per il centro America e per il Messico il problema non si pone per la stragrande maggioranza di poveri che non sanno nemmeno cosa sia un’assicurazione si apprestano a ricostruire le loro baraccopoli macinate per l’ennesima volta dall’acqua e dal vento.
Ma nonostante questa presa di coscienza, come vediamo anche in Italia da fatti come quello dell’abusivismo nella costiera amalfitana e dalla villettopoli infinita che orla le nostre coste, è difficile cambiare i comportamenti della gente e dei responsabili politici, “il denaro e la pressione economica sono argomenti convincenti”, sottolinea il direttore della settimana mondiale per l’acqua. Ma mentre i Paesi ricchi possono contare su una popolazione ormai stabilizzata ed il problema sembra essere soprattutto la speculazione immobiliare (con gli effetti che vediamo anche sulle borse), in Paesi in via di sviluppo accelerato come India e Cina il processo di urbanizzazione pare incontenibile e si costruiscono nuove città satelliti per ospitare i milioni di poveri che si spostano dall’interno rurale verso le coste luccicanti di grattacieli e avvelenate dallo smog. Ma secondo Sunita Narain, direttrice del Centro per la scienza e l’ambiente in India, questo mutamento caotico può rappresentare “un’occasione d’integrare i possibili effetti del cambiamento climatico e di reinventare ‘nuovi modelli’  di città. Il cambiamento climatico significa che ci saranno sempre di più eventi imprevedibili, sempre più inondazioni. Occorre prevedere la gestione dell’acqua. Dobbiamo rendere le nostre città più resistenti di fronte al cambiamento climatico”. Mentre, secondo Narain, oggi la costruzione delle città è soprattutto incentrata sugli edifici, non sulla questione dell’acqua. (Fonte: greenreport)

   

 A cura di Fabio Bruno

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