|
Il bambino di
Beslan, 2004 |  |  | 
| Il
bambino del ghetto di Varsavia, 1943 USHMM, cortesia
dell' Istituto Pamieci Narodowej |  | Il
limite Esistono
dei limiti all'orrore? Verrebbe da dire di si, ma il secolo appena concluso ci
ha insegnato che i limiti umani e etici si possono superare, che l'orrore può
essere dietro l'angolo di conflitti quiescenti e dimenticati. Con il crollo
del Muro di Berlino aveva preso corpo una speranza, sembrava aprirsi un
periodo fondato sulla cooperazione, sul dialogo e sulla coscienza che l'interdipendenza
dei sistemi e delle relazioni - tra popoli, paesi, modelli di sviluppo - aveva
dato voce alle società civili di paesi all'est come all'ovest.
Non
poca di questa "onda" ha avuto il segno di Gorbaciov, per ciò
che rappresentava ma soprattutto per le decisioni che prese. Però, al mondo
bipolare si è andato sostituendo un mondo unipolare che è stato
animato dalla volontà di supremazia e potenza, non ha utilizzato gran parte
delle opportunità che si profilavano per un futuro maggiormente sostenibile. L'Europa
degli ultimi anni ha il corpo segnato da cicatrici profonde. I conflitti dei Balcani,
con la punta dell'assedio di Sarajevo, sono stati il banco di prova della
nostra quiescenza di cittadini europei.
Mentre procedeva il processo di
unificazione dei quindici stati membri dell'Unione, il dramma dell'accerchiamento,
delle bombe sui civili e dei cecchini che sparano sulla popolazione, schiacciava
una delle città storiche d'Europa a poche centinaia di chilometri dalle
nostre case. E che dire dell'Africa, dimenticata e preda di guerre civili
dimenticate, di piccoli e grandi genocidi. Oggi noi, i media e la nostra
politica, sembriamo abituati ai peggiori drammi e un'immagine di orrore scaccia
la precedente, lasciando nella memoria solo la frustrazione e l'autoesclusione
dalla partecipazione attiva alla vita civile del proprio paese. Per chi continua
a mantenere un impegno sociale e civile è imperativo analizzare le cause,
gli effetti dei conflitti armati e di ricercarne le soluzioni possibili. Ancor
più quando questi conflitti si manifestano in modo terrificante. Quando
si sceglie di colpire direttamente i bambini in una scuola, quando si sceglie
di essere così cattivi come ci dicono le testimonianze di quei piccoli
sopravvissuti non si difende nessuna causa, non si aspira a nessun ideale. Si
è scelto il martirio e la strage degli innocenti. Si è scelto di
non dialogare. Siamo profondamente colpiti da quanto successo e, vogliamo
fare un piccolo gesto. Ogni anno organizziamo, nel nostro paese e in altri 15
paesi in giro per il mondo, un concorso nelle scuole. Quest'anno prende
il via la tredicesima edizione, la vogliamo dedicare ai bambini di Beslan.
Vogliamo chiedere a tutti gli studenti che parteciperanno di farci pervenire messaggi
per i loro coetanei di Beslan, li invieremo loro attraverso la Green Cross Russia,
cercando di costruire un ponte fatto di disegni, parole e quant'altro possa far
sentire ai bambini di Beslan la vicinanza dei bambini italiani.
Mentre
scriviamo è in pieno svolgimento la vicenda delle due cooperanti italiane
rapite a Bagdad. Siamo vicini ai familiari di Simona Torretta, Simona
Pari, dei loro collaboratori iracheni e agli amici di Un Ponte per
ai quali ci lega una profonda stima e un lungo percorso comune. Speriamo che siano
messi presto in grado di proseguire la loro opera di assistenza e cooperazione
verso il popolo iracheno.
Domani, 11 settembre, è il terzo
anniversario dell'attentato al Word Trade Center di New York. Si tratta della
vicenda che, come una miccia, ha innescato, con le oltre tremila vittime alle
quali va il nostro pensiero, una lunga serie di conflitti che sono sfociati in
decine di migliaia di lutti in tutto il Pianeta. Questa data, a nostro parere,
deve diventare il simbolo del fatto che i conflitti non possono essere lasciati
a se stessi ma devono essere risolti attraverso il dialogo e la mediazione prima
che precipitino in una spirale di violenza. Elio
Pacilio Vice Presidente Esecutivo Green Cross
Italia
|