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Una vecchia industria nell'Ex Germania
Est |  | | Putin
sblocca Kyoto
La
Russia firma il protocollo di Kyoto avvia il processo per la limitazione dei gas
serra. Una decisione importante. La
ratifica russa del Protocollo di Kyoto, sembra essere certa dopo la decisione
del presidente Putin ed avrà conseguenze sia a livello internazionale sia
nel sistema economico europeo. L'approvazione della Duma farà scattare
l'entrata in vigore del Protocollo nei 120 Stati che l'hanno ratificato. Questo
significa che saranno messi in opera i meccanismi flessibili come: la compravendita
dei permessi di emissione tra le imprese dei paesi industrializzati (emission
trading) e la promozione di joint ventures per il trasferimento di tecnologie
pulite dall'Occidente all'ex blocco sovietico o ai paesi in via di sviluppo. La
partecipazione di Mosca, inoltre, renderà disponibili per il sistema di
"emission trading" i permessi di emissione russi, che si pensa possano
valere fino a 10 miliardi di dollari. Non
sono mancate le obiezioni interne alla Russia. Il consigliere economico presidenziale
Andrei Illarionov ha sottolineato che il passo è un atto politico destinato
a danneggiare gli interessi nazionali della Russia. "La ratifica del protocollo
di Kyoto - ha affermato Illarionov - non e' una decisione che prendiamo con piacere.
Nei prossimi anni dovremo minimizzare le conseguenze negative, e non potremo comunque
eliminarle del tutto. Il governo dovrà essere onesto nei confronti della
gente e spiegare che la ratifica toccherà i loro interessi". Positivo,
invece, nei confronti della decisione del governo è il capo del Servizio
federale per l'idrometeorologia e l'ambiente Aleksandr Bedritski, secondo il quale:
"La Russia non perderà nel ratificare il protocollo. Ma dovrà
adottare strategie originali, come vendere le sue partecipazioni nella produzione
dei gas serra". In seguito alla crisi dell'industria pesante, la Russia
ha visto la proprie emissioni di gas-serra precipitare del 25% sotto i livelli
del 1990 e possiede molti "crediti di Co2" da immettere sul mercato
dei gas serra. Nell'Ue,
la compravendita delle emissioni comincerà all'inizio di gennaio. Il sistema
comunitario interno di "emission trading", infatti, è stato approvato
e scatta indipendentemente dall'entrata in vigore di Kyoto. Secondo fonti informali
comunitarie, 8 Stati membri su 25 hanno già avuto l'approvazione della
Commissione per i loro "piani nazionali di allocazione delle emissioni",
che sono indispensabili per poter entrare nel sistema di compravendita dei permessi.
Altri 8 piani nazionali saranno approvati fra due settimane, mentre per altri
quattro (tra cui quello italiano) la Commissione ha chiesto chiarimenti o modifiche.
Sono solo 5 i paesi (Grecia, Cipro, Malta, Ungheria e Repubblica Ceca) che non
hanno ancora presentato i piani di allocazione delle emissioni a Bruxelles, nonostante
la scadenza fosse al 31 marzo e al maggio. Nei
cinque paesi inadempienti e nei quattro paesi ancora sotto esame (Italia, Spagna,
Lituania e Polonia) le imprese rischiano di non poter partecipare al sistema di
"emission trading". L'entrata in ritardo di uno Stato membro nel sistema
delle "emission trading", infatti, potrebbe costare parecchio alle imprese
che hanno bisogno di comprare dei permessi di emissione per essere in regola.
Si calcola che il prezzo attuale, per il permesso di emettere una tonnellata di
CO2, sia tra i 7 e 9 euro, ma una volta che il sistema sarà in funzione
potrebbe salire rapidamente a 10 euro e oltre. Due le conseguenze per i paesi
ritardatari: innanzitutto, le imprese nazionali, costrette a comprare permessi
più cari, potrebbero chiedere i danni allo Stato (secondo quanto stabilito
dalla giurisprudenza della Corte Ue in caso di inapplicazione del diritto comunitario);
in secondo luogo, in caso di non rispetto degli impegni nazionali di riduzione
(8% per l'Ue, 6,5% per l'Italia) nel 2008 gli Stati membri dovranno pagare a Bruxelles
multe elevate, pari a 40 euro per tonnelata di CO2 "illegale", molto
di più di quel che costerebbero i permessi di emissione necessari alle
imprese inadempienti per rimettersi in regola. Questo vale per quel che riguarda
le sanzioni comunitarie, mentre non è ancora stato deciso quali saranno
le sanzioni contro i paesi inadempienti al livello internazionale, nel sistema
del Protocollo di Kyoto. A
livello globale, la ratifica russa rimette in moto il processo cominciato con
la Convenzione sui cambiamenti climatici, che fu firmata a Rio de Janeiro nel
1992, e continuato con l'approvazione del Protocollo di Kyoto, nel 1997, e con
le nove Conferenze della Parti della Convenzione, che si sono succedute da quell'anno.
Si tratta di un processo che era in fase di stallo, dopo il blocco americano del
2001. Dopo la decisione della Duma, la Russia dovrà depositare gli
strumenti della ratifica alle Nazioni Unite a New York, e 90 giorni dopo Kyoto
entrerà in vigore. La prospettiva certa dell'entrata in vigore del Protocollo
consentirà l'avvio, del negoziato sul "secondo periodo", quello
il cui obiettivo è la riduzione del 5,2% delle emissioni in una trentina
di paesi industrializzati. Dopo il 2012, le riduzioni dei gas-serra dovranno essere
molto più drastiche e coinvolgere anche i paesi in via di sviluppo, a cominciare
da Cina e India, finora escluse dagli impegni di tagliare le emissioni. Nei prossimi
mesi si capirà se gli Stati Uniti, responsabili di un terzo delle emissioni
di gas-serra del Pianeta, continueranno a non impegnarsi nello sforzo globale
di Kyoto. La risposta a questa questione dipenderà anche da chi sarà
l'inquilino di Washington nei prossimi quattro anni.
Sergio
Ferraris
Il protocollo di
Kyoto Convenzione quadro delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici. Per la riduzione dei gas di serra Il protocollo
di Kyoto (11 dicembre 1977)
La
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