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Dalla
biodiversità alla sicurezza alimentare
L'eccessivo sfruttamento ha già comportato
il degrado del 20% degli "ecosistemi aridi"
(da tenere presente che essi rappresentano il
47% delle terre emerse) con conseguente desertificazione
e ha messo in pericolo 2.311 specie (senza contare
i costi dovuti all'aumento delle tensioni sociali,
economiche e politiche).
L'International Day è un momento di riflessione
per far aumentare la consapevolezza dei cittadini,
dei governi, delle industrie, delle associazioni
rispetto all'urgenza di azioni concrete volte
a difendere il patrimonio naturale dell'umanità.
L'obiettivo delle Nazioni Unite è quello
di eliminare le condizioni che conducono alla
riduzione della biodiversità entro il 2010,
ma gli anni passano inesorabili, il giorno fatidico
si avvicina, e la situazione non sembra migliorare.
Piuttosto che assecondare semplicemente appelli
che spesso cadono nel vuoto, Verdi Ambiente e
Società (VAS) ha voluto contribuire a questo
appuntamento aprendo una discussione sulle cause
stesse della riduzione della biodiversità:
sfruttamento monopolistico, decontestualizzazione
delle varietà dai propri ambienti, ritardi
nella regolamentazione per la sua tutela .
Perciò, in concomitanza con la giornata
mondiale indetta dall'ONU, VAS ha proposto una
giornata nazionale della campagna Mangiasano per
la sicurezza alimentare (21 maggio). In circa
trenta piazze italiane i Circoli VAS hanno organizzato,
con l'adesione di Cia, Aiab e Federconsumatori,
attività (bio-mercatini, convegni, distribuzione
di materiale informativo, eventi culturali) che
hanno al centro il tema della biodiversità
agricola, dell'agricoltura biologica, dei problemi
legati all'uso dei pesticidi e degli Organismi
Geneticamente Modificati (OGM).
Ma cosa c'entra la biodiversità con la
sicurezza alimentare?
A monte del tema della sicurezza alimentare viene
generalmente posta la tutela dei diritti dei consumatori,
dall'etichettatura, all'igiene degli alimenti,
alla protezione dalle sofisticazioni dei prodotti
alimentari. Tale declinazione è senza dubbio
condivisibile, ma rischia, se non è accompagnata
da un ragionamento più ampio, di ridurre
il problema a un'azione di controllo e di monitoraggio
delle varie fasi della produzione e della distribuzione
del cibo. Secondo la nostra esperienza è
necessario, invece, andare oltre la semplice definizione
di sicurezza alimentare per individuare tutte
le problematiche connesse al "mangiare sano".
In questo percorso è apparsa chiara la
relazione che intercorre tra la sicurezza alimentare
e la biodiversità.
Innanzitutto entrambe sono fortemente minacciate
dal modello dell'agricoltura produttivista, predominante
nella società occidentale, che, riducendo
la produzione di cibo ad un semplice segmento
della produzione agro-industriale, l'ha decontestualizzata
dall'ambiente naturale e l'ha resa sempre più
dipendente da input esterni (pochissime varietà
di sementi, sostanze chimiche, macchine agricole).
La riduzione della biodiversità, il peggioramento
della qualità del cibo, la diminuzione
della manodopera agricola, la perdita di fertilità
dei suoli (erosione, salinizzazione e desertificazione)
l'inquinamento delle falde acquifere, la dipendenza
da una fonte non rinnovabile come il petrolio,
sono solo alcune delle conseguenze di questo modello
insostenibile. L'industrializzazione dei sistemi
agricoli e alimentari ha comportato, in nome di
un vantaggio economico nel breve periodo, una
certa dose di rischio per l'ambiente e la salute:
"lottare con la natura" per dominarla
(ad esempio nutrendo le mucche con farine animali,
modificando geneticamente le sementi, usando antibiotici,
erbicidi, insetticidi ecc) è stato considerato
più facile, veloce e conveniente economicamente
che tentare di rispettare i suoi equilibri, risorse,
tempi e stagioni.
VAS ritiene, invece, che solamente una produzione
agricola che utilizza varietà adatte e
adattate ad un contesto specifico, che rivendica
il valore delle conoscenze tradizionali agricole
e gastronomiche, che è integrata in un
ambiente culturale e colturale determinato può
garantire un prezzo equo per i produttori e un
cibo sano per i consumatori.
In poche parole è la biodiversità
che garantisce il futuro della produzione agricola
e la sicurezza alimentare, al Nord come al Sud.
E viceversa, la disponibilità di cibo sano
nei nostri negozi, nelle mense e sulle tavole
dei paesi poveri suppone e richiede un ruolo fondamentale
per le varietà locali, gli habitat selvatici
e la diversità di specie che costituiscono
la biodiversità
Per questo motivo, se la sua progressiva riduzione
ci preoccupa, ancor più ci spaventa la
sua attuale gestione monopolistica (che peraltro
concorre alla sua riduzione).
Infatti, la biodiversità è diventata,
negli ultimi decenni, materia prima dei processi
biotecnologici e in quanto tale, attraverso la
regolamentazione brevettuale, è diventata
proprietà privata di un manipolo di aziende
e di Paesi. Questi ultimi determinano, sulla base
dei loro profitti, le nuove politiche agricole
e il futuro regime alimentare. Non è un
caso, quindi, che gli Organismi Geneticamente
Modificati (OGM), chimere tecnologiche in cui
vengono inserite "le informazioni genetiche
brevettate", sono stati esportati in molti
Paesi come una necessità inevitabile per
risolvere problemi sociali, sanitari, ambientali,
economici (vedi articolo "I celiaci mangiano
sano?) o sono stati imposti dalle regole del libero
mercato globale (il WTO ha recentemente condannato
l'Europa perchè ancora restìa ad
aprirsi completamente alla commercializzazione
e coltivazione di OGM).
Nel sistema post-industriale basato sulla conoscenza
e sui diritti di proprietà intellettuale,
che considera la biodiversità il nuovo
"oro nero", le risorse genetiche non
possono più essere scambiate liberamente,
l'evoluzione delle specie si sposta dal campo
al laboratorio di ricerca e le comunità
locali, assieme agli agricoltori che avevano contribuito
a migliorarle e conservarle vengono privati dei
diritti di scmbio e libero accesso, mentre i titolari
dei brevetti acquisiscono un'ampia facoltà
decisionale circa il genere di alimenti da immettere
sui mercati mondiali.
Il fatto poi che siano le principali aziende agrochimiche
(Bayer, Syngenta, Basf, Dow, Monsanto, Dupont)
ad avere il controllo del settore sementiero non
ci fa ben sperare circa il nostro futuro alimentare:
attualmente la maggior parte degli Ogm commercializzati
sono associati all'utilizzo di una sostanza chimica
(si pensi che l'80% sono stati modificati per
essere resistenti agli erbicidi).
E' chiaro, quindi, che il "mangiare sano"
è connesso strettamente non solo alla disponibilità
di cibo sano e igienicamente controllato (diritto
del consumatore), ma anche e soprattutto al "produrre
sano" (modello agro-ecologico), all'accesso
alla biodiversità (diritti di proprietà)
e ad "eque" regole internazionali.
Simona Capogna, responsabile
Biosicurezza Verdi Ambiente e Società
(VAS)
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info |
Il
22 maggio 2006 ricorre la giornata
mondiale della Biodiversità
proclamata dalle Nazioni Unite.
Non si tratta di una "festa"
mondiale in cui celebrare semplicemente
il valore della diversità biologica
ma piuttosto è l'occasione
per rimarcare il problema della sua
progressiva riduzione.
Non
a caso la giornata è dedicata
alle zone aride (terre semiaride,
mediterranee, steppe), ecosistemi
molto fragili la cui esistenza è
messa in pericolo oltre che da condizioni
ambientali difficili, da attività
umane eco-insostenibili. |
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