Ricerca e sviluppo:
una necessità per l'Europa
Le
difficoltà in cui versa la ricerca scientifica,
nel nostro Paese e in Europa, sono cosa nota. Egualmente
condivisa è l'analisi della centralità della
stessa come strategica in ogni Paese, per lo sviluppo economico
e sociale, per la capacità di avere un ruolo sulla
scena internazionale, per la qualità della vita e
la sostenibilità delle attività umane.
Abbiamo già evidenziato come in Italia esistano punti
di eccellenza significativi, iniziative promettenti.
I ricercatori italiani, anche a conferma di ciò,
sono bravissimi. Il numero delle citazioni dei lavori scientifici
ricevute da altri - misurate attraverso il numero di ricercatori
- posizionano il nostro Paese al settimo posto, addirittura
prima degli Usa, considerata la Mecca della ricerca..
I dati negativi cominciano da altri indicatori.
La percentuale di Pil dedicato alla ricerca e sviluppo è
calata drasticamente in questi ultimi anni. Oggi la spesa
italiana è dell'1,07% del Pil, contro una
media Ue già non troppo brillante del 1,93%, mentre
ben altre sono le percentuali di altri paesi al di fuori
del vecchio
continente.
Usa e Giappone nel 2003 hanno speso rispettivamente il 2,59%
e il 3,15% del Pil.
Altro dato negativo è la quantità di ricercatori.
In Italia 3 ogni 1000 lavoratori, in Giappone 9, negli Usa
8 e la media della Unione europea è di 6.
Nel terzo millennio la ricerca non vive più solo
di intuizioni brillanti, delle "botteghe" di Galileo
o di Copernico. Oggi la ricerca è fondata sulla dimensione,
sulla massa critica e in questa c'è anche la quantità
di ricercatori. Nei nostri tempi la quantità di informazioni,
la rete di relazioni e la multidsciplinarità , le
comunicazioni veloci e quotidiane, la condivisione dei mezzi
e dei risultati, che solo grandi Istituti possono assicurare,
sono tutti fattori di successo.
Se si vuole veramente affrontare nel prossimo futuro la
questione ricerca, è necessario promuovere una politica
verso la ricerca come chiesto da grandi parti del mondo
scientifico del nostro paese. Senza complessi, neanche verso
l'Europa che possiede anch'essa nel suo complesso aree di
forte sofferenza. Per esempio l'obiettivo del 3% di Pil
in ricerca e sviluppo entro il 2010, mentre dopo cinque
anni siamo all' 1,93%, lo stesso livello del 2000.
Queste difficoltà sono state confermate oggettivamente
dal commissario Ue alla ricerca Janez Potocnik, che ha presentato
in questi giorni il rapporto "Dati-chiave 2005 su scienza
tecnologia e innovazione".
Però, per tratteggiare gli assi di lavoro,
Potocnik ha indicato come fattori vincenti delle nuove economie
"Un triangolo ai cui vertici ci sono l'informatica,
le biotecnologie e le nanotecnologie. E solo chi la produce,
quella conoscenza, può entrare in questo triangolo
e competere nei settori strategici dell'hi-tech, dove il
valore aggiunto del sapere è di gran lunga superiore
al costo del lavoro e al costo delle materie prime".
Non bisogna credere al fatto che la ricerca e sviluppo in
questi settori abbia delle conseguenze solo sull'aspetto
più strettamente economico. Questi tre settori sono
importantissimi anche per la sostenibilità ambientale.
Le tecnologie informatiche entrano a pieno titolo in tutti
i processi di gestione legati all'indagine, alla tutela
e alla pianificazione ambientale; le biotecnologie offrono,
se utilizzate con attenzione, uno scenario nel quale ci
si possono aspettare radicali cambiamenti sul fronte del
miglioramento delle condizioni e delle aspettative di vita;
mentre le nanotecnologie aprono prospettive interessanti
su molte tecnologie verdi come quelle legate alle energie
rinnovabili.
Cosa fare dunque? La Francia recentemente ha stipulato un
nuovo contratto con i suoi ricercatori e creato l'Agenzia
Nazionale per la Ricerca. Finanziata con ingenti risorse,
con il compito di coordinare le ricerche del paese, quelle
delle imprese e quelle delle università e dei laboratori
di ricerca. Non solo, dovrà attirare più studenti
verso le facoltà scientifiche e sviluppare un sistema
di regole e incentivi per la selezionare capacità
e talenti.
Può essere una traccia da seguire in Italia e in
Europa?
Noi, in accordo con il Gruppo 2003, scienziati impegnati
a produrre un forte scossone nel mondo della ricerca, chiediamo
anche l'opzione dell'8 per mille e la defiscalizzazione
delle donazioni indirizzate alla ricerca, l'abolizione dei
concorsi universitari per il reclutamento e l'abolizione
del valore legale del titolo di studio; l'apertura ai ricercatori
stranieri. La valutazione dei ricercatori e delle ricerche
secondo modelli meritocratici.
E' una strada terribilmente in salita, ma altrettanto
terribilmente obbligata.
Elio Pacilio
Vice Presidente Esecutivo Green Cross
Italia
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