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Pannelli fotovoltaici
su un tetto di un edificio.
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Il
fuoco d'oro
Giorgio
Nebbia
nebbia@quipo.it
Alla
fine della seconda guerra mondiale, nel 1945,
un mondo disastrato da distruzioni, morti, sofferenze
si trovò di fronte alla necessità
della ricostruzione: anche i paesi vincitori,
in grado maggiore Inghilterra e Unione sovietica,
ma anche gli stessi Stati uniti, dovevano pensare
al proprio futuro: d'altra parte lo sforzo bellico
aveva messo a disposizione strumenti tecnico-scientifici
poco prima impensabili, dalle materie plastiche,
alla benzina sintetica, a nuovi veicoli e aerei,
a nuove fonti di energia.
Gli studiosi che avevano lavorato alla costruzione
della bomba atomica avevano intuito che l'energia
nucleare si sarebbe affiancata al petrolio
e al carbone; Fermi in una celebre conferenza
tenuta già al suo arrivo negli Stati
uniti nel 1939 aveva detto che le forze liberate
dalla fissione del nucleo atomico avrebbero
potuto muovere navi e alimentare centrali elettriche.
Proprio davanti a questa svolta, negli Stati
uniti l'amministrazione Truman affidò
ad una commissione presieduta da William Paley
una indagine sulle risorse per il futuro dell'America;
furono pubblicati, nel 1952, cinque volumi (oggi
ormai rarissimi), uno dei quali trattava il
futuro delle fonti di energia. Curiosamente
in tale documento poche speranze erano riposte
nell'energia nucleare a fini commerciali e più
speranze erano invece riposte nelle fonti energetiche
rinnovabili: sole, vento, moto ondoso.
Tanto che alcuni studiosi cominciarono a passare
in rassegna quanto era noto su tali fonti energetiche
e decisero di indire una conferenza internazionale
sull'energia solare nel 1955 a Phoenix, in Arizona.
Apparve così non solo che le ricerche
sull'uso dell'energia solare erano già
state numerosissime, ma che erano disponibili
i fondamenti tecnici per un uso su larga scala
di tale fonte; quasi tutti i problemi erano
stati esaminati e risolti e si sapeva come ottenere,
con l'energia del Sole, calore a bassa
e alta temperatura, come riscaldare edifici
e distillare l'acqua del mare, come cuocere
gli alimenti, come azionare macchine per far
funzionare frigoriferi e pompe e centrali elettriche.
L'unica soluzione "nuova" sarebbe
venuta nel 1955 con la costruzione su scala
industriale delle celle fotovoltaiche, i dispositivi
che trasformano direttamente la radiazione solare
in elettricità.
Un inventario fatto dalla Associazione per le
applicazioni dell'energia solare nel
1955 elenca centinaia di laboratori attivi nel
mondo (sette anche in Italia, fra cui l'Istituto
di Merceologia dell'Università di Bari)
e migliaia di articoli; la conferenza di Phoenix
--- e la costituzione della Solar Energy Society
(oggi International Solar Energy Society) che
celebra kin questo 2005 i 50 anni dalla sua
fondazione --- furono di stimolo a nuove ricerche,
ma gli anni sessanta del secolo scorso, con
il petrolio a basso prezzo, scoraggiarono ben
presto le attività nel campo dell'energia
solare. Di un libro ("L'energia solare
e le sue applicazioni") che scrissi col
prof. Righini e che fu pubblicato da Feltrinelli
nel 1966, furono vendute poche decine di copie.
Non interessava nessuno.
La nuova svolta ci sarebbe stata dopo la crisi
petrolifera del 1973 quando l'aumento, per
dieci anni, del prezzo del petrolio spinse imprese
e governi a guardare di nuovo al Sole, anche
se purtroppo ciò avvenne spesso in maniera
avventurosa e affrettata. Ci sono ancora edifici
che portano sul tetto pannelli solari abbandonati
e che forse non hanno mai funzionato, figli
della breve moda solare degli anni settanta
del Novecento.
La "normalizzazione" dei prezzi del
mercato petrolifero ha fatto morire la maggior
parte dell'interesse scientifico e produttivo
per l'energia solare: c'è ancora un futuro
economico e produttivo per dispositivi che consentono
di utilizzare l'energia irraggiata dal Sole
al servizio dei bisogni umani ?
Cominciamo a cercare una risposta ad alcune
domande fondamentali: quanta energia i Sole
irraggia verso la Terra ? quanta arriva sui
continenti ? in quale forma l'energia solare
può sostituire quella ottenuta dai combustibili
fossili o dall'atomo ? come si pone l'energia
solare in relazione alla crescente attenzione
per i problemi ambientali ?
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Un particolare
di una centrale solare ad alta temperatura.
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La
quantità di energia solare che raggiunge
i continenti in un anno ammonta a un milione
di esajoule, cioè ad un numero di joule
uguale a 1 seguito da ventiquattro zeri (1.000.000
x 1018 joule); a titolo di confronto si può
ricordare che il consumo totale di fonti di
energia nel mondo ammonta nel 2003 a circa 400
esajoule all'anno; l'energia solare disponibile
sui continenti è quindi 2.500 volte superiore
a tutta l'energia che i terrestri traggono dai
pozzi petroliferi o di gas naturale o dalle
miniere di carbone o dalle centrali nucleari
o idroelettriche. (Qualche dato sui consumi
energetici attuali e sulle previsioni al 2025
si trovano nel libro "Le merci e i valori",
Milano, Jacabook, 2002).
Le stime più ottimistiche indicano che
il petrolio che si trova ancora nelle riserve
utilizzabili ammonta a circa 150 miliardi di
tonnellate che hanno un "contenuto energetico"
di circa 6.000 esajoule; più o meno lo
stesso è il "contenuto energetico"
delle riserve mondiali di gas naturale. 12 o
15 o anche 20 mila esajoule --- tutta l'energia
esistente "dentro" gli idrocarburi
che ancora sono nascosti nel sottosuolo della
Terra --- rappresentano una piccola frazione
dell'energia (un milione di esajoule, come si
ricordava prima) che il Sole fa arrivare ogni
anno sui continenti.
Purtroppo questa enorme quantità di energia
è scomoda da utilizzare con le tecniche
attuali. Le macchine che forniscono energia
oggi alle città e nelle fabbriche sono
state progettate e costruite contando sulla
disponibilità di fonti di energia ricche
e concentrate, mentre l'energia solare è
dispersa su grandi superfici e il suo "approvvigionamento"
dipende dalle ore del giorno, dalle stagioni,
dalla località geografica, dai capricci
del clima. Solo per fare un esempio, l'energia
fornita da un litro di benzina (circa 32 milioni
di joule) corrisponde all'energia che il Sole
irraggia in un giorno d'estate, ma soltanto
dalle sei di mattina alle otto di sera, su 2
metri quadrati della superficie dell'Italia;
d'inverno su 20 metri quadrati della stessa
zona. Ma se si volesse trasformare l'energia
della radiazione solare in una forza motrice
per un'automobile occorrerebbero superfici circa
dieci volte superiori.
Delle due l'una: o l'energia solare è
una fonte energetica "sbagliata"
per far funzionare un'automobile, o le attuali
automobili sono "sbagliate" per un'era
in cui il petrolio comincerà a scarseggiare
e in cui si dovrà ricorrere all'energia
solare. Ho scelto proprio il caso estremo, l'automobile,
per dimostrare quanta strada occorra fare per
i decenni che ci aspettano (ai ritmi attuali
di consumi petroliferi, circa 4 miliardi di
tonnellate all'anno, cioè circa 16 EJ/anno,
le riserve petrolifere prima ricordate, circa
150 miliardi di tonnellate, sono sufficienti
per meno di quarant'anni).
Ma prendiamo un caso più facile, quello
dell'elettricità: nelle abitazioni
dei paesi industriali oggi l'elettricità
arriva da centinaia di chilometri di distanza,
generata in grandi centrali termoelettriche
alimentate da petrolio o carbone; se cambiano
le condizioni del mercato dell'energia (in altre
parole, se il petrolio diventerà più
scarso e costoso) bisognerà per forza
fornire elettricità alle abitazioni,
per l'illuminazione, per i televisori e i computer,
con sistemi fotovoltaici solari che sono capaci
di trasformare la radiazione solare in elettricità
direttamente, con una produzione di circa 100
chilowattore all'anno per ogni metro quadrato
di superficie e che sono già una realtà
commerciale.
E qui si cade nella trappola del costo monetario;
se si analizza il costo di produzione dell'elettricità
solare confrontandolo con quelli dell'elettricità
ottenuta dal petrolio o dal carbone, si vede
che quella solare è più costosa,
adesso. Ma ho apposta sottolineato "adesso"
perché i bassi prezzi attuali delle fonti
energetiche fossili non sono destinati a durare
a lungo. Non a caso negli Stati uniti, che oggi
sono costretti ad importare il 60 per cento
del petrolio che consumano (da qui il loro morboso
interesse politico e militare per le zone petrolifere
del mondo), il governo da anni incentiva la
produzione di energia dal Sole o dal vento,
compensando con pubblico denaro l'"attuale"
maggiore costo di queste fonti, in vista di
quando il petrolio costerà tanto più
rispetto ad oggi. Nel 2000 il governo americano
ha lanciato l'iniziativa "un milione di
tetti solari", per indurre i proprietari
di case a installare sul tetto pannelli fotovoltaici
per produrre, ciascuno per proprio conto, l'elettricità
necessaria, facendo così diminuire i
consumi petroliferi delle grandi centrali termoelettriche.
In un confronto fra costi e benefici va tenuto
presente che la svolta dalle fonti fossili (petrolio,
gas e carbone) a quelle rinnovabili (Sole e
vento) spinge a innovazioni tecnico-scientifiche
e porta la creazione di nuove attività
produttive e che il ricorso alle fonti energetiche
rinnovabili permette di evitare i costi delle
nocività ambientali dovute all'uso delle
fonti fossili: inquinamento dell'aria nelle
città, modificazioni climatiche, inquinamento
del mare nelle operazioni di trasporto e movimentazione
del petrolio. Nessuno sa (o vuole) misurare
il costo monetario delle malattie dovute all'inquinamento,
delle frane e alluvioni che derivano dai mutamenti
climatici. Si tratta di fare non dell'ecologismo
di moda, ma delle serie analisi economiche degli
effetti della transizione dalle attuali alle
future, rinnovabili, fonti di energia.
Finora ho però parlato di problemi relativi
a quella minoranza dei terrestri (1.500 milioni
di persone) che abitano nei paesi industrializzati;
ci sono però altri 4.500 milioni di persone
che vivono nei paesi arretrati e che sono, in
gran parte, privi del tutto di energia o di
elettricità. Che vivono in paesi nei
quali l'intensità della radiazione solare,
nel corso dell'anno, è maggiore rispetto
ai paesi a clima temperato, come sono quelli
oggi industrializzati.
Sarebbe bene rileggere le numerose pubblicazioni
dedicate alle prospettive dell'uso delle energie
rinnovabili al servizio degli abitanti dei paesi
arretrati, le realizzazioni dei numerosi centri
mondiali che si dedicano alle tecnologie intermedie
per lo sviluppo. Bisogna partire dalla conoscenza
delle condizioni in cui vivono centinaia di
milioni di persone, spesso in villaggi isolati;
poi dalla conoscenza dei loro bisogni energetici
elementari, del tutto diversi dai nostri. Mentre
enormi investimenti, nei paesi industriali,
sono dedicati a telefoni cellulari sempre più
sofisticati e gettati via dopo pochi mesi, a
apparecchiature elettriche spesso frivole e
inutili, la sopravvivenza di molte imprese industriali
potrebbe essere assicurata da una svolta radicale
e innovativa verso la produzione di dispositivi
semplici, efficienti, che richiedono la minima
manutenzione, capaci di fornire energia per
frigoriferi (la conservazione di medicinali
e alimenti può salvare milioni di vite
ogni anno), per strumenti di telecomunicazione
che informino sulle condizioni meteorologiche
e sulle pratiche agricole, che forniscano informazioni
sanitarie e una educazione di base ai ragazzi,
per macchinari che siano capaci di depurare
le acque inquinate e di sollevare acqua dai
pozzi, che siano capaci di assicurare la mobilità
delle persone e il trasporto di prodotti agricoli,
eccetera.
Tutte queste necessità "elementari",
così diverse da quelle frivole offerte
dalla pubblicità da noi, possono essere
soddisfatte mediante un uso appropriato dell'energia
solare. Si tratta però di ricominciare
da capo, di riesaminare criticamente quanto
si è fatto finora, di inventare nuovi
dispositivi in grado di essere compresi e assimilati
da comunità ancora tecnicamente arretrate.
Ci sarebbe lavoro per decine di ricercatori
e inventori e imprenditori dei paesi industriali
che fossero capaci di operare con attenzione
per i paesi emergenti; il trasferimento nel
Sud del mondo delle nostre merci e delle nostre
apparecchiature è destinato all'insuccesso.
Il successo economico delle imprese del Nord
del mondo può venire invece dalla progettazione
di nuovi oggetti ispirati ai bisogni dei destinatari,
più che dallo smaltimento delle nostre
eccedenze produttive. Dalla progettazione di
cose che possano essere prodotte sul posto,
con materie disponibili nei paesi arretrati,
che richiedano la minima manutenzione e che
nello stesso tempo diventino occasioni di "educazione
tecnica" degli abitanti dei villaggi nelle
foreste, nelle savane.
Giacomo Ciamician, professore di chimica dell'Università
di Bologna, in una conferenza tenuta negli Stati
Uniti nel 1912 (avete letto bene, quasi un secolo
fa) disse che con l'energia solare "i
paesi tropicali verrebbero ad ospitare di nuovo
la civiltà che in questo modo tornerebbe
ai suoi luoghi di origine". E' proprio
questa la strada da battere per far sì
che il Sole possa diventare occasione di incontri
di civiltà e possa contribuire ad attenuare
gli attuali e futuri conflitti politici e anche
ecologici associati all'uso dalle fonti energetiche
attuali.
Giorgio Nebbia
nebbia@quipo.it
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