Biomasse per la sostenibilità
Esiste
una forma di energia rinnovabile che è spesso
minimizzata e non possiede la stessa ribalta mediatica dell'eolico
e del fotovoltaico. È l'energia da biomasse.
Si tratta di una sottovalutazione che non trova ragioni sia
nell'aspetto tecnologico, sia in quello sociale. L'energia
da biomasse, infatti, ha delle grandi potenzialità
sia nel nord, sia nel sud del mondo. Necessita di una tecnologia
semplice, replicabile e che ha delle caratteristiche sottovalutate,
anche in Europa. È di qualche giorno fa, infatti, il
rapporto su questa fonte rinnovabile che ha prodotto Itabia
(Associatione Italiana Biomasse), nel quale si registra un
sostanziale stallo del vecchio continente su questo fronte.
Nel documento si legge che la penetrazione delle biomasse
sul mercato energetico procede con lentezza e che difficilmente
sarà raggiunto l'obiettivo che l'Europa stessa si è
posta per il 2012.
La causa di ciò è da ricercarsi nell'eccessiva
frammentazione del mercato legato alle biomasse. Si tratta
di un aspetto da non sottovalutare specialmente se si guarda
a una prospettiva di medio periodo. Le rinnovabili per svilupparsi
necessitano di un quadro energetico distribuito e delocalizzato.
Anche per le biomasse è necessario approfondire analisi
e formulare proposte per arrivare ad una politica energetica
che stimoli concretamente gli operatori. Questi devono essere
facilitati nel passaggio da una situazione frammentata, chiusa
e di corto respiro ad uno schema aperto, di scambio, di cooperazione.
In sostanza come si ricomincia a sentir dire sempre
più di frequente a fare sistema, disegnando tutta
la filiera.
Secondo il rapporto Itabia, l'Italia potrebbe riconvertire
nel breve periodo circa un milione di ettari di terreni alle
colture energetiche. Ciò garantirebbe una produzione
annua di circa 10 milioni di tonnellate di biomasse, equivalenti
a un potenziale energetico pari a 4 Mtep/anno. A questa produzione
si potrebbero aggiungere la gestione sostenibile dei boschi
(4 Mtep/anno), l'utilizzo di residui agricoli (7 Mtep/anno)
e lo sfruttamento dei rifiuti biodegradabili (8 Mtep/anno).
Si tratta di cifre importanti, 23 Mtep/anno totali, che potrebbero
produrre, oltre che sostenibilità anche posti di lavoro.
Si stima, infatti, che lo sviluppo del settore delle biomasse
potrebbe creare 1.700 posti di lavoro per TWh (un miliardo
di kWh) contro i 116 del carbone e i 100 del nucleare.
L'obiettivo dei 23 Mtep significa generare oltre 100 TWh e
si può stimare in circa 150.000 le unità di
unità di lavoro legate allo sviluppo delle biomasse.
Inoltre, se è vero che si percepisce più di
un segno di consapevolezza del tendenziale declino, specie
nell'estrazione, delle energie fossili, dall'altro non sembra
che si stia cambiando indirizzo, rispetto al modello energetico
attuale fondato sul gigantismo, sulla centralizzazione e sull'inefficienza.
Il rischio è che il perseverare su questa strada affossi,
prima del nascere, lo sviluppo di tutte le rinnovabili.
Di questo rischio sono consapevoli nazioni energivore, e dotate
di scarse risorse, come la Cina che ha recentemente varato
una "road map" ferrea che porterà
il gigante asiatico a una quota del 10% di rinnovabili nel
2010. Nel frattempo l'Europa e il nostro Paese, sul settore
delle biomasse, rischiano di perdere un'occasione.
Elio
Pacilio
Vice Presidente Esecutivo Green
Cross Italia
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