Lo stato del mondo 2005
di Mikhail Gorbaciov
Questo è il testo che il Presidente fondatore di Green
Cross International ha scritto per l'introduzione del rapporto
State of the World 2005, pubblicato dal World Watch Institute.
Cinque anni fa, i 191 Stati membri delle Nazioni Unite si
impegnarono tutti a raggiungere entro il 2015 gli otto Obiettivi
di Sviluppo per il nuovo Millennio, tra cui eliminare
estrema povertà e fame e garantire la sostenibilità
ambientale. Queste sfide fondamentali sono state riconfermate
dai funzionari dei progetti sanitari di ogni parte del mondo
nell'ottobre 2004, decimo anniversario di quella pietra miliare
che fu la Conferenza Internazionale del Cairo su Popolazione
e Sviluppo.
Le conclusioni generali dell'incontro del 2004 sono
state che, sebbene in molte aree si stiano compiendo progressi
notevoli (ancorché discontinui), l'ottimismo vada mitigato
dalla consapevolezza che, a livello mondiale, per quanto attiene
a sviluppo socio economico, sicurezza e sostenibilità
i passi avanti non rispecchiano la realtà oggettiva
di molte regioni del pianeta. La povertà continua a
minare alla base il progresso in vaste aree e malattie come
HIV/AIDS sono in crescita, costituendo in numerosi paesi bombe
a tempo per la salute della popolazione. Negli ultimi cinque
anni, malattie prevenibili legate a qualità e disponibilità
dell'acqua hanno ucciso circa 20 milioni di bambini e centinaia
di milioni di persone continuano a vivere quotidianamente
nella miseria e nella sordidezza derivanti dalla mancanza
d'acqua potabile e di misure sanitarie appropriate.
Dobbiamo riconoscere queste colpevoli disparità e iniziare
a occuparcene seriamente. Sono molto felice che il premio
Nobel per la Pace nel 2004 sia stato assegnato a Wangari
Maathai, una donna che ci ispira tutti con i suoi sforzi
personali, la sua leadership e il suo lavoro pratico nelle
comunità in Kenya e nel resto dell'Africa, dimostrandoci
che quando le persone hanno il coraggio di fare la differenza,
dedicandosi alle sfide della sicurezza ambientale e dello
sviluppo sostenibile, si può raggiungere un vero progresso.
L'umanità ha l'opportunità di rendere il ventunesimo
secolo un'epoca di pace e sicurezza. Eppure le molte possibilità
che la fine della guerra fredda ci aveva dischiuse sembrano
già essere state parzialmente sprecate. Dov'è
finito quel "dividendo di pace" per il quale abbiamo
lavorato tanto? Perché nel mondo attuale conflitti
regionali e terrorismo sono diventati predominanti? E perché
non abbiamo fatto progressi negli Obiettivi di Sviluppo per
il nuovo Millennio?
Le tremende tragedie dell'11 settembre 2001, gli attacchi
terroristici del 2004 a Beslan, in Ossezia e molti altri episodi
di terrorismo degli ultimi dieci anni - in Giappone, Indonesia,
Medio Oriente, Europa e in altre parti del mondo - hanno dimostrato
la nostra inadeguatezza di fronte alle nuove minacce: ma essere
preparati significa pensare in termini più olistici,
superando quelli tradizionali della guerra fredda.
Sono convinto che oggi il mondo si trovi di fronte a tre
sfide interconnesse: quella della sicurezza (che
comprende i rischi associati alle armi di distruzione di massa
e al terrorismo), quella della povertà e del sottosviluppo
e quella della sostenibilità ambientale.
La prima dev'essere affrontata innanzitutto mettendo sotto
controllo e distruggendo l'arsenale mondiale delle armi di
distruzione di massa. Sia la Russia sia gli Stati Uniti hanno
compiuto molti passi positivi in questa direzione: ma, se
vogliamo avere un pieno successo, dobbiamo accelerare l'impegno
per la non proliferazione e la smilitarizzazione, stabilendo
programmi su scala mondiale per la riduzione dei rischi.
Le nazioni industrializzate devono devolvere maggiori risorse
alle nazioni e regioni più povere del mondo. I progetti
ufficiali di sviluppo attuati dalle nazioni più industrializzate
rappresentano ancora solo una minima percentuale del loro
prodotto interno lordo e non rispondono affatto agli obiettivi
stabiliti oltre dieci anni fa dall'Earth Summit di Rio.
La disparità tra ricchi e poveri nel nostro pianeta
è in continua crescita; non possiamo più permetterci
di continuare a compiere l'errore grossolano di investire
risorse (per quanto limitate) nel consumismo e nella guerra.
Se lo faremo, possiamo aspettarci solo sfide più difficili
e minacce più pesanti.
Per quanto riguarda l'ambiente, dobbiamo riconoscere che le
risorse del pianeta sono limitate. Distruggere tali risorse
vuol dire perderle in un futuro immediato, con conseguenze
potenzialmente spaventose per il mondo intero, senza eccezioni.
Nei paesi più poveri, per esempio, la distruzione delle
foreste è costante. Persino in Kenya, dove Wangari
Maathai ha contribuito a piantare oltre 30 milioni di alberi,
il patrimonio forestale è in calo. La crisi idrica
mondiale è un'altra minaccia - forse la maggiore -
che il genere umano ha di fronte. Nel mondo quattro persone
su dieci vivono in bacini fluviali condivisi da due o più
nazioni, che dovrebbero perciò condividere tali preziose
risorse idriche: purtroppo, però, la mancanza di cooperazione
riduce la qualità della vita, genera problemi ambientali
devastanti e arriva a innescare violenti conflitti. Ma la
cosa più importante di tutte, su cui dobbiamo aprire
gli occhi, sono i pericoli derivanti dal mutamento climatico:
bisogna investire risorse più ampie nella ricerca,
fondamentale, di energie alternative.
È per queste ragioni che dodici anni fa ho fondato
Green Cross International; è per queste ragioni
che continuo a impegnarmi per un cambiamento radicale del
modo in cui trattiamo il pianeta Terra, per un nuovo significato
del concetto di interdipendenza globale e per la condivisione
delle responsabilità nel rapporto tra genere umano
e natura; ed è ancora per queste ragioni che ho contribuito
a redigere l'Earth Charter, codice di principi etici attualmente
sottoscritto da oltre 8.000 organizzazioni che rappresentano
più di 100 milioni di persone in tutto il mondo. Infine,
sempre per queste ragioni, il Presidente dell'Earth Council
Maurice Strong e io abbiamo dato il via agli Earth Dialogues,
serie di assemblee pubbliche su etica e sviluppo sostenibile.
Serve una glasnost mondiale - apertura, trasparenza
e dialogo pubblico - grazie alla quale nazioni, governi e
cittadini possano, oggi, costruire consenso su queste alternative;
ma servono anche politiche di "impegno preventivo",
solidarietà individuale e internazionale e azioni che
rispondano, in modo sostenibile e nonviolento, alle sfide
poste da povertà, malattie, degrado ambientale e conflitti.
Siamo ospiti della natura, non suoi padroni: perciò
dobbiamo elaborare un nuovo paradigma per lo sviluppo e per
la risoluzione dei conflitti, basato su costi e benefici che
riguardino tutti e i cui limiti siano dati dalla natura e
non dalla tecnologia e dal consumismo. Sono felice che il
Worldwatch Institute, nel suo Rapporto annuale su stato
del pianeta e sostenibilità, continui ad affrontare
queste sfide e questi temi così importanti. Esorto
tutti i lettori a prendere in seria considerazione l'ipotesi
di impegnarsi personalmente e attivamente una volta chiuso
questo libro. Solo con la partecipazione attiva e convinta
della società civile potremo costruire un mondo di
pace, sostenibile e giusto, nel ventunesimo secolo e più
in là.
di Mikhail Gorbaciov
Presidente fondatore di Green Cross International
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