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Ban Ki-moon

Salvare il Pianeta ultima chiamata
di Gordon Brown


La nostra missione è epocale. E’ in grado di trasformare il mondo: consiste nel dar vita nell’arco dei prossimi cinquant’anni e oltre a un’economia globale a bassa produzione di anidride carbonica. Non è esagerato affermare che la natura e il carattere del prossimo secolo dipenderanno da come saremo in grado di affrontare questa sfida. Negli anni successivi al 1945 il mondo si unì per rimettere in sesto le economie a pezzi e le società colpite dalla guerra: si misero in moto milioni di nuovi investimenti per riportare l’Europa post-bellica allo sviluppo.
Al cuore di quell’impresa c’era il Piano Marshall, in virtù del quale il tre per cento del reddito nazionale passò dall’America all’Europa. Fu uno sforzo concentrato nel quale i Paesi cooperarono per un obiettivo comune. All’epoca le autorità dovettero combattere contro la ristrettezza di vedute, contro l’inerzia e il prevalere di dogmi che parevano guardare soltanto al passato. Ciò nonostante seppero affrontare quella sfida, consapevoli che il benessere non è esclusivo, che per essere sostenuto deve essere condiviso, e che far fronte alle spese e accollarsene il fardello era l’unica garanzia di prosperità e sicurezza.
Oggi ci troviamo davanti a un’altra decisione epocale: realizzare un’economia globale a bassa emissione di anidride carbonica impone un impegno mondiale e un investimento finanziario adeguato, pari a svariati miliardi di sterline in nuovi investimenti nell’energia pulita. La crisi del cambiamento del clima è il prodotto di molte generazioni, ma il grandioso progetto di questa nostra generazione deve essere quello di avere la meglio su questo fenomeno. Questo progetto non dovrà coinvolgere soltanto l’Europa e l’America, ma l’intera comunità delle nazioni: ancora una volta, pertanto, i leader dovranno dimostrare di avere una visione e determinazione, perché – proprio come nel 1945 – dobbiamo capire che soltanto raccogliendo la sfida del cambiamento potremo garantire la nostra sicurezza e il nostro benessere, adesso e in futuro.
Dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia si evince chiaramente la portata di questa sfida. Se continueremo ad andare avanti come adesso, come sempre, entro il 2030 si verificheranno i seguenti fenomeni:

  1. La domanda di energia globale sarà del 50 per cento superiore a quella odierna e l’80 per cento di questa domanda riguarderà i combustibili fossili;
  2. Il prezzo medio del petrolio resterà sopra i 60 dollari al barile, e la maggior parte della produzione di greggio e di gas avrà luogo in regioni instabili del pianeta;
  3. Le emissioni di biossido di carbonio saranno aumentate del 60 per cento circa.

L’ultimo rapporto della Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico è giunto alla conclusione che se questi trend non saranno invertiti, comporteranno aumenti medi della temperature entro la fine di questo secolo fino a 4 gradi centigradi e un innalzamento dei livelli oceanici di 60 centimetri, con conseguenze devastanti e prolungate sugli ecosistemi, sulle scorte d’acqua e sugli insediamenti umani. Una catastrofe simile, oltretutto, costituirebbe una delle ingiustizie più tremende, in quanto sono Paesi ricchi ad aver provocato il cambiamento del clima, ma saranno i Paesi più poveri a subirne, come già avviene, le più gravi conseguenze.
Come dimostra il Rapporto Stern, i costi economici di questo tipo di cambiamento climatico – quello al quale attualmente si sta dirigendo il nostro pianeta – potrebbero essere paragonabili agli effetti della Grande Depressione e alle conseguenze della seconda guerra mondiale sommati insieme. Ciò che però il Rapporto Stern evidenzia è che – per quanto madornale sia la sfida – affrontarla è tecnologicamente possibile ed economicamente razionale. Le spese per gli interventi urgenti sono, infatti, di gran lunga inferiori ai costi impliciti nel dilazionare ulteriormente il problema. Quanto prima agiremo, tanto più facile e meno costoso sarà il nostro compito.
Attualmente in Gran Bretagna ogni anno produciamo 654 milioni di tonnellate di biossido di carbonio. Entro il 2050 dovremo produrne tra i 155 e non più di 310 milioni di tonnellate, meno della metà, in pratica, in un’economia che sarà di due volte e mezza le dimensioni attuali. Pertanto, entro quarant’anni ogni sterlina del prodotto interno lordo dovrà produrre da un sesto ad un dodicesimo del CO2 odierno. Questo significa un cambiamento radicale della nostra economia energetica. In realtà io credo che essa richiederà niente di meno che una quarta rivoluzione tecnologica. In passato, infatti, prima il motore a vapore, poi il motore a combustione interna e infine il microprocessore hanno trasformato radicalmente non soltanto la tecnologia, ma anche il modo con il quale la società era organizzata, lo stile di vita della gente. Adesso stiamo dunque per imbarcarci in una trasformazione tecnologica analoga: dovremo ridurre quanto più possibile la produzione di anidride carbonica e migliorare l’efficienza energetica.
Questa è una sfida immane per la Gran Bretagna, ma è al contempo un’opportunità altrettanto grande, se non di più. A livello globale, il valore aggiunto complessivo del settore energetico a bassa produzione di anidride carbonica potrebbe essere di tre trilioni di dollari entro il 2050 e potrebbe dare lavoro a oltre 25 milioni di persone. Se la Gran Bretagna manterrà la sua parte di crescita, nel volgere dei prossimi venti anni potrebbero esserci oltre un milione di persone al lavoro nelle nostre industrie ambientali. E questo sarà importante ed essenziale anche per la nostra sicurezza energetica, a mano a mano che stiamo passando da un’epoca nella quale la maggior parte della nostra energia proveniva da fonti interne a un’epoca, secondo i trend attuali, nella quale entro il 2020 fino all’80 per cento di esse ci arriveranno da oltreoceano.
Ma non basta. Al tempo stesso dovremo migliorare l’efficienza energetica delle nostre abitazioni. Entro il 2016 tutte le nuove case dovranno essere ad impatto zero. Si dovranno rendere ancora più severe le normative edilizie, che già adesso impongono un 40 per cento di efficienza in più rispetto al 2002. I proprietari di casa riceveranno nuovi certificati di performance energetica che assegneranno alla loro casa un voto e quindi un valore. Nostro obiettivo è far sì che entro i prossimi dieci anni ogni abitazione sia in grado di farlo proceda a isolare convenientemente le pareti cave o i sottotetti, installi lampadine a basso consumo energetico e usi articoli di consumo prodotti a basso consumo energetico.
L’anno scorso ho chiesto al Segretario di Stato per l’Ambiente e al Ministro del Lavoro di presiedere una commissione di esperti per appurare in che modo il Regno Unito possa trarre beneficio dal punto di vista economico dalla nuova agenda per l’ambiente.
Oggi rendiamo pubblico il rapporto di quella commissione, che stima che dal trattamento delle acque ai mercati globali del carbonio le industrie britanniche per l’ambiente valgono oggi più di 25 miliardi di sterline e danno lavoro a 400.000 persone circa. Ciò dimostra che se affrontare di petto il cambiamento del clima costituisce una delle sfide più grandi per il nostro pianeta, al contempo questa è una delle più grandi opportunità per la Gran Bretagna. E proprio come in ciascuna delle tre precedenti rivoluzioni tecnologiche la Gran Bretagna ha avuto un ruolo leader, così anche adesso abbiamo l’opportunità di avere lo stesso ruolo leader e guidare il mondo verso un futuro a bassa produzione di anidride carbonica. Si tratta di un’opportunità che io voglio che questo Paese sappia cogliere, diventando una Gran Bretagna più verde, dove una nuova economia verde assicura maggior benessere e crea posti di lavoro di alta qualità nel momento stesso in cui protegge l’ambiente e fornisce a tutti una migliore qualità della vita.


Gordon Brown, Premier Britannico

 

(Fonte: La Repubblica – traduzione di Anna Bissanti)

 

 

 





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