| Gorbaciov made in Usadi  Mark Hertsgaard
                                   
 Vent’anni dopo aver lasciato la Casa Bianca, l’ultimo Ronald  Reagan rimane il repubblicano più popolare d’America. Il suo nome viene  ripetutamente invocato da Rudy Giuliani e dagli altri candidati repubblicani  alle elezioni presidenziali, i quali sembrano molto più entusiasti  nell’associare il proprio nome con quello di Reagan piuttosto che con quello  dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Potete biasimarli? George W. Bush ha  raggiunto il più basso livello di popolarità di qualunque altro presidente  nella storia americana a eccezione di Richard Nixon.Bush ricorda Reagan per un aspetto: entrambi sono arrivati  al potere in un momento in cui un pericolo senza precedenti minacciava la  sopravvivenza della civiltà. Nel caso di Bush, la minaccia arriva dal  surriscaldamento globale; nel caso di Reagan veniva dal nucleare. Entrambi  hanno risposto in modo simile: perseguendo una politica aggressiva, che ha  finito per aumentare piuttosto che diminuire il pericolo, ignorando gli  innumerevoli appelli che li invitavano a cambiare il corso degli eventi prima  che fosse troppo tardi.
 Bush ha presieduto l’inesorabile crescita americana dei gas  serra che sono la causa del surriscaldamento globale. Assai di frequente, ha  respinto sdegnosamente i consigli di alleati politici come l’ex premier  britannico Tony Blair, che lo esortavano a stipulare accordi per ridurre  l’emissione di gas serra. Bush ha difeso la sua intransigenza asserendo, in  modo del tutto impreciso, che il 5 per cento delle riduzioni richieste dal  Protocollo di Kyoto “distruggerebbero l’economia americana”. Inoltre,  sostiene, perché l’America dovrebbe operare tagli in questo senso se la Cina  non lo fa?
 Così pure Reagan: dal momento in cui assunse la carica di  presidente nel 1981, ha dato l’impulso all’inesorabile incremento di armi  nucleari, parlando a getto continuo in modo retorico e disinformato. Assai di  frequente, ha respinto sdegnosamente allo stesso modo stranieri e americani che  lo esortavano a rallentare o invertire la corsa agli armamenti. Reagan  difendeva il suo potenziale nucleare asserendo in modo del tutto inesatto, che  gli Stati Uniti si erano fatti superare dall’Unione Sovietica.
 Poi Reagan incontrò un avversario alla sua altezza. Un  miracolo storico fece emergere un riformatore radicale di nome Mikhail  Gorbaciov che divenne il leader sovietico. Disfacendosi del modus pensandi occhio per occhio dell’era  Breznev, Gorbaciov proibì i test nucleari sovietici per ben tre volte in modo  unilaterale (per un totale di 18 mesi), nonostante gli Stati Uniti si  rifiutassero di prendere parte all’iniziativa. La decisione di Gorbaciov ebbe  come effetto quello di arrestare la corsa agli armamenti da parte sovietica.  Alla fine Reagan si unì a Gorbaciov e al suo appello per il disarmo che portò  agli storici accordi di riduzione degli armamenti.
 Ciò di cui il mondo ha ora bisogno è un altro Gorbaciov, uno  che possa fare una magia simile sui cambiamenti climatici. All’inizio di  dicembre, diplomatici di tutto il mondo si incontreranno a Bali, in Indonesia,  per negoziare la fase successiva del Protocollo di Kyoto, la cui scadenza è  prevista nel 2012. Il Protocollo è sempre stato ostacolato dall’assenza degli  Usa e della Cina, i due principali responsabili per quanto riguarda l’emissione  dei gas serra. Gli scienziati sostengono che il mondo deve riuscire a tagliare  le emissioni dell’80 per cento entro il 2050 (paragonato ai livelli del 1990)  per evitare i peggiori scenari di futuri cambiamenti climatici. Si tratta di un  aumento enorme rispetto alle riduzioni del 5 per cento richiesto dall’attuale  Protocollo e tale obiettivo non può essere raggiunto senza la partecipazione  sia della Cina che degli Usa.
 Può essere che da qualche parte, in Cina, all’interno del  Partito comunista cinese, ci sia un Gorbaciov dei cambiamenti climatici che si  renda conto che un approccio completamente diverso su questo tema sarebbe  auspicabile nell’interesse della Cina e che sarebbe un vantaggio per il Paese  indipendentemente da ciò che decidano di fare gli Stati Uniti? Finora non  sembra che i leader cinesi siano pronti a seguire le orme di Gorbaciov per i  gas effetto serra. Il presidente Hu Jintao, in un suo discorso al Congresso del  Partito comunista ad ottobre, ha promesso di voler apportare delle riforme  ambientali, cosa che i precedenti leader avevano promesso con ben pochi  risultati. Nonostante ciò, Hu potrebbe sorprenderci e mantenere, di fatto, le  sue promesse. Tuttavia la soluzione migliore è la ricerca di un nuovo Gorbaciov  all’interno degli Usa. In meno di un anno, gli americani eleggeranno un nuovo  presidente. Se scelgono la persona giusta, lui (o lei) capovolgerà la politica  di Bush e porterà gli Stati Uniti a guidare la lotta ai cambiamenti climatici.  In quel caso, il mondo non avrà bisogno di un altro Gorbaciov.
 
 
 Mark Hertsgaard, giornalista e scrittore americano
 
 (Fonte: L’Espresso – traduzione di Rosalba Fruscalzo)
     
 
 
 
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