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Produzione
di merci
a mezzo di natura
di Giorgio Nebbia
professore emerito, Università di Bari
nebbia@quipo.it
Non
è vero che le merci si producono a mezzo
di soldi, e neanche a mezzo di merci: le merci
(e i servizi che anche loro, tutti, richiedono
oggetti materiali) si producono a mezzo di natura.
In maniera analoga a quanto avviene nei cicli
biologici, anche i cicli economici consistono
nel prelevare dei beni materiali dai corpi naturali
--- aria, acque, suolo, depositi o stocks di minerali,
rocce, combustibili fossili --- nel trasformarli
in oggetti utili, con inevitabile formazione di
scorie e di rifiuti che finiscono nei corpi naturali.
Solo capendo come la materia circola in una economia
dai corpi naturali ai processi di produzione e
di consumo, e poi come e dove la materia ritorna
nei corpi naturali come scorie e rifiuti, solo
così si può capire come funziona
una economia
Le merci, gli oggetti "economici" vengono
usati dagli esseri umani per ottenere servizi:
muoversi, scaldare edifici, nutrirsi, abitare,
comunicare, eccetera; dopo l'uso (impropriamente
chiamato "consumo") le merci in parte
finiscono come scorie e rifiuti nei corpi naturali,
in parte (mezzi di trasporto, edifici, strade,
mobili, eccetera) vengono immobilizzate per tempi
lunghi o lunghissimi nell'universo degli oggetti
fabbricati, negli stocks della tecnosfera che
si dilata continuamente.
Alla fine di questa circolazione natura-merci-natura,
per esempio alla fine di ogni anno, i corpi naturali
vengono impoveriti come massa contenuta e ne viene
modificata la composizione chimica e fisica. Sono
i fenomeni di "alterazione ambientale"che
conosciamo con i nomi di inquinamento, impoverimento
delle riserve di risorse naturali, erosione del
suolo, frane e alluvioni, congestione stradale,
eccetera. Tali alterazioni ambientali arrecano
danni monetari ai vari soggetti economici di una
società, i quali chiedono leggi che impediscano
tali danni e, quindi, facciano cessare o diminuire
le alterazioni ambientali.
Le leggi per la limitazione dei danni ambientali
presuppongono la conoscenza dell'origine e dei
caratteri delle modificazioni ambientali: ad esempio
chi ha immesso acidi nell'aria ? o metalli tossici
nelle acque ? chi ha provocato l'abbassamento
delle falde idriche ? Presuppongono cioè
la conoscenza della circolazione di materia e
di energia nella tecnosfera.
Mentre gli ecologi (bene o male) sanno (possono)
redigere una contabilità in unità
fisiche (chili di materia, joule di energia) dei
(o almeno di alcuni) cicli della natura, i governi
e le imprese sanno effettuare soltanto dei calcoli
parziali dei flussi di materia e di energia attraverso
l'economia, non conoscono l'origine, la quantità
e la composizione della maggior parte delle sostanze
inquinanti e comunque non sanno fare i loro conti
altro che in unità monetarie: quanti euro
di materie prime e di lavoro entrano in un processo,
quanti euro si ricavano vendendo le merci e i
servizi prodotti, quanti euro costa la depurazione
degli scarichi o lo smaltimento dei rifiuti.
A dire la verità delle idee sulla circolazione
natura-merci-natura erano state avanzate da Quesnay
nel XVIII secolo, da Marx e poi da Walras, ma
la vera grande svolta sin è avuta negli
anni venti del Novecento, nell'Unione sovietica,
in quel periodo di grandi fermenti e speranze;
il governo bolscevico instaurato da Lenin doveva
ricostruire un paese devastato dalla guerra e
della crisi economica, con industria e agricoltura
arretrate, con una popolazione dilaniata da divisioni
e odi interni. Non sarebbe stato possibile risollevare
l'industria del grande paese, ricco di risorse
naturali, non sarebbe stato possibile riportare
gli alimenti e le merci nei negozi, senza una
pianificazione capace di indicare le priorità
produttive: elettricità, carbone, concimi,
acciaio, grano, eccetera. E la pianificazione
richiedeva la conoscenza di un quadro completo
delle produzioni e dei loro rapporti: quanti concimi
e trattori occorrono per aumentare la produzione
di grano; quanto carbone per aumentare la produzione
di acciaio; quanto acciaio per produrre i trattori
?
Per dare una risposta a
tali domande Lenin nel 1921 creò il Gosplan,
lo speciale ufficio per la pianificazione, in
cui raccolse i migliori ingegni economici, matematici,
tecnico-scientifici del paese, per costruire
il primo bilancio economico dell'Urss. In questa
atmosfera lavorò un giovanotto, Vassily
Leontief, che nel 1925, ad appena 19 anni, scrisse
il primo dei numerosi articoli che lo avrebbero
portato al premio Nobel per l'economia. Leontief
si trasferì successivamente negli Stati
uniti dove fu assunto, negli anni trenta, dall'ufficio
di ricerche economiche col compito di redigere,
per l'America, un bilancio delle interrelazioni
tecniche ed economiche simile a quello a cui
aveva lavorato nell'URSS.
Visto in prospettiva si trattava di un lavoro
gigantesco; occorreva avere attendibili informazioni
statistiche, comprendere come ciascun settore
economico "vende" merci a tutti gli
altri settori e rifornisce, con le proprie tasse,
le tasche dello stato; come le famiglie "vendono"
il proprio lavoro ai vari settori economici
e col ricavato acquistano i beni e i servizi
necessari.
Una grande circolazione di denaro e di beni
materiali che può essere "scritta"
in una grande "tabella" di interdipendenze
settoriali o, come si dice, di rapporti input-output.
Ciascun settore produttivo e di consumi finali
e di servizi ha una entrata (input), proveniente
da tutti gli altri settori e a tutti gli altri
settori cede qualcosa (output): materie prime,
energia, metalli, grano, automobili, concimi,
tessuti, carne, lavoro, servizi di trasporti,
eccetera. E questa gran massa di dati doveva
essere rappresentata in una forma matematica
adatta a rispondere alla domanda: per far aumentare
del 10 percento la produzione di acciaio, di
quanto deve aumentare la produzione di minerali,
la richiesta di mano d'opera, di quanto aumenteranno
i consumi delle famiglie ?
L'idea originale del Gosplan fu di scrivere
una contabilità nazionale in unità
fisiche; tale idea discendeva dalla trattazione
marxiana della "circolazione" e della
"riproduzione" dei beni e suscitò
un vivace dibattito anche teorico e politico.
Molte testimonianze sono contenute nel libro
(ormai raro) curato da Nicolas Spulber, "La
strategia sovietica per lo sviluppo economico,
1924-1930. La discussione degli anni venti nell'Urss",
pubblicato nel 1954 e tradotto in Italia da
Einaudi nel 1970.
Apparve però subito che una contabilità
fisica comportava la necessità di confrontare
e sommare "cose" estremamente eterogenee,
ferro con patate, macchine con legname, carbone
con zucchero, eccetera. Infine si andava incontro
a problemi di duplicazioni contabili: lo stesso
chilo di ferro va contato quando il minerale
viene venduto alle acciaierie, quando le acciaierie
vendono acciaio alle fabbriche dei trattori,
quando l'industria meccanica vende i trattori
al settore dell'agricoltura, eccetera: il chilo
di ferro è sempre lo stesso ma viene
contato quattro (e magari molte altre) volte.
Ben presto l'ambizioso progetto --- pur concettualmente
corretto --- fu abbandonato e le prime tavole
intersettoriali dell'economia sovietica furono
scritte in unità monetarie; quanti rubli
ciascun settore economico cedeva a, o riceveva
da, tutti gli altri. Il bilancio dell'economia
sovietica per il 1923-24, elaborato da P.I.
Popov, era rappresentato con una "matrice"
intersettoriale, o input-output nella forma
che sta alla base, ancora oggi, dei bilanci
economici nazionali in tutto il mondo.
Anzi, proprio sulla base delle tavole intersettoriali
redatte in ciascun paese venne elaborato, con
opportuni artifizi contabili, intorno al 1940,
il concetto di "prodotto interno lordo",
quel PIL di cui i governanti seguono con ansia
l'aumento o la diminuzione. Bisogna anche qui
evitare duplicazioni contabili --- gli stessi
mille euro sono pagati dall'industria saccarifera
al coltivatore di barbabietola, dal negoziante
all'industria saccarifera, e dalle famiglie
al negoziante quando comprano lo zucchero, e
sono gli stessi mille euro che i componenti
delle famiglie ricevono in cambio del loro lavoro
dalle fabbriche o dagli uffici, eccetera.
Il PIL annuo, perciò, come è ben
noto, è dato dalla somma della quantità
di denaro che arriva ai settori dei "consumi"
finali delle famiglie e dei servizi, più
la quantità di denaro che viene investita
per macchinari, edifici, eccetera, a vita media
e lunga, più il costo delle merci e dei
servizi esportati, meno il prezzo delle merci
e dei servizi importati.
Peraltro "processi" di produzione
e di consumo, anche quelli apparentemente immateriali,
descritti dagli scambi monetari, sono accompagnati,
come si è già accennato, non solo
dal movimento di migliaia o milioni di tonnellate
di minerali, fonti energetiche, prodotti agricoli
e forestali, metalli, merci, eccetera, per cui
si paga un prezzo, ma anche dal movimento di
una quantità, molte volte maggiore, di
molti altri beni materiali tratti dalla natura.
Dalla natura "si acquistano" senza
pagare niente, l'anidride carbonica necessaria
per la fotosintesi dei vegetali e l'ossigeno
indispensabile per la respirazione animale e
per le combustioni industriali, o i sali del
terreno necessari per la crescita delle piante;
inoltre, nei vari processi vengono generate
molte altre cose, come l'anidride carbonica
e gli altri gas che finiscono nell'atmosfera,
o le sostanze liquide e solide che finiscono
nelle acque o sul suolo alterando i caratteri
e la futura utilizzabilità di questi
corpi naturali, spesso senza che venga pagato
alcun risarcimento a nessuno.
E' così apparso chiaro il ruolo fondamentale
della analisi della "storia naturale delle
merci". Ci si è allora accorti che
per qualsiasi politica ambientale --- l'applicazione
di strumenti come imposte sui rifiuti (la carbon
tax è un esempio), o di divieti alle
emissioni, o di incentivi per tecnologie pulite
--- è indispensabile sapere da dove ciascun
agente inquinante viene e dove va a finire.
Ciò possibile soltanto integrando le
contabilità nazionali in unità
monetarie, con una contabilità in unità
fisiche che indichi non solo le tonnellate di
materia o i chilowattora di energia che passano
da un settore economico all'altro, dall'agricoltura,
all'industria, ai consumi finali, ma anche i
flussi di materiali tratti dalla natura senza
pagare niente e utilizzati nei processi di produzione
e di consumo, e i flussi di materiali che, provenienti
da tali processi economici, finiscono come scorie
o rifiuti nei corpi riceventi naturali.
La redazione di tavole intersettoriali (sovrapponibili
a quelle redatte in unità monetarie)
in cui i flussi da un settore all'altro siano
indicati in unità fisiche, di peso e
di energia, comporta, ingigantiti, i problemi
di evitare la duplicazione degli scambi e quelli
ancora più grandi di sommare e moltiplicare
cose tanto eterogenee, come acciaio e conserva
di pomodoro, automobili e carta, latte e vetro,
eccetera.
D'altra parte una contabilità in unità
fisiche appare come l'unico metodo capace di
attenuare la fallacia di tutti gli altri indicatori,
a cominciare dal prodotto interno lordo, quel
numero che dovrebbe misurare la quantità
di denaro che attraversa un'economia in un anno
sotto forma di merci, di salari, di consumi,
di imposte, di servizi. Solo per fare un esempio
nel prodotto interno lordo dell'Italia, circa
1.400 miliardi di euro nel 2005, non figurano
circa 300 miliardi di euro di denaro che non
viene contabilizzato --- pudicamente chiamato
di "economia non osservata" --- ma
circola ugualmente sotto forma di evasione fiscale,
di profitti di attività criminali, corruzione
nazionale e internazionale, eccetera, e viene
impiegato dai frodatori e criminali per acquistare
cose materiali come case e merci e motoscafi
e alberghi.
E nei 1.400 miliardi di euro non sono compresi
i costi personali, i dolori, le perdite dovuti
ad alluvioni, incidenti stradali e sul lavoro.
Anzi, alcuni di questi costi, figurano, ma dalla
parte rovesciata: il reddito degli sfasciacarrozze
e dei fabbricanti di casse da morto per le vittime
di incidenti e frane e avvelenamenti fanno aumentare
il PIL "grazie" a dolori e perdite
umani.
E nel PIL non figurano tutte le cose che i governi
non misurano, la sabbia estratta abusivamente
dai fiumi, i rifiuti tossici nascosti nel sottosuolo,
i gas velenosi immessi nell'aria, eccetera,
che compaiono invece nella contabilità
in unità fisiche. Tanto che c'è
seriamente da chiedersi che cosa intende dire
un governo quando afferma che il PIL è
aumentato del mezzo o del due "per cento"
in un anno, dal momento che non sa a che cosa
si riferisce il "cento" e che tale
"cento" comprende soltanto una frazione
del denaro che attraversa un'economia e comunque
una frazione del reale benessere di un popolo.
La critica al reale significato del PIL come
indicatore dello stato di salute e benessere
degli umani e della natura, della felicità
e di più equi rapporti nazionali e internazionali,
risale a molti decenni fa; Kenneth Boulding
scrisse nel 1970 un graffiante articolo sulla
sua fallacia; così come agli anni sessanta
del Novecento risalgono dei tentativi concreti
--- da parte di Herman Daly nel 1967, di Nicholas
Georgescu-Roegen nel 1971 --- di sostituire
la contabilità nazionale in unità
monetarie con una contabilità in unità
fisiche, cioè con la misura della massa
dei materiali --- tratti dalla natura, trasformati
dal lavoro umano e restituiti poi come scorie
alla natura --- che "attraversano"
un'economia.
Tale contabilità deve essere in pareggio:
non ammette evasioni, o frodi perché
anche il denaro illegale, che sfugge al PIL,
viene pure investito in edifici, macchinari,
merci, automobili, battelli, eccetera, che richiedono
un movimento fisico di pietre, cemento, mattoni,
minerali, fonti di energia, acciaio, plastica,
eccetera, movimento che può sfuggire
nei conti in denaro ma non può sfuggire
nella sua forma fisica, naturale. Non a caso
Marx, nella "Critica del Programma di Gotha",
ricorda che la natura è la fonte dei
valori di uso e che di essi consta la reale
ricchezza.
La redazione di una contabilità nazionale
in unità fisiche richiede la soluzione
di grossi problemi pratici. Per far quadrare
i conti bisogna avere informazioni statistiche
sulle entrate e uscite di materiali, in unità
di chili o tonnellate, per ciascun settore di
attività: agricoltura, industrie, servizi,
trasporti, consumi finali delle famiglie, comprese
le materie tratte (gratis) dall'aria o dal suolo
o sottosuolo, comprese le materie immesse come
rifiuti o scorie nell'aria, nelle acque, nel
suolo. Per definizione, in ciascun settore economico
entra esattamente la stessa quantità
di materia che esce dallo stesso settore economico
verso gli altri settori, verso i consumi finali
e verso i corpi naturali, tenendo naturalmente
conto delle importazioni ed esportazioni e della
massa di materiali a vita lunga --- edifici,
macchinari, arredi domestici --- che restano
"immobilizzati" come stocks "dentro"
l'economia, dentro la "tecnosfera",
per un periodo di tempo più lungo dell'anno
a cui si riferisce generalmente l'analisi.
Per farla breve, è possibile redigere
delle tavole intersettoriali, o input-output,
come si suol dire, simili a quelle della contabilità
monetaria, nelle quali peraltro sono aggiunti
i flussi di materiali estratti dai corpi naturali
--- aria, acqua, suolo, sottosuolo --- e i flussi
di materiali che ritornano nei corpi riceventi
naturali.
L'esame delle tavole intersettoriali in unità
fisiche spiega bene fenomeni noti spesso solo
qualitativamente: le attività "economiche"
comportano un impoverimento delle riserve di
beni "naturali" --- materiali di cava
e miniera, fertilità del suolo, risorse
idriche --- e un peggioramento della qualità
dei corpi riceventi ambientali: aria, acqua,
suolo. Informazioni fondamentali per la politica
ambientale, per identificare i settori da cui
provengono le scorie inquinanti e per fargli
i pagare i danni ambientali, per incentivare
usi e materiali alternativi a quelli esistenti,
divieti di scaricare rifiuti nei corpi riceventi
naturali, per orientare produzione e consumo
di materiali e merci, eccetera.
Nonostante le difficoltà pratiche, tavole
input-output in unità fisiche sono state
redatte per la Germania [C. Stahmer, "The
Magic Triangle of Input-Output Tables",
2000, http://policy.rutgers.edu/cupr/iioa/Stahmer;MagicTrjange.pdf],
in parte per la Danimarca e per la Finlandia.
Per l'Italia sono state redatte le tavole intersettoriali
in unità fisiche per il 1995 [G. Nebbia,
"Somiglianze e differenze fra fatti ecologici
e fatti economici", Atti Accademia dei
Lincei, p. 73-114], e per il 2000 [G. Nebbia,
Statistica, 63, (2), 397-409 (aprile-giugno
2003)]. Viene qui viene presentata in una forma
abbreviata, con dieci righe e colonne, la tavola
intersettoriale per l'Italia relativa al 2000.
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Tavola intersettoriale in unità di massa,
Italia, anno 2000: milioni di tonnellate metriche
Il numero in ciascuna casella indica la massa,
in milioni di tonnellate metriche (Mt), di materia
trasferita da un settore all'altro La caselle
della riga 1 contengono la massa di gas, liquidi
e solidi trasferiti dalla natura ai vari settori
delle attività economiche: anidride carbonica
per la fotosintesi dei prodotti agricoli, ossigeno
per la respirazione degli animali da allevamento
e degli umani; ossigeno per le combustioni dei
combustibili fossili nelle industrie e nei trasporti;
azoto per sintesi chimiche; acqua assorbita
da vegetali e animali per le proprie necessità
metaboliche e quella usata come reagente industriale
(è esclusa l'acqua per irrigazione, per
il raffreddamento industriale, per gli usi igienici,
che attraversa l'economia italiana in ragione
di circa 50.000 milioni di tonnellate all'anno);
le sostanze nutritive presenti nel suolo assorbite
dalle piante; i minerali, le rocce e i combustibili
estratti dalle cave e miniere, veri e propri
"Stocks naturali" di beni poi usati
dall'"economia".
I numeri delle caselle della colonna 1 indicano
la massa di rifiuti gassosi, liquidi, solidi,
generati dalle attività economiche: ossigeno
come sottoprodotto della fotosintesi, anidride
carbonica, vapore acqueo e altri gas come prodotti
del metabolismo di animali "economici"
e di umani; anidride carbonica, vapore acqueo
e altri gas risultanti dalla combustione di
combustibili fossili e da operazioni industriali;
scorie e rifiuti immessi nelle acque e nel suolo,
eccetera.
I numeri di ciascuna delle caselle delle righe
da 2 a 9 indicano la massa di materia trasferita
da un settore economico all'altro. Per esempio
i prodotti agricoli e zootecnici, prima di arrivare
come nutrimento alle famiglie, vengono trasformati
dalle industrie agroalimentari in prodotti conservati
(con formazione di scorie e rifiuti che tornano
alla natura), insieme a sottoprodotti come le
pelli utilizzate dall'industria conciaria; gli
alimenti vengono poi inscatolati con metalli,
materie plastiche, carta, forniti dalle industrie
degli imballaggi, eccetera. Le attività
produttive distribuiscono i loro manufatti al
commercio (qui incluso nella colonna 5) che
li fa infine arrivare alle "famiglie".
Dentro la casella degli scambi Industria-Industria
figurano molte duplicazioni (che giustificano
un valore così elevato degli scambi intersettoriali).
(Nelle tavole intersettoriali in unità
monetarie le duplicazioni sono evitate con artifizi
contabili). La stessa materia può infatti
circolare da un settore all'altro dell'industria
(riga e colonna 3): l'industria estrattiva estrae
dagli stocks naturali (cave)(riga 1), gratis,
calcare, argilla e sabbia che vengono venduti
per soldi all'industria del cemento, che vende
cemento al settore delle costruzioni (colonna
4); gli atomi di calcio e silicio e alluminio
sono gli stessi, ma ciascun passaggio genera
scorie e rifiuti e nocività ambientali
ed è bene quindi tenerne conto
I vari settori dell'industria (3) e del commercio
(5) forniscono merci al settore dei trasporti
e dei servizi (7) sotto forma di carburanti,
ma anche di carta per la pubblica amministrazione,
di cannoni ed esplosivi per le forze armate;
forniscono merci al settore delle famiglie (8)
(impropriamente chiamato, come si è detto,
dei "consumi finali"): alimenti, abiti,
giornali, eccetera; una parte delle merci prodotte
dall'industria è esportata e figura nella
colonna 10.
Ai fini della valutazione di quanta materia
è coinvolta nell'economia in un anno,
va tenuto presente che una parte delle merci
prodotte dall'industria o dal settore delle
costruzioni è rappresentata da manufatti
a vita lunga, superiore all'anno a cui si riferisce
l'analisi. I relativi flussi sono indicati dai
numeri delle caselle della colonna 9 (stocks)
nelle quali finiscono le masse del cemento,
acciaio, bitume, materiali per infissi relativi
alla costruzione di ponti, strade, edifici,
eccetera e la massa dei macchinari come mezzi
di trasporto, treni, elettrodomestici, dei mobili,
eccetera.
Le attività di produzione e di "consumo"
delle merci generano sempre sottoprodotti, scorie
e rifiuti, i quali possono essere immessi direttamente
nei corpi riceventi naturali (colonna 1), ma
in parte sono sottoposti a operazioni di raccolta,
filtrazione, trasformazione, operazioni che
figurano in un particolare settore di attività
economiche indicato come "Trattamento dei
rifiuti" (riga e colonna 6). Tale settore
comprende lo smaltimento dei rifiuti solidi
urbani, dei residui di lavorazioni, le operazioni
di riciclo di materiali usati e produce, perciò,
materiali che vengono ceduti come "materie
seconde" ai vari processi produttivi (colonne
2, 3)(per esempio le scorie siderurgiche usate
nei cementifici), oppure che vengono immobilizzati
per tempi lunghi come "stocks" (colonna
9) o che vengono immessi nei corpi riceventi
naturali.(flussi dalla riga 6 alla colonna 1).
Naturalmente i processi di trattamento dei rifiuti
richiedono risorse naturali, merci, eccetera,
e generano anch'essi rifiuti.
I numeri nelle caselle della riga 10 indicano
la massa di materiali importati e assorbiti
dai vari settori: prodotti agricoli e forestali,
animali vivi e carni, minerali e rottami per
le industrie metallurgiche; materie prime per
le industrie chimiche, della concia e dei tessili;
una parte delle materie importate è a
vita lunga (mezzi di trasporto, macchinari,
eccetera) e va alla casella degli stocks (colonna
9). I numeri delle caselle della colonna 10
indicano, come si è già detto,
la massa di merci esportate dai vari settori
economici.
Per farla breve: il PIL italiano del 2000, circa
1.150 miliardi di euro, è stato reso
possibile dalla movimentazione, attraverso l'economia,
di oltre 6,6 miliardi di tonnellate di materia
--- gas, liquidi e solidi --- pari a circa 5.700
chili di materia per ogni mille euro (nel 1995
circa 6.300 chili per ogni mille euro equivalenti).
La diminuzione di massa per unità di
PIL dal 1995 al 2000 non dipende da una "dematerializzazione"
dell'economia, ma da una perdita di valore del
denaro.
La lettura della tavola intersettoriale in unità
fisiche per l'Italia per il 2000 (sopra riportata)
e di quelle pubblicate in precedenza richiede
alcune precisazioni. Le masse sono quelle dei
materiali tali e quali; nel caso delle sostanze
organiche (vegetali, animali, umani) il contenuto
medio di acqua è preso convenzionalmente
del 50 %. Per il principio di conservazione
della massa, la somma delle masse indicate nelle
righe 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, deve essere uguale
a quella delle rispettive colonne. La massa
dei materiali estratti dalla natura (riga 1)
(circa 1,7 miliardi di tonnellate) è
maggiore di quella dei materiali restituiti
alla natura (colonna 1) (circa 1,3 miliardi
di tonnellate), il che indica un impoverimento
della massa delle risorse naturali, la cui composizione
chimica pure varia, dal momento che la composizione
chimica delle materie immesse nell'ambiente
è diversa da quella delle materie estratte
dalla natura; tali variazioni potrebbero essere
messe meglio in evidenza con altre matrici specifiche
per singole sostanze: anidride carbonica, ossigeno,
acqua, ma anche per singoli elementi o metalli
tossici, eccetera. In una delle ricerche precedenti
è stato descritto, con una simile tavola
intersettoriale, il ciclo del carbonio per la
tecnosfera in Italia.
La contabilità in unità fisiche
è l'unico sistema in cui non si possono
fare sbagli, né imbrogli, né omissioni,
a condizione di disporre di dati statistici
adeguati che devono essere cercati con pazienza
e abilità, superando gravi vuoti di informazione
intenzionali (segreti commerciali o militari)
o mancanza di rilevamenti, talvolta anch'essi
intenzionali. Ad esempio la conoscenza della
effettiva massa di rifiuti è impedita
dalla continua modificazione delle denominazioni
dei vari tipi di rifiuti, indicati nei documenti
ufficiali talvolta come "rifiuti",
talvolta come "materie seconde", talvolta
come fonti di energia "rinnovabili";
il trasferimento di molte "competenze"
(si fa per dire) alle regioni e ad enti locali
(privi, talvolta intenzionalmente, di adeguate
strutture di rilevamenti statistici) impedisce
di avere esatte informazioni sui flussi di materiali
estratti dalla cave, sui prodotti agricoli,
sui prelevamenti di acqua. A questo si aggiungano
le mancanze di informazioni sulle importazioni
e esportazioni clandestine, sulle denunce fraudolenti
di produzioni agricole e industriali, sui segreti
relativi ai commerci di materiali militari,
eccetera. Tanto meno le imprese e le loro organizzazioni
forniscono dati esaurienti e attendibili sui
flussi di materiali coinvolti nel loro operare
--- e fanno male, perché migliori conoscenze
sui bilanci di massa e energia dei loro cicli
produttivi gli farebbe bene ai fini della efficienza,
competitività e sicurezza.
Dal punto di vista dei conti nazionali è
stata proposta [G. Nebbia, Statistica, 63, (2),
397-409 (aprile-giugno 2003)] la misura di un
"prodotto interno materiale lordo"
(PIML), rappresentato dalla somma della massa
di materia che arriva ai settori dei "consumi"
finali delle famiglie e dei servizi, compresi
i servizi di trasporto (colonne 7+8), più
la massa di materia immobilizzata nei macchinari,
edifici, eccetera, a vita media e lunga (quelli
che sono stati chiamati "Stocks"colonna
9), meno la massa dei materiali estratti da
tali Stocks (riga 9) avviati ai processi di
trattamento dei rifiuti, compresi fra le attività
"manifatturiere" (colonna 6), da cui
verranno avviati ai processi di riciclo (rottami
di autoveicoli, di elettrodomestici, eccetera)
o a discarica nel suolo, uno dei corpi riceventi
della natura (materiali di demolizione di edifici
o strade) (colonna 1).
Ai fini del calcolo del PIML alla somma dei
materiali delle colonne 7+8 (al netto degli
Stocks) viene aggiunta la massa dei materiali
esportati (colonna 10) e viene sottratta la
massa dei materiali importati (riga 10); questi
ultimi produrranno nocività ambientali
quando, entrati nel ciclo di produzione e consumi
delle attività manifatturiere, saranno
trasformati in altre merci destinate ai servizi
e ai "consumi" finali.
Sulla base dei dati della tavola intersettoriale
rima descritta, per l'Italia per il 2000 il
PIML risulta di circa (210+302+[621-31]+[105-340])
893 milioni di tonnellate. Il dato relativo
al 1995 era di 868 Mt.
Il fatto che il PIML sia aumentato poco nel
corso di cinque anni dipende da una diminuzione
delle produzioni agricole e zootecniche, e in
parte industriali, con un aumento delle importazioni.
Un aumento del PIML indica, perciò, non
uno sviluppo della capacità produttiva
del paese, ma una crescita del carico ambientale,
così come un aumento del PIL indica non
uno sviluppo della società nel suo complesso,
ma una crescita della massa di merci e di servizi,
alcuni frivoli e inutili, e delle nocività.
Nel 2000 in Italia, in corrispondenza di un
prodotto interno lordo di circa 1.150 miliardi
di euro, il PIML di circa 893 milioni di tonnellate
corrispondeva a circa 780 chili per 1000 euro
di PIL, poco più di 15 tonnellate per
persona all'anno. Questo significa che ogni
persona in Italia, per mangiare, abitare, muoversi,
lavorare, guardare la televisione o andare a
spasso, richiede ogni anno circa duecento volte
il proprio peso di materiali, provenienti dall'aria,
dalle cave, dalle attività agricole e
industriali e dalle importazioni, poi restituiti
come gas, liquidi o rifiuti solidi nell'ambiente
naturale, o immobilizzati "dentro"
l'universo degli oggetti materiali, che così
si dilata, anno dopo anno.
Considerando che una contabilità nazionale
in unità fisiche permette di risolvere
molti problemi importanti per l'economia e per
l'ambiente --- fra cui la parziale emersione
di una parte dell'economia "non osservata"
--- l'8 aprile 2004 i deputati Giordano, Vendola
e Russo Spena del Prc hanno presentato alla
Camera la proposta di legge n. 4895 intitolata:
"Istituzione del sistema di calcolo denominato
'Prodotto Interno Materiale Lordo' (PIML)".
Lo stesso disegno di legge è stato presentato
al Senato dal senatore Sodano, pure di Rifondazione,
col n. 2887 il 15 giugno 2004, tutti e due destinati
ad essere sepolti negli archivi parlamentari.
Oltre che a livello di singoli stati, è
possibile redigere una contabilità dei
flussi annui di materiali che attraversano una
città o una regione (un'applicazione
è stata fatta alla città di Roma
nel 2004, in corso di pubblicazione negli Atti
dell'Accademia dei Lincei), anche per capire
quanto "peso" la città o la
regione può sostenere e quando il flusso
di materiali diventa insostenibile. A maggior
ragione la conoscenza del flusso di materiali
fra paesi del Nord del mondo e paesi del Sud
del mondo aiuterebbe a comprendere l'origine
di molte disuguaglianze negli scambi internazionali,
la forma in cui un paese porta via da un altro
paese, in cambio di limitate quantità
di denaro o magari anche in cambio di niente,
grandi masse di materiali --- acqua, prodotti
agricoli, o forestali, minerali --- che nel
paese imperialista si trasformano in merci e
macchinari e in ricchezza monetaria.
In Germania addirittura, insieme alle tavole
intersettoriali in unità fisiche, sono
state redatte anche tavole intersettoriali in
unità "di lavoro" --- quante
ore di lavoro sono associate a ciascuno scambio
monetario, o di materia --- e anche questa sembra
essere la "vendetta di Marx" e della
sua proposta di misurare il "valore"
nell'economia in unità di lavoro, oltre
che in unità di natura. Materia e lavoro,
oltre che denaro, sono i vertici di un "triangolo
magico" --- Das magische Dreieck --- come
lo statistico tedesco Carsten Stahmer ha chiamato
la sua analisi che viene diffusa in Germania
e nell'America latina dal movimento "Politik
und Kultur" <www.puk.de>, nell'ambito
del lavoro per un socialismo per il XXI secolo
e per la fine del capitalismo globale. E del
resto le tavole intersettoriali dell'economia
sono ben state inventate proprio nel 1921, all'alba
della pianificazione sovietica.
di Giorgio Nebbia
professore emerito, Università di Bari
nebbia@quipo.it
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