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Presentato il progetto del Museo di Scienze Naturali in Tanzania

Difendere e valorizzare uno straordinario “scrigno” di biodiversità, nel cuore dell’Africa è lo scopo del progetto “Watuna msitu – uomini della foresta”, realizzato in Tanzania dall’assessorato provinciale alla Solidarietà internazionale e dal Museo Tridentino di Scienze Naturali, presentato ieri dall’assessore Iva Berasi e dal direttore del Museo Michele Lanzinger.

Il progetto, oltre a una valenza ambientale, ha anche forte carattere educativo e formativo; uno degli obiettivi è la creazione di operatori locali esperti nel campo della conservazione e valorizzazione dello straordinario ambiente naturale dei monti dell’ Eastern Arc in Tanzania, i quali possano agire sulle loro stesse comunità, coinvolgendole nelle diverse attività a sfondo protezionistico. I partner sono l’amministrazione locale della città di Iringa, l’Università di Dar es Salaam, l’Università di Genova e alcune associazioni che operano in campo ambientale.

Il Museo Tridentino di Scienze Naturali ha sostenuto, già a partire dal 1998, alcune campagne di ricerca sulla biodiversità nel gruppo montuoso dell’Eastern Arc, in Tanzania, paese dell’Africa orientale affacciato sull’Oceano indiano, che hanno ispirato nel 2002 la mostra Hot Spot - Tanzania una montagna d’incanto. La catena dell’Eastern Arc, in un recente studio di Conservation International, è stata definita come uno dei 25 “hotspot planetari” di biodiversità.

Negli ultimi due decenni i Monti dell’Eastern Arc hanno ricevuto una quantità sempre crescente di attenzione sia da parte del governo della Tanzania, sia dalla comunità scientifica internazionale. Tale interesse si è concretizzato nell’istituzione di un Parco Nazionale e nella definizione di numerose riserve forestali, nonché in attività di ricerca a carico delle componenti faunistica e vegetazionale. Uno degli sforzi che i ricercatori stanno facendo è quello di coinvolgere le popolazioni locali. La tutela dell’ambiente deve coniugarsi all’offerta alla gente dei villaggi di alternative sostenibili allo sfruttamento della foresta e delle sue risorse, come il legname. Stiamo parlando ad esempio dell’introduzione di specie animali da allevamento, di attività di riforestazione, e perfino di ecoturismo: un primo gruppo di “viaggiatori sostenibili” partirà dal Trentino prossimamente coordinato del Museo Tridentino di Scienze Naturali.


L’area di intervento è un vasto comprensorio forestale posto sulla scarpata sud-orientale dei monti Udzungwa, nella Tanzania centro meridionale. La foresta ospita un numero elevatissimo di specie endemiche ed ha un rapporto superficie/specie endemiche tra i più alti del pianeta. Gode della protezione formale del Governo accordata alle “Forest Catchement Reserve” che limita l’uso delle risorse forestali e impedisce la caccia e il taglio degli alberi all’interno dei confini della riserva, ma nonostante questo, è teatro di un’intensa attività di bracconaggio e di taglio illegale di alberi, sia al fine di ottenere legno da costruzione sia al fine di farne carbone.

Nella porzione più meridionale della riserva è stato realizzato un grande impianto idroelettrico che, a pieno regime, fornirà energia a quasi un terzo del paese. La realizzazione dell’impianto ha determinato l’alterazione di un ecosistema unico e di dimensioni ridottissime.


Il progetto iniziato dal Museo Tridentino di Scienze Naturali nel giugno 2004 coniuga le finalità di ricerca del Museo stesso con gli obiettivi della legge provinciale sulla cooperazione internazionale. In particolare esso prevede l’educazione, a più livelli, della popolazione locale circa le peculiarità biologiche del territorio sul quale gravitano, nonché sulla valenza che questo può avere sul piano dello sfruttamento compatibile delle risorse.

Gli interventi che insistono sulle loro terre, operati dall’esterno, spesso incidono sulle società locali senza che queste siano dotate di strumenti adatti a percepire ragioni e scopi degli interventi stessi. Gli obiettivi sono perciò quelli di formare degli operatori locali, che possono agire sulla loro stessa comunità quale mezzo endogeno di conoscenza; di associare alla conservazione dell’ambiente naturale, la conservazione della conoscenza tradizionale che rapidamente si va perdendo, attraverso attività di educazione degli studenti di ogni livello, sparsi nei numerosi piccoli villaggi dell’area, tramite delle attività appositamente strutturate. Inoltre ci si propone la creazione e lo sviluppo di un centro studi dedicato alla peculiarità biologiche delle montagne dell’Eastern Arc; la promozione di ricerche e scambi culturali tra ricercatori locali e non; la formazione di ricercatori in gestione delle risorse ambientali e di operatori locali specializzati in educazione e divulgazione scientifica presso le loro stesse popolazioni.

La modalità di intervento si rifà alle attività definite come “Community Based Conservation” è cioè all’insieme di attività da intraprendere di concerto con la comunità locale, finalizzate alla definizione di strategie di sfruttamento compatibile e conservazione delle risorse locali, sia in termini di ottimizzazione delle pratiche già in uso da parte della popolazione, sia in termini di definizione di nuove pratiche a basso impatto e caratterizzate da maggiore sostenibilità sul lungo periodo.


Da questa esperienza scaturirà anche un video che sarà realizzato dalla società Studiobag, e che sarà presentato fuori concorso al prossimo Filmfestival della montagna di Trento.


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