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Emissioni industriali
nell'atmosfera
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Kyoto:
conto alla rovescia
Polemiche e dubbi a pochi
giorni dall'entrata in vigore dell'accordo
Il 16 febbraio 2005 entra in vigore il protocollo
di Kyoto. L'accordo mira alla riduzione delle
emissioni di CO2, prodotte da automobili
e industrie e responsabili del riscaldamento
globale.
Nei prossimi giorni, le 141 nazioni firmatarie
del patto cominceranno ad applicare le norme
previste dall'accordo per arrestare l'incremento
della temperatura del nostro pianeta.
Il riscaldamento globale
" C'è stata una forte tendenza al
riscaldamento negli ultimi 30 anni, una tendenza
dovuta principalmente alle elevate immissioni
di gas serra nell'atmosfera " sostiene
James Hansen, dell'istituto Goddard per gli
Studi Spaziali alla NASA di New York.
Il 2005 potrebbe addirittura essere l'anno più
caldo da quando è cominciata la registrazione
delle temperature nel 1800: gli orsi si svegliano
prima dal letargo, l'Australia sta vivendo la
peggiore siccità dell'ultimo secolo,
El Nino sta sconvolgendo il Pacifico, gli uragani
martellano la Florida e l'Algeria è stata
investita dalla più rigida nevicata degli
ultimi 50 anni.
Punto chiave del protocollo di Kyoto è
il programma dell'Unione Europea per il Commercio
delle Emissioni in cui viene stabilita la quantità
di CO2 che gli impianti industriali e le fabbriche
ad alto consumo potranno emettere. Con l'accordo
avrà inizio il più grande sforzo
internazionale per salvare la salute della Terra,
ma " non sarà facile occuparsi del
riscaldamento globale dal momento che non sappiamo
se la situazione potrebbe peggiorare "
dichiarano le Nazioni Unite.
La posizione degli Stati Uniti
Non tutti d'altronde, sono convinti dell'importanza
del protocollo di Kyoto. Il presidente americano
George W. Bush già nel 2001 si rifiutò
prendere parte all'accordo: il fatto che i paesi
in via di sviluppo non fossero obbligati a ridurre
il tasso di emissioni di CO2 fino al 2012 e
il rischio di penalizzare i propri sistemi di
produzione sono le ragioni alla base della posizione
americana.
Le industrie statunitensi ad alto consumo di
carbonio hanno boicottato con successo Kyoto
negando la minaccia del riscaldamento globale
e sostenendo che il trattato avrebbe minato
la competitività globale delle compagnie
nazionali e determinato l'incremento dei costi
dell'elettricità.
" Si parla di spendere circa 150 miliardi
di dollari all'anno per Kyoto senza ottenere
grossi miglioramenti - sostiene il discusso
Bjorn Lomborg, autore del libro "L'ambientalista
scettico" - Sarebbe meglio investire tanti
soldi per combattere la fame, la malaria, l'AIDS
o per promuovere il commercio mondiale".
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I cambiament climatici
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I
rischi dovuti all'aumento della temperatura
terrestre
Molti studiosi del clima, al contrario di Lomborg,
prevedono inondazioni, tempeste e siccità
sempre più frequenti e vedono nel cambiamento
climatico una pericolosa minaccia per gli ecosistemi
terrestri.
L'aumento delle temperature potrebbe innalzare
il livello del mare distruggendo coste e isole
del Pacifico e determinando l'estinzione di
migliaia di specie entro il 2100.
La temperatura della superficie terrestre è
aumentata di 0.6 °C da quando è cominciata
la Rivoluzione Industriale in Europa.
L'anno più caldo in assoluto è
stato il 1998, seguito da 2002 e 2003.
Secondo Drew Schindell, scienziato NASA, anche
i dati del 2004 sono preoccupanti: la temperatura
media del pianeta (14°C) ha superato di
1,5°C i valori dell'ultima metà del
secolo.
L'Intergovernmental Panel on Climate Change
(IPCC), un gruppo di 2000 scienziati indaga
il fenomeno per conto delle Nazioni Unite, prevede
un ulteriore aumento di 1,4-5,8 °C entro
il 2100.
Una questione aperta: attività umane
e impatto ambientale
Non tutti concordano, però, sull'importanza
dell'impatto umano sul cambiamento climatico
globale.
I cosiddetti "scettici" sostengono
che altri fattori, come la variazione della
radiazione solare, le ceneri dei vulcani e altri
effetti naturali potrebbero influenzare maggiormente
le temperature del nostro pianeta.
" La mia idea di fondo è che le
variazioni naturali siano molto più importanti
dei contributi umani " ha dichiarato George
Taylor, climatologo nello stato dell'Oregon.
I sostenitori di Kyoto ritengono, però,
che il protocollo di Kyoto sia una tappa importante
per regolare il clima, riducendo le emissioni
di CO2 delle nazioni industrializzate al di
sotto dei valori del 1990.
L'IPCC, del resto, già nel 1995 e successivamente
nel 2001, ha dimostrato il ruolo dell'influenza
umana sul cambiamento climatico.
" Siamo fiduciosi nel fatto che la gestione
del carbonio nelle attività industriali
si tramuti in un successo " ha dichiarato
David Hone, consigliere del Royal Dutch/Shell
Group e proprietario di 46 impianti che saranno
regolati dal sistema di commercio di CO2.
Dopo il 2012 sarà, però, certamente
necessario un nuovo piano per ridurre ulteriormente
il livello dei GHG atmosferici.
I dubbi della scienza
Il parere della maggior parte del mondo scientifico
non sembra però sufficiente a convincere
alcuni stati: Washington non dà segni
di avvicinamento alla politica di Kyoto e preferisce
puntare sul sequestro della CO2 e su fonti di
energia pulita come l'idrogeno, prodotto però
dal petrolio.
Sicuramente non si è in grado, oggi,
di quantificare i rischi del riscaldamento globale,
ed è difficile predire con certezza le
tendenze dei prossimi anni. L'impatto delle
attività umane sull'ecosistema terrestre
è, però, un dato di fatto. Saranno
i prossimi rapporti sullo stato di salute del
nostro pianeta a smentire o confermare i dubbi
scientifici.
Valentina Robbiati
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 Cos'è
il protocollo di Kyoto:
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Il Protocollo
di Kyoto è un documento
adottato nel 1997, nel corso della
Terza Sessione della Conferenza
delle Parti (COP) sul clima, istituita
nell'ambito della Convenzione Quadro
sul Cambiamento Climatico delle
Nazioni Unite (UNFCCC).
Nel Protocollo sono indicati per
i Paesi dell'Annesso I gli impegni
di riduzione delle emissione di
gas serra. Più precisamente
le Parti (i paesi industrializzati
che hanno aderito alla Convenzione
Quadro) dovranno, individualmente
o congiuntamente, assicurare che
le emissioni derivanti dalle attività
umane globali vengano ridotte di
almeno il 5% entro il 2008-2012,
rispetto ai livelli del 1990.
Il Protocollo prevede impegni di
riduzione differenziati da paese
a paese. All'interno dell'Unione
Europea, che si è prefissa
un obiettivo di riduzione della
CO2 dell'8%, per l'Italia l'obiettivo
si traduce in un impegno di riduzione
del 6,5% delle emissioni.
I Paesi che hanno ratificato il
Protocollo, al fine di raggiungere
il loro obiettivo, potranno avvalersi
anche dei così detti "meccanismi
flessibili": si tratta di misure
quali l'Emission Trading (ET), il
Clean Developement Mechanism (CDM)
e Joint Implementation (JM).
Da: www.wwf.it
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