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L'attentato dell'11 Settembre

Internet sotto chiave

Raccogliere, conservare e trattare dati personali: la torre statunitense dei diritti civili digitali si è schianta con le torri gemelle.

 

Dopo gli attacchi dell’undici settembre il “miracolo” a lungo cercato dalle amministrazioni statunitensi negli ultimi dieci anni si è materializzato.
Parliamo del tentativo, che in precedenza si era infranto sugli scogli della difesa delle libertà civili, di mettere sotto controllo i mezzi di comunicazione individuali ed in special modo Internet.
La cosa, per chi si occupa della rete, non è una novità.
Da anni, infatti, la possibilità di pubblicazione di contenuti senza controllo dall’alto e la comunicazione rapida e sostanzialmente priva di barriere che offre la rete sono nel mirino di censori e controllori.
Negli Stati Uniti, questa “voglia di grande fratello” si è sempre scontrata, in passato, con i diritti sanciti dalla costituzione americana in fatto di privacy e libertà d’espressione.
Parecchie cose, dopo gli attentati alle Torri Gemelle, stanno cambiando e non si tratta solo di questioni connesse alla sicurezza nazionale.


Il Partiot Act
Alcune settimane dopo gli attentati, in piena crisi da Antrace, il Congresso approvò, quasi all’unanimità, la legge Providing Appropriate Tools Required to Intercept Obstruct Terrorism Act, meglio conosciuta come Patriot Act.
La legge, approvata sotto la spinta dell’emozione, i falchi di Washington, infatti, non si sono lasciati sfuggire l’occasione, offre una cornice legislativa per un giro di vite ai danni di Internet e delle libertà civili che va al di là della prevenzione del terrorismo.
Il Presidente Bush "chatta" al computer

La sospensione delle libertà civili, in materia di comunicazione, in nome della sicurezza nazionale, crea, infatti, un varco attraverso il quale passa il controllo digitale dell’informazione che può essere utilizzato da soggetti pubblici e privati in nome di un concetto allargabile secondo i bisogni contingenti di “sicurezza”.
Un comma della legge, permette l’installazione di un software o altri strumenti in grado di monitorare o sorvegliare qualsiasi contenuto, sia pubblico, sia privato, quando un avvocato federale certifichi che ci siano informazioni rilevanti per un’indagine in corso.
Non si tratta di indagini legate a particolari tipologie di atti, come il terrorismo o la pedofilia, ma di qualsiasi raccolta di “indizi” che rivesta interesse per la sicurezza nazionale.
Il reato di terrorismo, infatti, è stato reso talmente vago che può essere considerato terrorismo anche un singolo atto di “critica” espresso sotto forma digitale.



Un computer collegato alla Rete

Indeterminazione
Concetti vaghi ed indeterminazione nelle definizioni a cosa servono?
In realtà in tutte le società occidentali la tendenza è quella di identificare in maniera stretta il concetto di interesse nazionale, con quello di interesse d’affari.
Il software negli Stati Uniti, ad esempio, è ormai, da tempo, equiparato ad un prodotto strategico d’interesse nazionale.
Ed ecco che la copia non autorizzata di un programma, anche per utilizzo privato, diventa un atto di pirateria informatica ed in quanto tale un “attentato” alla sicurezza nazionale.
Secondo le associazioni di difesa dei diritti civili, l’estensione del concetto di sicurezza allo scambio di dati di qualsiasi natura è congeniale a proteggere gli interessi ed i modelli di business delle grandi industrie della comunicazione digitale, della produzione di software e dell’intrattenimento, per le quali la possibilità di controllo dell’utente finale è un formidabile strumento di marketing.


Collezionisti di dati?
Ma non basta. Due mesi fa la Camera dei rappresentanti ha approvato, sempre a maggioranza schiacciante il Cyber Security Enhancement Act, che apre un’altra pericolosa falla sul fronte delle libertà civili.
La legge, infatti, rende pressoché automatica la possibilità, per le agenzie federali, di raccogliere ed archiviare a tempo indefinito, dati e comunicazioni di ogni cittadino.
La conservazione dei dati ed il loro incrocio attraverso i data base, infatti, permette di profilare comportamenti, consumi, abitudini e preferenze di gruppi di cittadini e singoli individui, aumentando le possibilità di controllo sociale.
Sono anni, infatti, che le associazioni dei diritti civili, si battono per la cancellazione dei dati non necessari dopo il loro utilizzo.
La conservazione di informazioni “obsolete” come ad esempio quelle relative alle prenotazioni aeree dopo che il volo è stato effettuato, trova una giustificazione solo ed esclusivamente sotto al profilo del controllo oppure del marketing.
Meno libertà e meno sicurezza, questa è l’equazione che emerge da quest’insieme di leggi.
La criminalità organizzata ed il terrorismo, infatti, dispongono dei mezzi economici e tecnologici per aggirare facilmente questi controlli, che, al contrario, non sono disponibili ai singoli cittadini.
Ecco allora che il crollo delle torri, di un anno fa, si configura come l’inizio di un giro di vite per restringere libertà civili, le quali nella rete avevano un luogo privilegiato d’espressione.

Sergio Ferraris

16/09/2002

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