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Lo spegnimento di uno dei nove
pozzi incendiato in Iraq |  | | I
danni della guerra Green Cross afferma che
le urgenze ambientali in Iraq non possono attendere. Un'azione congiunta
con l'Unep.
Green cross international ha richiesto la valutazione urgente dei danni ambientali
della guerra in Iraq, per una riparazione ed un ripristino della situazione ambientale
degradata dai recenti combattimenti. GCI ha elogiato l'organo delle Nazioni Unite
per la protezione ambientale, l'UNEP, per la pronta pubblicazione del rapporto
sui danni ambientali del conflitto ed ha auspicato che nell'opera di ricostruzione
siano inserite a pieno titolo le questioni ambientali, al fine di effettuare un
recupero effettivo e sostenibile di un ambiente compromesso da oltre venti anni
di guerre. Green
Cross non è nuova a studi di questo genere. In un lavoro iniziato nel 1998
sulle conseguenze ambientali del conflitto del 1991 Bertrand Charrier, direttore
esecutivo di Green Cross International, affermava: "La nostra valutazione
effettuata in Kuwait a sette anni di distanza dalla fine del conflitto indica
che ci sono ancora rilevanti danni ambientali. In primo luogo all'ecosistema del
deserto, alle falde freatiche con conseguenze gravi sulla salute della popolazione.
I danni ambientali conseguenze delle guerre, se non riparati al più presto
dopo la fine del conflitto - continua Charrier - continuano a degradare l'ambiente
e la salute degli abitanti". Oggi
in base allo studio del 1998 possiamo affermare - conclude Charrier - che i danni
sono, in conseguenza ad un utilizzo dell'artiglieria più intenso, di un
buon 30 per cento più grandi." Il conflitto del 1991 ha provocato
il riversamento nell'ambiente di oltre 60 milioni di barili di petrolio, il rilascio
nell'aria di un milione di metri cubi di sostanze tossiche ed inquinanti, la costruzione
di 375.000 trincee e pozzi, l'impianto di 1,6 milioni di mine e l'utilizzo di
oltre 130.000 tonnellate d'esplosivo d'artiglieria, in buona parte costituito
da uranio impoverito. "La differenza tra questa guerra e quella del 1991
è costituita dal minor numero di pozzi incendiati. - ha affermato Paul
Walzer, direttore dei progetti della filiale statunitense di Green Cross, Global
Green - Se i pozzi incendiati oggi sono poche decine contro i 788 del 1991, i
danni dell'utilizzo dell'artiglieria sull'ecosistema del deserto sono molto più
grandi. I costi del risanamento ambientale saranno molto alti ma non stimabili.
Quelli del 1991 furono di 40 miliardi di dollari ma la tipologia dei danneggiamenti
in quest'ultimo conflitto li farà sicuramente lievitare. È necessario
che la ricostruzione - continua Walzer - sia ispirata ai principi dell'amministrazione
integrata, in special modo per quanto riguarda le risorse idriche per le quali
vanno pensate sia la partecipazione delle popolazioni, sia un grado di consapevolezza
culturale che la specificità dell'area richiede. Il ripristino delle risorse
idriche dell'Iraq deve essere considerata nel quadro della sicurezza e della cooperazione
internazionale a livello regionale ed è necessario che, come afferma il
rapporto Unep, un coordinamento tra Siria, Iran, Iraq e Turchia per una gestione
del bacino idrico del Tigri e dell'Eufrate". Ma
i problemi da affrontare nel disastrato scenario ambientale post bellico non finiscono
qui. "È necessario - afferma Green Cross - inserire nelle analisi
congiunte delle NGO e dell'Unep l'inquinamento apportato dalle munizioni inesplose,
quello prodotto dagli agenti chimici e dal petrolio e quello dell'uranio impoverito.
Solo una valutazione completa ed a 360 gradi del dissesto ambientale ed una rapida
azione potranno permettere di limitare i danni, mentre un ritardo nell'opera di
bonifica non farà altro che aumentare i problemi, precludendo soluzioni
che vadano nella direzione dello sviluppo sostenibile non solo per l'Iraq ma per
l'intera regione." Sergio Ferraris
La
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