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Mikhail Gorbaciov |
 | PERESTROJKA
ANCHE PER LŽAMERICA di Mikhail Gorbaciov
(da
La Stampa del 15/2/2003)
La questione irachena si è ormai sviluppata fino a una soglia oltremodo
pericolosa. Può accadere l´irreparabile. Ne scrivo con piena
convinzione, pur volendo evitare ogni eccesso di enfasi. Sul fatto che
la questione debba essere risolta, e che debba essere fatta piena chiarezza in
questa acutissima crisi internazionale, c´è un consenso generale
di tutte le parti coinvolte. Penso che lo stesso governo iracheno sia non meno
interessato a questa chiarezza. L´Iraq, molto probabilmente, ha un
estremo bisogno proprio di questo. Ciò che accade è che,
sul modo con cui ottenere questa chiarezza, si è verificata una evidente
frattura politica, nelle opinioni pubbliche, in tutta la comunità internazionale.
Si sono delineate due varianti possibili: una basata sull´uso della
forza, l´altra su un uso della politica. La linea di frattura percorre tanto
il Consiglio di Sicurezza dell´Onu, quanto la Nato; tanto l´Europa
quanto l´America. Tutta la comunità internazionale è stata
dilaniata da questa divisione. E bisogna essere del tutto espliciti al riguardo:
la maggioranza è evidentemente contraria alla guerra contro l´Iraq,
ed è favorevole a un prolungamento della missione degli ispettori, così
come all´individuazione di misure necessarie affinché dall´Iraq
non emerga in futuro qualche pericolo. L´Amministrazione degli
Stati Uniti, al contrario, ha puntato tutto su una soluzione militare del problema
e non intende prendere in esame nessun altro argomento. Nello stesso tempo quelli
che essa considera argomenti non convincono nessuno. Ancora non erano terminati
i lavori degli ispettori e Washington già annunciava di voler risolvere
la questione con la forza. La Germania, la Francia, hanno avanzato proposte concrete
affinché il lavoro degli ispettori possa andare fino al suo compimento.
Quelle proposte sono state chiaramente sostenute dal presidente Putin.
Dal canto suo l´Iraq ha fatto passi concilianti e ha accettato l´idea
di voli di controllo ravvicinato, così come altre richieste concernenti
l´efficacia delle verifiche. Ma la direzione politica degli Stati Uniti
sembra non accorgersi di tutto questo e si comporta come se non la interessasse.
Peggio ancora: non cessa di ripetere che è pronta ad agire per conto pro-
prio, senza ascoltare nessuno. Tutti capiscono cosa comporta tutto ciò.
Prima di tutto morte e distruzione per la popolazione irachena. Ma sarà
anche un durissimo colpo all´autorità del Consiglio di Sicurezza,
caposaldo della comunità internazionale, strumento essenziale per la decisione
collettiva dei problemi della sicurezza. Ma Washington sceglie una rotta di collisione
verso coloro che sono stati suoi partner e ancora affermano di voler mantenere
una partnership strategica con gli Stati Uniti. Un tale comportamento dell´attuale
Amministrazione americana, così inspiegabile in termini politici e perfino
razionali, costringe tutti a porsi una domanda: ma davvero tutto ciò ha
a che fare con l´Iraq? Oppure l´Iraq è solo una vittima occasionale,
una specie di pretesto? Oppure si vuole oltrepassare consapevolmente la soglia
oltre la quale l´intera situazione mondiale verrà destabilizzata,
con l´obiettivo di mettere in piedi un nuovo ordine mondiale non più
guidato dal diritto, ma dalla forza? Certo, un nuovo ordine mondiale
è estremamente necessario. Ma l´Amministrazione degli Stati Uniti
sembra convinta che esso dovrà essere una dépendance di Washington,
dove si prenderanno in conto gli interessi americani e verranno ignorati gli interessi
di tutti gli altri. Questo è un errore doppio. In primo luogo
perché non è accettabile, in linea di principio e di fatto, che
gli Stati Uniti decidano da soli quali siano gli interessi da difendere e considerino
la propria sicurezza un valore superiore a quello della sicurezza collettiva.
Il secondo errore consiste nella totale impraticabilità di questo
atteggiamento. Washington può anche volere questo risultato con tutte le
sue energie, ma esso non può essere ottenuto. Un tale, presunto, ordine
mondiale non potrà essere creato perché il resto del mondo non lo
renderà possibile. E, invece di sicurezza, gli Stati Uniti vedranno moltiplicarsi
le minacce alla loro sicurezza. E´ inevitabile ricordare all´attuale
Presidente degli Stati Uniti la conclusione cui giunse un altro Presidente degli
Stati Uniti, nell´ormai lontano 1963. Disse allora John Kennedy: se c´è
qualcuno che pensa che il futuro del pianeta si chiamerà pax americana,
allora è bene che ci ripensi, perché è un errore. O il mondo
sarà di tutti, oppure non sopravviverà. Parole profetiche. Eppure
negli ultimi tempi in America capita sempre più spesso di sentire cose
del tutto opposte a quelle sagge parole. Il XX secolo è stato il secolo
americano? Ebbene anche il XXI secolo dovrà esserlo. Allora io mi chiedo:
e per gli altri popoli e paesi resterà posto? E i loro interessi, le loro
aspirazioni, i loro piani, quelli per i loro figli e i loro nipoti, in che secolo
dovranno realizzarsi? Di questo si rendono conto in molti, anche all´interno
degli Stati Uniti. Molti capiscono che queste pretese sono semplicemente insopportabili.
E allora, per dirla in breve, che cos´è che spinge l´attuale
Amministrazione americana verso una tale direzione? Devo dire, per quanto
mi riguarda, che faccio fatica a respingere l´idea che le cause vadano cercate
non in Iraq, ma nella difficile situazione di crisi in cui si trovano gli Stati
Uniti d´America. Io non intendo disegnare scenari apocalittici, ma non
può non preoccuparci tutti, americani inclusi, una così grande frattura
nel mondo, che può condurre alla rovina tutti gl´istituti esistenti
della cooperazione internazionale. Ma un mutamento di rotta non potrà avvenire
se non comincerà negli stessi Stati Uniti una riflessione sul modello da
essi scelto, di sviluppo economico e sociale, e se non ci sarà un grande
sforzo per guardare al futuro con maggiore realismo. In altri termini è
necessaria una profonda perestrojka per gli Stati Uniti d´America.
Mikhail Gorbaciov
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