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Pecoraro Scanio (Ministro dell’Ambiente): “I cambiamenti climatici minacciano boschi e biodiversità”


Le foreste italiane sono minacciate dalla siccità e dal caldo: in altre parole dal cambiamento climatico. Poco meno di un terzo dei boschi – il 31% - è già colpito dall’aumento delle temperature, che registra nel nostro paese un andamento a ‘macchia di leopardo’ con grandi differenze tra zone distanti anche pochi chilometri. Mentre addirittura l’80% della vegetazione forestale nazionale è interessata dalla diminuzione delle precipitazioni piovose e nevose diffuse su tutto il territorio italiano.
A scattare la fotografia dei boschi sottoposti allo stress climatico è una ricerca effettuata da tutti i dipartimenti botanici delle università italiane che è stata presentata al seminario ‘Le foreste d’Italia’, organizzato dal ministero dell’ambiente come seguito della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici e contemporaneamente come inizio del percorso che porterà alla Conferenza nazionale sulla biodiversità, convocata per il prossimo ottobre. Al convegno hanno partecipato il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, il direttore generale del servizio di conservazione natura Aldo Casentino, il direttore del Centro interuniversitario Biodiversità Carlo Blasi, il vicepresidente del CNR Federico Rossi e otto rettori di altrettante università italiane.
Lo studio individua con precisione i punti di crisi delle foreste italiane: da questa minuziosa analisi sui dati provenienti da 400 stazioni termopluviometriche distribuite su tutto il territorio nazionale emerge una lista di 21 foreste italiane minacciate in primo luogo dalla siccità, dal caldo e dall’azione combinata di questi due elementi del cambiamento climatico.
Tra le maggiori emergenze climatiche quella che colpisce i boschi di peccio (abete rosso) del Lago Gabiet, in Valle d’Aosta, dove in 20 anni la media delle precipitazioni è passata da 2.800 millimetri di pioggia l’anno a 1.000; o le faggete di Boscolungo, in Toscana, dove mancano all’appello 1.700 millimetri di pioggia l’anno (da 4.000 a 2.300 millimetri); sempre le faggete di Pescasseroli, in Abruzzo, dove si registra un saldo negativo di 900 millimetri di pioggia l’anno.
A grandi linee, per quello che riguarda la tipologia delle foreste italiane in condizioni di stress climatico, si può affermare che nell’arco alpino i boschi che stanno maggiormente subendo le conseguenze della diminuzione di precipitazioni sono le peccete (abete rosso) e i querceti di rovere e farnia. Scendendo più giù lungo la penisola, invece, le foreste soffrono maggiormente del maggiore inaridimento, ossia della pressione congiunta della siccità e caldo: è il caso specifico delle faggete e dei querceti di roverella e cerro. Nell’Italia meridionale – specialmente in Puglia, Calabria e Basilicata – il maggior elemento di rischio per lo sviluppo dei boschi è costituito dall’innalzamento delle temperature che minaccia la virgiliana, la vallonea e il fragno, tutti appartenenti al genere delle querce. Mentre nelle isole, a rientrare nelle aree a maggior cambiamento climatico sono le sughere e la macchia mediterranea in Sicilia e i boschi di leccio in Sardegna.
“Il cambiamento climatico, con siccità e l’aumento delle temperature, è oggi la minaccia più importante alla biodiversità a livello mondiale, assieme alla pressione antropica” , ha detto il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. “Meno boschi significa tra l’altro una minore capacità di assorbimento del carbonio rilasciato in atmosfera. Per spezzare questo circolo vizioso, il governo ha previsto nella Finanziaria 150 milioni di euro per la realizzazione di boschi urbani e suburbani nelle aree degradate e per il rimboschimento. Inoltre, dal summit di Bali ci aspettiamo, fra l’altro, un rilancio dei carbon sink, delle foreste come strumento di riduzione dell’anidride carbonica che mette a rischio l’equilibrio climatico del pianeta”.
“I dati raccolti sono elementi essenziali per individuare gli ambiti territoriali più vulnerabili e i boschi da tutelare o recuperare sia a scala nazionale che a livello regionale”, spiega Carlo Blasi, direttore del Centro Interuniversitario Biodiversità, presentando lo studio. “Approfondire la conoscenza puntuale della potenzialità forestale del territorio, dei boschi realmente presenti e della loro biodiversità è di fondamentale importanza per poter monitorare gli effetti e pianificare le risposte ad eventi quali i cambiamenti climatici o gli incendi”.
“Quello che comincia oggi – afferma il direttore generale del Servizio Conservazione natura del ministero dell’Ambiente, Aldo Casentinoè il percorso che l’anno prossimo culminerà nella Conferenza Nazionale sulla Biodiversità, prevista in coincidenza con l’Anno mondiale e la Conferenza internazionale. Questo e gli altri appuntamenti di preparazione serviranno a mettere a punto la Strategia nazionale per la Biodiversità, uno degli strumenti prioritari per la gestione naturalistica e ambientale del nostro Paese”. (Fonte: sito della Conferenza Nazionale sui Cambiamenti Climatici)

 

 

 

 

 


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