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Corrado Clini

Perché Kyoto è lontana dall’Italia
di Corrado Clini

Il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente, varato nel novembre 2006, evidenzia che gran parte degli Stati del ‘gruppo dei 15’ ha difficoltà a rispettare l’obiettivo del protocollo di Kyoto entro il 2012. La previsione è confermata dal World energy outlook 2006, secondo il quale nel 2012 l’Unione Europea potrà forse stabilizzare le emissioni cumulative degli Stati membri ai livelli del 1990, ma non potrà rispettare l’impegno ad una riduzione dell’8%. Le motivazioni di questo trend vanno dalla necessità di aumentare le importazioni di combustibili fossili e costruire centrali termoelettriche per compensare l’aumento della domanda primaria di energia (più 14,5% rispetto al 2000) alle barriere allo sviluppo poste dalle tecnologie a disposizione.
Per esempio, la crescita di oltre 10 volte rispetto al 2000 dell’energia eolica richiederà l’installazione di 120mila pale da 1 megawatt, al limite della capienza nei territori favoriti da venti costanti. Inoltre, le incertezze sul futuro dell’energia nucleare, senza la quale le emissioni attuali dell’Ue sarebbero molto più alte, compromettono definitivamente gli impegni del Protocollo.
Bisogna considerare che l’obiettivo 2020 impone all’Europa di sostenere politiche pubbliche e investimenti, ma che non sono previsti analoghi impegni delle economie sviluppate ed emergenti: il rischio di perdita di competitività è evidente. La riduzione delle emissioni di anidride carbonica, inoltre, è marginale: la riduzione europea del 20% delle emissioni nel 2020 corrisponde a una riduzione globale di meno del 4%. Gli stessi limiti della situazione europea si ritrovano, aggravati a livello nazionale. Secondo lo scenario energetico elaborato dalla Commissione Europea in luglio, in Italia nel 2020 i consumi di energia aumenteranno del 18,5% mentre le fonti rinnovabili passeranno dal 6,6% del 2005 all’8,7% e le emissioni di anidride carbonica cresceranno del 34% rispetto al 1990. Questi dati incorporano già gli impegni assunti per rendere più efficiente la struttura energetica e industriale italiana. Né è ritenuto ulteriormente comprimibile l’aumento della domanda di elettricità in Italia, visto che i livelli di efficienza energetica sono superiori alla media europea.
Per aumentare l’impiego delle fonti rinnovabili, solo il solare può contare su misure efficaci dal punto di vista delle autorizzazioni e degli incentivi. Ma questa tecnologia non consente rendimenti elevati mentre altre fonti più redditizie (eolica, biomassa e rifiuti) incontrano difficoltà importanti nell’autorizzazione delle autorità competenti. Per rispettare l’obiettivo del 10% nell’utilizzo dei biocarburanti sul totale dei consumi sarà necessario ricorrere alle importazioni. Questo potrebbe favorire investimenti italiani nelle zone tropicali di produzione, ma servirebbero regole Ue per l’abbattimento delle barriere tariffarie all’importazione.
La distanza dell’Italia dagli obiettivi 2020 amplifica le difficoltà dell’Europa di fronte ad una sfida, che forse è stata lanciata prima di valutarne fattibilità e portata. Ma, se si accetta la sfida, si devono identificare con urgenza i percorsi per governare i temi di sicurezza energetica, competitività e riduzione delle emissioni. E’ necessario ricordare, che protezione del clima e sicurezza energetica sono sfide che non si possono affrontare senza strategia globale che l’unilateralismo non è la strada migliore.

Corrado Clini, direttore generale del Ministero dell’Ambiente

(Fonte: Panorama Economy)

 



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