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Dopo il rapporto Ipcc, l’Europa teme i costi
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Dopo il rapporto Ipcc, l’Europa teme i costi
dell’inazione


La quarta relazione di valutazione dell’Ipcc presentata il 17 novembre a Valencia afferma che, negli ultimi 100 anni, la temperatura media mondiale è aumentata di 0,74°C e continuerà ad aumentare di circa 0,7°C per le emissioni dei gas serra già emessi; prevede anche che il ritmo di sviluppo economico provocherà un ulteriore aumento della temperatura globale tra 1,8° e 4°C nel corso di questo secolo. Secondo l’Unfccc e la Commissione Ue, i costi di una politica efficace sul clima ridurrebbero la crescita annua globale del PIL solo dello 0,12-0,19%, “senza tenere conto dei benefici ambientali e sanitari accessori o dei miglioramenti sul piano della sicurezza energetica”. I 25 principali paesi inquinatori sono responsabili dell’83% delle emissioni globali di gas ad effetto serra e nei paesi sviluppati le emissioni pro capite sono ben superiori a quelle prodotte nei paesi in via di sviluppo. La Banca mondiale calcola che saranno necessari ogni anno da 10 a 40 miliardi di dollari per consentire uno sviluppo ‘a prova di clima’ nei paesi più poveri, mentre i contributi a fondi specifici di adattamento previsti sono solo di 150-300 milioni di dollari l’anno. Mentre l’Opec manda a dire che il prezzo del petrolio è ormai incontrollabile. Il rapporto Stern stima al 5-20% del Pil mondiale annuo i costi economici, sociali e sanitari dell’inazione. Proprio dal governo che ha commissionato il rapporto Stern, quello della Gran Bretagna, viene una delle prime reazioni alla relazione dell’Ipcc: il ministro dell’ambiente Phil Woolas ha detto che “il mondo dovrà rilevare la sfida sollevata dall’Ipcc sull’evoluzione del clima ed agire in maniera urgente per ridurre le emissioni di gas serra, quindi prendendo misure per trattare le loro gravi conseguenze. Il rapporto ha portato a compimento un lavoro globale ed autorevole sullo stato dei cambiamenti climatici nel mondo e il suo messaggio indirizzato ai governi del mondo è molto serio. Nessun governo può ignorare il lavoro dell’Ipcc sui rischi dei cambiamenti climatici. E’ un chiaro appello all’azione. Quando ci riuniremo il mese prossimo a Bali, dobbiamo lanciare dei negoziati ufficiali per un accordo internazionale sul clima che comprenda tutti i grandi Paesi del pianeta. Non dobbiamo sprecare la volontà politica ed il dinamismo generati quest’anno dal lavoro dell’Ipcc. Dobbiamo – ha concluso Woolas intraprendere un lavoro serio sul nuovo quadro climatico dell’Onu di qui al 2009”. Infatti la prima delle urgenze sottolineate dalla sintesi dell’Ipcc destinata ai decisori politici e dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon nella sua dichiarazione conclusiva a Valencia, è quella di coinvolgere negli obblighi del post-Kyoto non solo i refrattari come Usa e Canada, ma anche i grandi Paesi emergenti ed a rapido sviluppo economico e di emissioni come Cina, India, Brasile e Sudafrica. Anche l’Unione Europea ha apprezzato i risultati del summit di Valencia, il Parlamento europeo ha sottolineato le consonanze del quarto rapporto Ipcc con le sue raccomandazioni e gli impegni dell’Ue e il commissario all’ambiente Stavros Dimas ha detto che il quarto rapporto “è un avvenimento importante per le nostre conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici e le gravi minacce che il riscaldamento climatico pone al pianeta. Il rapporto sostiene completamente la politica dell’Ue secondo la quale l’aumento della temperatura globale media deve essere limitato ad un massimo di 2 gradi sulla base della temperatura pre-industriale. Le conclusioni del rapporto costituiscono un forte avvertimento al mondo pel quel che riguarda la forte necessità di ridurre le emissioni di gas serra, se vogliamo impedire al cambiamento climatico di portare le temperature ad un livello catastrofico”. Dimas ha chiesto alla comunità internazionale di reagire trovando un accordo a Bali “per lanciare negoziati su un vasto ed ambizioso nuovo accordo mondiale sul clima. E’ necessario per tutti i principali emettitori di gas serra sviluppare i loro sforzi se vogliamo avere una chance di controllare il cambiamento climatico, prima che sia troppo tardi”. Anche per Jean-Louis Borloo, ministro francese dell’ecologia, “il nuovo rapporto Ipcc costituisce una vera messa in guardia: conseguenze del riscaldamento climatico sono già percettibili, e queste conseguenze stanno accentuando il rischio di diventare irreversibili. Le costanti sono inquietanti, così come le previsioni. Ma c’è anche un messaggio di speranza nel rapporto dell’Ipcc: la comunità internazionale, se si mobilita, può agire, con un costo che sarà ben inferiore a quello dell’inazione. Di fronte a questa sfida di natura planetaria, l’insieme della comunità internazionale deve dare una risposta urgente, collettiva ed ambiziosa: è la sfida della Grenelle environnement (gli stati generali francesi dell’ambiente ndr) ed un impegno maggiore della presidenza francese dell’Unione europea. Questo sarà anche il mio messaggio durante la Conferenza delle Nazioni Unite a Bali in Indonesia, in appoggio alle dichiarazioni di Ban Ki-moon”. “E’ ora quindi di abbandonare l’assurda polemica tutta italiana che vuole mettere in dubbio l’esistenza stessa dei cambiamenti climatici ad opera dell’uomo. E’ invece urgente impegnarsi affinché le azioni coinvolgano tutti gli stati e siano il più efficaci possibili”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che ha aggiunto: “A Valencia si registra l’unanimità del mondo scientifico, costituito in un Panel internazionalmente riconosciuto. La stessa unitarietà non si registra invece nel mondo politico troppo attento a difendere investimenti non compatibili con l’emergenza planetaria. Il lavoro da fare, anche in vista del summit di Bali di dicembre, è proprio quello di costruire un accordo capace di definire obiettivi adeguati alla sfida che abbiamo di fronte. Non è certo facile ma la scienza ci offre ora un quadro che non lascia spazio all’incertezza e all’inerzia”. (Fonte: greenreport)

 



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