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Dario Fo
Dario Fo

Benvenuta la catastrofe
di Dario Fo

Il dramma dell’inarrestabile surriscaldamento terrestre non sembra sollevare timori e preoccupazioni eccessivi nella gran parte della popolazione del pianeta, ma esiste un certo numero di cittadini per i quali al contrario il problema sta diventando una disperata ossessione. Io personalmente, lo devo ammettere, faccio parte da tempo di quest’ultima categoria. Non perdo occasione, appena incontro qualcuno, sia maschio che femmina, sia giovane che anziano, di sollevare il problema e di tentare il loro coinvolgimento col classico approccio: “Ha notato? Non c’è proprio più stagione…un momento si scoppia dal caldo…all’istante c’è tempesta, grandine e perfino neve…”.
I più scantonano, ma se l’interlocutore abbocca è spacciato. Gli tengo una concione sugli effetti dell’inquinamento da stordirlo. Ci provo anche in taxi col conducente e perfino in autobus, sia con passeggeri sia con il responsabile che controlla i biglietti. Non parliamo poi, quando mi ritrovo a viaggiare in treno… guai se qualcuno mi chiede di essere fotografato con me mostrando il cellulare: lo faccio subito accomodare nella poltrona vicino, se non c’è posto lo prendo addirittura sulle ginocchia, e qui al par d’un ragno, inizio a tesser la tela. Qualcuno, pur di salvarsi dall’aggancio, scende qualche fermata prima!
Un giorno sull’aereo Palermo-Milano, ho agganciato una bellissima signora, anziana ma di un’eleganza raffinata…sembrava uscita da una sequenza del Gattopardo di Visconti. Appena ho accennato al disastro atmosferico, mi ha afferrato una mano e accarezzandola mi ha supplicato: “Oh sì, me ne parli! Mi interessa moltissimo”. Comincio la mia lezione con entusiasmo: “Vede, il problema è complesso e articolato. Ormai non c’è quasi più nessuno che non ammetta la responsabilità dell’uomo riguardo alla condizione del pianeta e al suo surriscaldamento. Ma esplode una feroce diatriba appena si comincia a discutere del come salvare la Terra e ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica, tonnellate di gas tossico che letteralmente intasano l’atmosfera”. La signora mi segue come incantata. Io incalzo: “Sorgono tre categorie di pensiero. C’è chi dice basta diminuire per gradi ma drasticamente l’uso dei motori a scoppio con propellente fossile, eliminare le vecchie caldaie per il riscaldamento delle case e degli uffici e installare nuovi impianti di eolico, solare e, perché no?, anche nucleare…”.
La signora ha un sussulto. “Certo – la tranquillizzo schioccandole un piccolo bacio sulla fronte – non si preoccupi…Oggi come oggi, riprendere col  nucleare è una soluzione improponibile…a parte la produzione di scorie radioattive che tuttora non sappiamo dove e come sistemare…sto parlando delle centinaia di migliaia di tonnellate che l’America e l’Europa, Russia compresa, hanno prodotto dall’inizio del nucleare e che non siamo ancora riusciti a smaltire, se non collocandole in luoghi e spazi provvisori come lo Utah che è diventato un’orrenda discarica di morte…operazione con un costo all’infinito di miliardi di dollari. Ma lo sa che per riuscire a produrre energia pulita e sufficiente per il cinquanta per cento del fabbisogno globale dovremmo costruire una centrale nucleare al giorno per i prossimi sessantatre anni?”.
La signora con un sorriso dolcissimo stampato in viso, accenna ad un abbraccio poi si compone imbarazzata. “Quindi non ci resta – incalzo io – che scegliere le cosiddette energie eco-compatibili che produrrebbero elettricità e altre energie accettabili ma in grado di soddisfare solo una percentuale minima del nostro fabbisogno”. “E quindi? – mi chiede la deliziosa creatura che ormai pende letteralmente dalle mie labbra – E allora?”. “Se l’intera umanità, i governi, i produttori, gli stati, non si impegnano in un’azione stravolgente, creando nuovi sistemi produttivi potenti e non inquinanti, siamo alla fine”.
La signora, con un’espressione addolorata implora: “Oh, salvaci!”. E si butta tra le mie braccia. “Faremo l’impossibile…dando per certo il cambio di rotta definitivo dei paesi occidentali altamente industrializzati e all’avanguardia, il problema saranno poi i paesi orientali emergenti, che vogliono assolutamente raggiungere il nostro livello di vita e di ammodernamento tecnologico, quindi si rifiutano di aborrire i propellenti fossili”.
La signora, sconvolta, si stringe sempre più a me tremante, e mi inonda di lacrime. Non posso fare a meno di tranquillizzarla: “Ma vedrà che si troverà il modo di uscire indenni da questa tragedia”. Giungiamo a Milano. Dal fondo del corridoio appaiono un medico e un infermiere. Caricano su una sedia a rotelle la signora che non abbandona mai la mia mano. “Grazie di avermi regalato questo stupendo viaggio – dice mentre la legano alla poltrona mobile, poi aggiunge – Lei dovrebbe fare l’attore”. Il medico si rivolge a me e chiede: “Non l’ha importunata, spero. Purtroppo, ogni tanto, esce letteralmente di senno”. La signora è già in fondo al corridoio e rivolgendosi al suo accompagnatore esclama: “Che bella storia che mi ha raccontato quel signore. Era così romantica…mi ha fatto piangere. Peccato non sapere come finisce”. E’ proprio vero: il mestiere del divulgatore scientifico è carico di insidie e di delusioni.
Oltretutto, in questo periodo ho scoperto il significato profondo del termine oberato. Mi ritrovo ad essere oberato totale, aggredito ogni giorno da impegni che si sovrappongono. Sono costretto a declinare diecine di richieste ma appena mi giunge l’espressione disastro ambientale, effetto serra, scatto come un grillo esaltato. Non sto parlando di Beppe Grillo, l’esaltato in questione è un grillo normale.
L’altro giorno ho accettato perfino di partecipare ad un programma televisivo condotto da Giuliano Ferrara. Il tema neanche a dirlo era: Chi crede al disastro atmosferico? Avevo assistito qualche settimana prima ad un programma analogo sullo stesso tema condotto sempre da Ferrara, che esibiva in merito uno scetticismo sconcertante. Ironizzava su inchieste molto serie sull’ambiente, realizzate da scienziati di gran valore, come si trattasse di ‘bufale da venditore ambulante’. Il suo tormentone più o meno era: “Ma esiste davvero questo pericolo ambientale? Gli uragani e le stragi dello tsunami sono conseguenza dell’inquinamento o fenomeni occasionali che qualcuno ha interesse a trasformare in cataclismi apocalittici sui quali pompare e vendere libri, documentari e perfino film fantascientifici a gogò? Si sa, il disastro fa sempre cassetta!”.
Con lui, su un piano meno strafottente ma ugualmente carico di negazionismo scettico, c’era anche il fratello di Prodi, laureato in fisica e direttore niente meno che dell’Istituto Isac-Cnr. Anche in quest’ultima occasione lo scienziato faceva parte degli invitati, ma Ferrara non esibiva la sua normale sicurezza spacca tutto. Anzi come mi sono affacciato allo studio televisivo si è levato per salutarmi allargando le braccia festoso, ma non ce l’ha fatta: si trovava letteralmente incastrato tra la poltrona e la scrivania. Anche il fratello di Prodi, il professore di fisica, faticava a porsi in piedi. Ho notato che era fortemente ingrassato rispetto all’ultima trasmissione. Ferrara era del suo grasso normale, invece.
Ma no, mi sbagliavo. Guardando meglio il conduttore mi resi conto che il suo ventre stava invadendo l’intero piano del tavolo davanti a sé, strabordava con tutto il corpo. “Ma che succede”, dissi preoccupato. Giuliano singhiozzò e copiose lacrime gli sgorgarono dai grandi occhi. “Non so che mi stia capitando”, mormorava: “E’ dal giorno dell’ultima trasmissione sull’ambiente che entrambi (indicava il fratello di Prodi) siamo stati colpiti da questa maledizione: ci gonfiamo a vista d’occhio”. “E’ terribile”, commentai a mia volta. “Ma, scusate se mi permetto: non sarà a causa del frottolame denigratorio che vi lasciate sfuggire?”. I due si guardarono l’un con l’altro con un’espressione che non prometteva nulla di buono, poi all’improvviso in coro esplosero: “Sì, abbiamo proprio questo dubbio. Per essere sinceri noi non crediamo a ciò che andiamo sostenendo sul negazionismo scettico, ce lo siamo un po’ manipolato in negativo. Il fatto è che dal giorno in cui abbiamo incominciato a trattare in forma grottesca il problema del surriscaldamento terracqueo, ci stiamo dilatando come mongolfiere”.
“Ma scusate, non potete rimanere così inerti. Bisogna chiedere aiuto”. “E’ vero, aiutaci tu!”. “Tanto per cominciare, bisogna portarvi fuori da ‘sta trappola. Qui dentro vi sta mancando lo spazio”. “Hai ragione, ma come facciamo ad uscire, le porte sono ormai diventate troppo strette per noi”. Con uno zompo mi affaccio alla porta e urlo: “Chiamate degli operai! Bisogna sfondare la parete! Presto! Subito!”.
Nessuno si fa vivo, ma una voce dall’alto della scala grida: “Sono fuggiti tutti per via dello tsunami”. “Lo tsunami? In televisione? Ma dov’è?”. “Guarda fuori dalla finestra: si vedono onde grandi come palazzi, fra poco l’uragano sfonderà anche qui”. “Dario, aiuto! Portaci fuori da ‘sta trappola!”, mi imploravano Prodi e Ferrara sempre più incastrati. “Scusate ma m’è venuto in mente di un appuntamento, devo proprio lasciarvi, mi spiace. Spero di rivedervi”. Faccio per avvicinarmi alla porta ma arriva un’ondata terribile che squarcia ogni parete. Mi trovo trascinato dall’uragano. Mi escono bollicine dal naso e dalla bocca in quantità…Risalgo…spunto con la testa fuori dall’acqua…è tutto calmo. Ferrara e il professore emergono a loro volta galleggiando come due grandi boe. Sbattono braccia e gambe ridendo…“Siamo salvi! Si galleggia. Non si potrebbe avere un paio di remi?”. Ma all’improvviso tutti e due emettono un gemito lacerante: “Ahhh! Stiamo sgonfiandoci!”, urlano. “Aiuto!”. E’ vero, come palloni aerostatici sforacchiati si rimpiccoliscono velocemente, poi un piccolo scoppio…e spariscono. All’istante mi risveglio. Mi trovo seduto su una poltrona dove mi ero addormentato. Meno male era solo un brutto sogno, o meglio un incubo terribile.
In verità negli ultimi mesi qualcosa sta cambiando. Perfino Bush, figlio, nipote e amico di petrolieri e petroliere a sua volta, ha dovuto cambiare atteggiamento. Il Pentagono, meglio, uno dei più autorevoli generali del Pentagono, ha pubblicamente dichiarato con risolutezza, documentando ogni affermazione, che la guerra contro l’Iraq è stata organizzata nell’intento di bloccare il progetto di Saddam Hussein che, ancora alleato degli Stati Uniti, aveva deciso di dirottare i maggiori oleodotti del Paese verso l’Asia, invece che a vantaggio del Kuwait, deposito assoluto del mercato americano.
Inoltre gli scettici sono rimasti completamente spiazzati dalla notizia secondo cui la Exxon Mobil ha offerto diecimila dollari, evidentemente pro capite, a un certo numero di climatologi ed economisti che si sono prestati a offrire notizie positive riguardo la salute del pianeta. Non solo, la Royal Society ha accusato la stessa Exxon Mobil di aver distribuito 2,9 milioni di dollari alle lobby antiambientaliste perché minimizzassero rischi legati al cambiamento climatico.
Ma la gente, i governi, le aziende di tutto il mondo non si limitano più a dibattere dell’emergenza ambientale, stanno passando all’azione. Un po’ in ritardo, ma si muovono. Schwarzeggener, governatore della California, ha assicurato che ridurrà dell’ottanta per cento, da qui al 2050, i livelli di emissione di anidride carbonica rispetto agli anni Novanta. L’Unione Europea ha annunciato che taglierà le proprie emissioni di gas serra del venti per cento entro il 2020, aumentando al contempo del venti per cento la produzione di energia solare e di altre forme di energia sostenibile. David King, consigliere capo scientifico del Regno Unito, ha ribadito che ci troviamo in grave ritardo. Continuando ad usare petrolio a questo ritmo, fra poco ci occorreranno almeno venticinque anni per disabituare la nostra civiltà ad utilizzare i combustibili fossili.
Gli oceani immagazzinano il calore per secoli e l’anidride carbonica resta nell’atmosfera per decenni. Con questa prospettiva c’è da mettersi le mani nei capelli e urlare disperati: ma con che razza di politici ritardati e criminali abbiamo a che fare? Possibile che non siano in grado di capire la terribile situazione? A questo proposito il nostro governo, in Italia, ha mostrato un programma serio e fattibile o naviga sperando in Dio? Non c’è da scherzare. Perfino il Papa, qualche giorno fa ha denunciato, al termine di un’omelia contro l’egoismo brutale della classe imprenditoriale: “Il capitalismo è il primo responsabile di questo rovinoso sfruttamento del pianeta”.
Ma basta con le notizie nefaste, è tempo di cambiare clima e copione. Mettetevi seduti comodi e rilassati, distendete tutti i vostri muscoli, soprattutto quelli del viso, esibite un’espressione serena, versatevi un bicchiere di vino, birra, anche champagne se ce l’avete – fresco mi raccomando! – e sorseggiate felici, sollevate il calice poiché vi sto per annunciare una notizia veramente straordinaria e finalmente positiva. Basta con questa sindrome della catastrofe imminente! Basta con gli annunci calamitosi! Basta con gli apocalittici film-documentari che accusano l’intera umanità, guidata da responsabili irresponsabili e da imprenditori e uomini d’affari interessati solo al profitto!
E ne abbiamo anche abbastanza delle diatribe furibonde fra i numerosi scienziati che preannunciano disastri imminenti e i colpevoli di questo funereo clima che immancabilmente rispondono: “E che ci possiamo fare noi? Blocchiamo l’estrazione di petrolio, carbon fossile e mandiamo allo scatafascio le industrie d’auto, camion, trattori, bulldozer, motorini, motorette? Fermiamo il riscaldamento e raffreddamento termico di milioni di case, uffici, ospedali? E non dimenticate – aggiungono i confindustriali – che il maggior numero di impianti per la produzione di energia elettrica funziona ancora grazie a propellenti fossili. Volete fermare il mondo e la sua vita?”. E allora come diceva Woody Allen: “Fermiamolo ‘sto mondo e scendiamo. No, anzi, scendete voi catastrofisti! Avremo finalmente un peso morto e petulante in meno”. No, tranquilli, non ci sarà nessuna imminente fine per l’umanità, anzi potremo assistere a una rinascita favolosa del pianeta e a un radioso futuro per uomini, donne, animali, alberi e fiori. Questa è la meravigliosa notizia che vi porto! Il pianeta non soccomberà né oggi né domani, non ci sarà la catastrofe, al contrario sta per realizzarsi il grande ribaltone, un cambio di rotta straordinario che pochi illuminati avevano previsto e calcolato.
Di che si tratta? Attenti! A questa notizia alcuni grideranno al disastro immane, altri, gli eletti, applaudiranno entusiasti al miracolo, opera di un dio generoso che vuole la nostra salvezza. D’altra parte Einstein ci aveva più volte avvertiti: “L’universo è colmo di sorprese festose e crudeli”, e aggiungeva: “Non dimentichiamo, che senza le grandi catastrofi l’uomo oggi non esisterebbe; noi siamo figli di una catena spaventosa di tragedie immani”.
Ma insomma, di che si tratta? Qual è questa catastrofe che ci salverà?! E’ semplice, la fine del petrolio!!! Cosa? In che senso? Siete rimasti attoniti eh? Increduli? Sì, è una questione di qualche anno, forse il prossimo: il mondo rimarrà all’istante senza propellenti fossili, tutti fermi, con le nostre macchine bloccate, le caldaie vuote, i generatori di corrente muti. No, non è uno scherzo…volete una prova tangibile? E allora rispondetemi: come mai soltanto negli ultimi anni il prezzo del petrolio è aumentato di ben otto volte e continua a montare? Dai diciotto dollari al barile di tre anni fa siamo saliti ai quarantacinque dollari di questi giorni. Alcuni studiosi del settore ce ne danno una risposta quasi ovvia: il prezzo del petrolio aumenta in maniera inversamente proporzionale al precipitare dell’offerta del prodotto sul mercato. In poche parole, cresce a dismisura perché non ce n’è più.
Non avete capito? I pozzi di petrolio sono ormai agli ultimi palpiti, molte di quelle pompe hanno cominciato ad aspirare fango puzzolente, invece dell’inebriante oro nero. Si potrà continuare a cavarne ancora qualche migliaio di tonnellate ma non ne varrebbe la spesa e la fatica. Quindi mettetevi il cuore in pace, addio alle quattro ruote, si torna all’età della pietra, meglio dei pedoni! Via!
Qualcuno di voi sorride. Sì, detta così sembra una boutade. Ma un giornale serio come l’Observer qualche giorno fa ha dedicato tutta la prima pagina del quotidiano a questa folle notizia. Innanzi tutto ci viene rivelato che da anni le imprese petrolifere in massa ci stanno spudoratamente mentendo: tutti i dati riguardanti la quantità del greggio estratto sono sempre stati pompati per farci credere che di petrolio ce ne fosse da buttare. “Ne abbiamo da cavare per almeno un paio di secoli e ogni giorno scopriamo nuovi giacimenti!”. Tutto falso.
L’anno scorso è stato pubblicato un libro che ha prodotto un certo scalpore. Il titolo ci dice già quasi tutto: La verità nascosta sul petrolio. Sottotitolo: Un’inchiesta esplosiva sul sangue del mondo, di Eric Laurent. Nel libro c’è un capitolo in cui viene presentato il pensiero di Jean Claude Balanceanu che nel 1979 era il massimo esperto dell’Istituto Francese del Petrolio. Nello stesso periodo, cioè trent’anni fa, lo scienziato dichiarava: “Lo slogan fisso della società dei consumi è Petrolio a volontà!Che cosa succederà il giorno in cui l’umanità resterà senza idrocarburi? Le strade rimarranno deserte, anzi di lì a poco non esisteranno più neanche le strade, a causa della mancanza di catrame e asfalto. Le pompe di erogazione spariranno. I commercianti – dal piccolo negozio sotto casa al supermercato, dai mercati rionali ai macellai – saranno obbligati a chiudere. Niente più trattori nei campi né aerei nel cielo. Tutte le navi saranno condannate a rimanere in porto. Niente più riscaldamento a gasolio e questo significa che la metà delle case, degli uffici, delle scuole, degli ospedali rimarranno al freddo d’inverno e nel bollore d’estate. Il sistema industriale sarà paralizzato. L’agricoltura tornerà indietro di un secolo. Quasi tutte le materie prime e le fibre artificiali scompariranno.
Vi ripeto: questa avvisata è stata scritta e divulgata quasi trent’anni fa, ma pochi ci hanno fatto caso. La nostra arroganza ci ha spinto all’oblio e all’incoscienza. Negli ultimi cento anni gli abitanti del nostro pianeta hanno condotto una progressione di vita davvero sciagurata. Negli anni Sessanta, il consumo di petrolio era di sei miliardi di barili all’anno e le scoperte assicurano una produzione dai trenta ai sessanta miliardi. In questo inizio di secolo il consumo è pari a trenta miliardi di barili all’anno e le nuove scoperte assicurano una produzione di soli quattro miliardi.
Alle soglie della Seconda guerra mondiale c’erano 2,3 miliardi di abitanti e 47 milioni di veicoli. Oggi ci troviamo con 6,7 miliardi di abitanti e 775 milioni di veicoli, più 200 milioni di camion. La popolazione cresce all’anno dell’1,3 per cento, il numero delle auto del 6 per cento. Negli Stati Uniti viaggiano 775 macchine ogni mille abitanti, il 25 per cento in più che in Europa e Giappone e l’Italia ha il record negativo d’Europa! Evviva!
Le riserve di petrolio, sia quelle americane che russe, sono state sovradimensionate dai rispettivi governi e produttori. Le cifre pubblicate sono da ridurre di oltre della metà. Giornalisti indipendenti hanno tentato più volte di smentire i petrolieri e le loro stime, ma sono stati censurati tanto nel cosiddetto mondo libero che nella Russia governata dagli oligarchi. Un imprenditore oligarca russo, il cui nome ci ricorda le farse sul potere di Gogol, un certo Khodorkhovsky, si era permesso di dare notizie vicine alla realtà sbugiardando i dati del regime e svelando che “oltre il sessanta per cento dei giacimenti si ritrovano sull’orlo dell’esaurimento”. Putin l’ha subito fatto arrestare. Da quel momento le notizie sul petrolio in Russia sono diventate segreto di Stato. Come la villa in Sardegna di Berlusconi…Lo stesso clima repressivo è prodotto anche da Bush, che qualche anno fa aveva ordinato di licenziare i ricercatori che propagavano notizie allarmanti sui pericoli cui va incontro il pianeta e sulle scorte di greggio.
Ma perché tutti questi potenti insistono a mentire sulle riserve del petrolio? Per evitare che ci si dedichi a progettare e produrre nuovi motori funzionanti con altri propellenti, non esauribili e alternativi al petrolio, oltretutto non inquinanti. Questo provocherebbe un crollo immediato del greggio restante. Ecco perché l’impero occidentale sostenuto e spinto dai petrolieri si è gettato in Medio Oriente in azioni militari di conquista rapide e insensate: libertà per gli oppressi e petrolio per noi! E’ risaputo che i grandi produttori di propellente fossile da sempre sono legati mano e piedi ai fabbricanti di auto, camion e moto. Per non parlare delle armi.
L’Indipendent ha inoltre svelato che l’ora zero in cui le pompe cesseranno definitivamente di succhiare si sta avvicinando inesorabile. Secondo gli scienziati del settore più accreditati ci sarà un picco di soli tre, quattro anni di crescita delle estrazioni, poi si produrrà un repentino crollo verticale. Le pompe diverranno all’improvviso reperti storici inutilizzabili.
Vedo qualcuno impallidire…Ma la gran parte di voi insiste nel definire questa nefasta avvisata una boutade goliardica. Vi ricordate la grande rivoluzione che esplose in seguito all’apparire del computer? Le macchine da scrivere diventavano all’istante apparecchi obsoleti da buttare, milioni di oggetti batti-parole che ci avevano accompagnato per una vita, all’improvviso gettati nella più puzzolente delle discariche. Lo stesso capiterà con le auto a benzina. Una strage di ferraglia premuta e impacchettata!
Così un bel mattino, magari a Milano o Roma o qualsiasi altra città dell’Italia o dell’Europa intera, ci alzeremo dal letto schiacciando il pulsante della luce e ci renderemo conto che nessuna lampadina si accende. Andremo alla finestra per far salire le tapparelle elettriche ma anche quelle non si muoveranno. Se ci troveremo d’estate ci renderemo conto che il condizionatore d’aria non funziona, che nel frigorifero sta tutto marcendo e che dai fornelli della cucina gas, gas non ne esce.
Ci precipiteremo fuori di casa e troveremo il bar nel quale abbiamo sempre consumato il nostro santo cappuccino con brioche, pieno, stracolmo di clienti che bestemmiano: “Neanche il caffè! Come si può iniziare una giornata senza caffè!”. “Ma che t’importa di ‘sta giornata! Tanto non puoi neanche andare a lavorare, la tua macchina è a secco e la tua fabbrica è chiusa per mancanza di materie prime. Fai conto che sia una domenica ecologica. Prova a respirare, sentirai che aria fresca!”. “Fresca un corno! E’ intasata più del solito, c’è un puzzo che schianti!”. “Beh, abbi fede, ancora una settimana, anche due…tre…magari un mese di questo black out e vedrai…pian piano l’atmosfera si purga”. “Si purga un cavolo! Ci vorranno vent’anni per ripulire l’atmosfera dalle tonnellate  di porcherie che ci abbiamo sparato”. “Esagerato…il solito pessimista…puoi scommetterci, fra qualche settimana respireremo che ci sembrerà d’essere in montagna!”. “Sì, bravo. In un’alta montagna di rifiuti! Se non passano i camion a ritirarli ci troveremo in una bella discarica. Peggio che a Napoli!”. “Ma che discarica? Per scaricare qualcosa bisogna possedere cibo da consumare, verdure da ripulire, rifiuti da gettare…”. “Eh che menagramo”. “Già! Chi non consuma non sporca! Infatti il più pulito è il morto di fame”.
Qualche minuto dopo nello spiazzo dove c’è il distributore, che ci si trovi a Parigi, a Boston o a Chicago, ma noi preferiamo immaginarci a Milano nei pressi di Porta Romana, proprio dove c’è il benzinaio, scorgerete una fila di macchine infinita: non c’è benzina, neanche gasolio. Aspettavano l’arrivo da un momento all’altro delle autobotti, ma qualcuno avverte che la situazione è identica in tutta la città. Anche la televisione non s’accende. Una radiolina a pile dà la notizia che le autostrade sono interamente sgombre. Anche i treni sono fermi in stazione. E’ un black out completo. Qualcun altro dà la notizia che l’esercito sta requisendo i depositi delle raffinerie. Il governo dichiara lo stato di emergenza, ma non trova il mezzo per poterlo comunicare ai cittadini. Imperterrite, televisioni e radio restano spente. I giornali si stampano con il petrolio quindi sono ferme anche le rotative, a parte mancherebbero i mezzi per distribuirli. I cellulari si stanno scaricando. Alcune piccole radio riescono ancora a trasmettere qualche notizia, per lo più catastrofica. Tanto per cominciare si viene a sapere che le azioni petrolifere sono crollate a picco, tutte insieme, e hanno trascinato nel baratro le numerose imprese che lavoravano materiale sintetico, coibenti, generi in plastica…il tutto per ottantamila prodotti derivati dal petrolio.

Dario Fo, Premio Nobel per la Letteratura 1997, Regista, Attore, Drammaturgo

(Fonte: La Repubblica)

 

 

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