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|  |  Serre di alghe contro l’effetto serra?
 L’uso di  alghe per catturare CO2 potrebbe davvero cambiare la percezione di questi  organismi, finora visti come un effetto dell’inquinamento agricolo e causa di  maree rosse, irritazioni cutanee, diminuzione di ossigeno nel mare e morte  della fauna acquatica. Invece, il potenziale delle alghe di assorbire gas serra  e mitigare il riscaldamento globale potrebbe risultare utilissimo per evitare  catastrofi ambientali. Come le piante, le alghe consumano anidride carbonica e  i ricercatori dell’università Jacobs di Brema, in Germania, hanno  scoperto che prendendo le alghe dal mare, mettendole in una serra ben esposta  alla luce e alimentandole con la CO2 emessa da generatori elettrici  convenzionali, le alghe trasformano l’anidride carbonica in biomassa che può  essere utilizzata come biodisel che non emette gas serra. Si tratta del Greenhouse  gas mitigation project (Ggmp), coordinato dal biogeologo Laurenz  Thomsenpor Thomsen, con la cooperazione di: Università Superiore Politecnica  di Brema, Istituto Alfred Wegener per la ricerca marina e varie  aziende, come E.ON sales & trading GmbH, la più grande  compagnia di energia a capitale privato in Europa. Thomsen ha battezzato  ‘Algenreactor’ la piccola serra sperimentale in funzione all’università Jacobs,  che sta già producendo ogni ora mezzo litro di biodisel. “Il diesel che  raffiniamo qui è assolutamente organico – spiega il biogeologo – Soddisfa  le norme europee. Confido che potremo passare ad una fase industriale  nei prossimi mesi”. Per far questo bisognerà costruire una serra certamente  molto più grande di quella di 100 metri quadri che, oggi, è in funzione  a Brema: secondo Thomsen, la superficie capace di assorbire la CO2  prodotta da un generatore di 350 megawatt e di trasformarla in biodisel,  dovrebbe essere di circa 25 chilometri quadrati, con un costo di 480  milioni di dollari. Un’area ed un costo non piccoli per il ‘reattore  a base di alghe’, ma che secondo i ricercatori tedeschi è piccola se  rapportata alle aree usate per ottenere biodisel e ridurre i gas serra con le  coltivazioni tradizionali che hanno dimensioni simili, mentre una piantagione  di colza delle stesse dimensioni può costare 25 volte di più. Ma il  progetto non convince tutti, ad iniziare da Karl-Herrmann Steinberg,  direttore dell’azienda di produzione di alghe di Kloetze, la più importante  dell’Europa centrale, che in un’intervista rilasciata a Julio Godoy dell’Ips-Ifej  dice che: “Questi calcoli sono molto ingenui. I costi della coltivazione  delle alghe, l’eliminazione dell’acqua e la distillazione dell’olio  combustibile sono molto elevati perché l’idea sia applicabile a scala  industriale”. Anche Thomsen ammette che le serre vanno costruite  altrove che nella poca assolata Germania, l’ubicazione per un  funzionamento ottimale sarebbe nel sud e nel sud-est dell’Europa,  dove le ore di sole disponibili sono molte di più. Intanto però la Germania ha  contattato India e Brasile che già hanno grandi coltivazioni di  alghe per altri usi. Negli Usa, già all’epoca della prima crisi  petrolifera degli anni ’70, si pensò alle alghe per fabbricare biocarburanti,  ma il progetto fu abbandonato nel 1996, quando cessarono i finanziamenti alla  ricerca di biocombustibili perché il prezzo del petrolio era in forte calo.  Oggi, con il prezzo degli idrocarburi alle stelle, la GreenFuel sta  progettando in Massachusetts una serra di circa un chilometro  quadrato da realizzare entro il 2009. “Per catturare la CO2 emessa da  una centrale di mille gigawatt – spiegano alla GreenFuel – abbiamo  bisogno di una serra di alghe tra gli 8 ed i 16 chilometri quadrati, che  produrrebbe più di 150 milioni di litri di biodisel e 190 milioni di litri di  etanolo”. (Fonte: greenreport) 
    
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