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Una discarica |
| Povero
ecosistema di Giorgio Nebbia
Se
guardate una carta geografica della Toscana potete osservare, nella parte nord-occidentale,
una strana zona, una specie di rettangolo che ha per lato lungo la
costa che va da Bocca di Magra - la foce della Magra - a Viareggio e Marina di
Pisa dove si gettano in mare, a poca distanza, il Serchio e lArno. Un lato
corto del rettangolo comprende il corso del Serchio che va dalla foce verso linterno
a Lucca e poi a Bagni di Lucca. Qui comincia laltro lato lungo del rettangolo:
il Serchio gira a sinistra e si inoltra in una valle, la Garfagnana, fino a un
valico che separa il corso del Serchio da quello del torrente Aulella, fino alla
confluenza dellAulella con il fiume Magra. LAulella incontra il fiume
Magra ad Aulla e qui comincia il secondo lato corto del rettangolo, che va da
Aulla a Bocca di Magra seguendo il corso del fiume Magra. In questo rettangolo
sono concentrate risorse minerarie, naturalistiche, culturali - e storia - e anche
contraddizioni, conflitti sociali e politici, come in poche altre zone dItalia.
Cominciamo dalle contraddizioni: questo rettangolo di circa mille chilometri quadrati
appartiene a due regioni (Toscana e, in piccola parte, Liguria), a
quattro province (La Spezia, Massa-Carrara, Lucca) e a decine di comuni. Questo
oggi: ma negli ultimi due secoli, da Napoleone in avanti, lo stesso territorio
è stato sotto il Regno Italico, il Granducato di Modena e anche
quello di Parma, il Granducato di Toscana, la Repubblica di Lucca, spezzettato
in innumerevoli frazioni spesso in guerra fra loro, con strascichi di municipalismo
che sopravvivono ancora oggi.
Si pensi che la costa, una grande riviera
fabbricata dallapporto della sabbia dei tre fiumi Magra, Serchio,
Arno, occupato, nel corso dei secoli, da paludi, macchie, pinete recenti piantate
per fornire resine ai cantieri navali dei Lorena, signori di Firenze, intersecata
da fossi e canali scolmatori, e in parte oggi protetta dal Parco di Massaciuccoli,
Migliarino, San Rossore, è un unico ecosistema che va anche al di la di
Viareggio, verso Marina di Pisa e poi fino a Livorno, dove comincia la costa rocciosa. Il
pezzetto di costa di cui ci stiamo occupando qui, quello da Bocca di Magra a Viareggio,
è diviso fra la provincia di Massa-Carrara e quella di Lucca: la parte
apuana e la parte versiliese sono in competizione non solo commerciale, per attrarre
turisti, ma anche animate da rivendicazioni di autonomie amministrative e culturali. Allinterno
del rettangolo di cui sto parlando cè uno straordinario
complesso montuoso che arriva a 2.000 metri di altezza (pensate: a dieci chilometri
in linea daria dalla riva del mare) quello delle Alpi Apuane, per metà
circa in provincia di Massa-Carrara e per metà in provincia di Lucca. Queste
montagne contengono una grande varietà di marmi, fra cui alcuni dei più
belli del mondo, oggetto di estrazione, commercio e esportazioni su scala industriale
dagli inizi dellOttocento (cera una attività estrattiva già
in epoca romana e i marmi venivano spediti dal porto di Luni, ora interrato).
Nellepoca
doro dellindustria del marmo i blocchi e le lastre venivano spediti
dal porto di Marina di Carrara, attrezzato dapprima con un pontile adatto allattracco
delle navi a vela, poi costruito con una diga in muratura, a partire dagli anni
venti del secolo scorso. Un altro pontile di imbarco dei marmi si trovava a Forte
dei Marmi, a metà strada fra Carrara e Viareggio.
Nei decenni delletà
delloro del marmo si sono create fortune finanziarie grandissime, con capitali
anche stranieri (le multinazionali operavano a Carrara e Viareggio già
nellOttocento) a spese di sangue e lacrime e morti di cavatori che estraevano
enormi blocchi di marmo da cave esposte a crolli e intemperie, li trasportavano,
a forza di braccia, a valle su ripidissime strade impervie: tutta una storia di
lavoro e sfruttamento operaio da raccontare e che spiegano perché qui sono
nati i grandi movimenti anarchici e socialisti il cui carattere si risente ancora
nel carattere e nella durezza di molte lotte in questa zona. La grande crisi
economica del 1929-1933 (nel frattempo in Italia era salito al potere il fascismo)
spazzò via gran parte delle attività marmifere; per far fronte in
qualche modo alla disoccupazione i locali ras fascisti (Renato Ricci a Carrara
e Sebastiani a Massa) ottennero finanziamenti pubblici per la creazione di una
zona industriale divisa a metà fra Massa e Carrara, comuni che furono unificati
in quello di Apuania. Si insediarono qui industrie chimiche, cokerie, industrie
metallurgiche, meccaniche, e si formò anche una nuova classe operaia che
assorbì una parte della mano dopera rimasta disoccupata dalle cave. Rumianca,
Cokapuania, Montecatini, Farmoplant, Pignone, Olivetti, Bario, Fibronit, Italcementi,
Ferrocromo, sono alcuni dei nomi che, nel bene (creazione di posti di lavoro)
e nel male (inquinamenti e depositi di scorie) hanno occupato la parte costiera
del rettangolo di cui stiamo parlando, subito alle spalle di una bella e larga
spiaggia sabbiosa e di una vasta pineta che, dalla fine dellOttocento, era
diventata una zona turistica.
Bocca di Magra, Marina di Carrara, Marina
di Massa, con le vicine (verso sud-est) Forte dei Marmi, Lido di Camaiore, Viareggio
erano diventate spiagge di moda, attraevano intellettuali, pittori, poeti (ci
sono passati tutti, Calamandrei, Repaci, Pea, Angioletti, Maccari, Savinio, e
tanti altri; il premio letterario Viareggio è nato negli anni quaranta
su queste spiagge), e poi avevano accolto colonie marine e, dopo la Liberazione,
seconde case e turismo intensivo anche straniero, anche economicamente pregiato. Questa
seconda fase, ancora in atto, ha comportato la distruzione di aree sempre più
vaste di pineta e macchia, la domanda di porticcioli turistici, ledificazione
della spiaggia fin sulla riva del mare. Col passare degli anni nella zona ci si
è accorti che la spiaggia si accorciava, che il mare, anno dopo anno, portava
via la sabbia, cioè la stessa materia prima del turismo. Losservazione
delle carte topografiche e delle fotografie aeree dallinizio del secolo
ad oggi mostra chiaramente che tale erosione deriva dal porto di Marina di Carrara
le cui dighe si sono andate estendendo sempre più nel mare, per rispondere
alle necessità di crescenti attività portuali e cantieristiche. È
legge ecologica e idraulica ineluttabile che, nel tratto da Bocca di Magra a Viareggio,
il mare trasporta e asporta la sabbia correndo parallelo alla spiaggia da nord-ovest
a sud-est: qualsiasi opera perpendicolare alla spiaggia frena tale moto e fa depositare
la sabbia verso nord e fa sparire la spiaggia verso sud-est. La sabbia trasportata
nel mare dal bacino idrografico della Magra-Vara, a nord-ovest, è stata
ed è frenata dalle opere portuali di Marina di Carrara, che si allungano
sempre più nel mare, a scapito della sabbia delle spiagge verso Marina
di Massa e ora verso Forte dei Marmi che arretrano. Lerosione è aggravata
dal fatto che nel corso dei decenni sono state distrutte le dune costiere, che
qualche protezione offrivano; la spiaggia è stata spianata per poter costruire
sulla riva del mare bagni e ristoranti, per assicurare parcheggi e strade che
consentono di arrivare in automobile fino sulla riva del mare!
Economie
in competizione Si arriva così alla prima delle contraddizioni di
cui parliamo oggi: affari e occupazione nel porto e nei cantieri, contro affari
e occupazione nel settore turistico. Da quarantanni fra Carrara, Massa
e Viareggio si discute come è possibile frenare lerosione della spiaggia.
Per rallentare in qualche modo lerosione sono stati costruiti dei pennelli,
depositi di pietre e rocce perpendicolari alla spiaggia, che frenano verso nord
un poco lerosione e la trasferiscono verso sud. Naturalmente decine di scienziati
e sapienti hanno proposto altri differenti costosissimi studi e progetti e opere
nellillusione di frenare lerosione. Ci sarebbe da scrivere una intera
storia dellumana follia e insipienza per vedere come lignoranza delle
forze e delle leggi della natura e lavidità a breve termine distruggono
le basi ecologiche e naturali e la possibilità di avere ricchezza e occupazione
duratura. Altro che sviluppo sostenibile!
Mentre il buonsenso suggerirebbe
di smettere di intervenire sulla costa e di lasciarle tempo di rimettersi in equilibrio,
continua selvaggia la distruzione delle dune, della vegetazione e lassalto
alla costa. Lultima illusione di questa avidità consumistica è
rappresentata dai porti turistici: a Viareggio costruiscono con successo yachts
per ricchi stranieri (e italiani) ma la voglia di barche e barchette si moltiplica,
sotto la spinta della pubblicità, e ogni proprietario di barca vuole avere
il suo parcheggio in cui tenerla ferma per undici mesi e mezzo dellanno. Così
come i parcheggi per automobili portano via spazio alle strade nelle città,
i parcheggi per natanti portano via spazio alla natura e in particolare alle coste.
Vecchi reticoli di fossi e canali vengono sbancati e cementificati, come è
avvenuto alla foce di un piccolo fiume, il Versilia-Cinquale, che sbocca nel mare
fra Marina di Massa e Forte dei Marmi, dove è in costruzione un porto turistico
in un estuario ecologicamente delicatissimo, come dimostra il fatto che è
investito da alluvioni ogni pochi anni. Il bello è che queste opere ecologicamente
devastanti sono fatte spendendo soldi che la Comunità europea stanzia per
lincremento del turismo e con i soldi assegnati dallo stato per evitare
future calamità naturali come le alluvioni ! Soldi spesi per
distruggere il turismo e per preparare le condizioni per future alluvioni. Ma
lopera più importante è quella in progetto e - temo - in via
di realizzazione a Marina di Carrara. Poiché il porto commerciale e cantieristico
di Marina di Carrara ha già fatto e continua a fare guasti con lerosione
delle spiagge verso sud-est, perché non completare lopera chiudendo
lo spazio di mare ancora restante dentro unaltra diga che potrà ospitare
un porto turistico?
Ci sono piccoli inconvenienti: ci sono
alcuni corsi dacqua che arrivano al mare: il torrente Carrione e il fosso
Lavello (questultimo per anni fogna a cielo aperto dei reflui della zona
industriale) la cui foce finirebbe dentro il nuovo porto turistico:
niente di male: se ne può prolungare il corso artificialmente fino al di
là della nuova diga. Cè pericolo che questo pesante intervento
sulla costa acceleri lerosione? Niente paura: ci sono fior di compiacenti
scienziati pronti a giurare, con accurati studi di previsione, che non ci sarà
nessun aggravamento dellerosione. Cè un movimento di protesta
contro il porto turistico accanto al porto commerciale di Marina di Carrara, ma
non ha nessun ascolto. Un movimento che si basa su accurate analisi critiche che
mettono in evidenza gli errori di progettazione del porto turistico che amplia
quello commerciale già esistente. Il prof. Riccardo Caniparoli, geologo
di Carrara, ha redatto delle attente osservazioni tecniche che mettono in evidenza
le alterazioni ambientali che sarebbero provocate dalla realizzazione del nuovo
piano regolatore portuale di Marina di Carrara. Ma si sa, quando si tratta
di affari - e lampliamento del porto di Marina di Carrara di appalti e spese
e investimenti ne assicura tanti - si passa sopra a tutto. Il bello è che
una parte della protesta viene da destra, dai proprietari di ville uniti a piccoli
beceri gruppi di destra che protestano soltanto perché le nuove opere sono
sostenute da amministrazioni di sinistra (a Carrara e Massa). Una destra che fa
lecologista a Forte dei Marmi e che è pronta a speculare sulle nuove
opere come ha sempre fatto, una destra che cavalca quei temi che dovrebbero
essere della sinistra. E invece la sinistra, che dovrebbe avere a cuore i valori
dellambiente, che si vanta delle sue città sostenibili
e delle Agende 21 (le iniziative finanziate dal Ministero dellambiente
per dimostrare quanto è ecologica una amministrazione comunale), accetta
la distruzione dellambiente e rende insostenibile non solo i valori ecologici,
ma gli stessi valori di unoccupazione duratura. Ma i guai ambientali
del rettangolo di cui parlavo allinizio non sono affatto finiti. Accennavo
prima che un pezzo di costa, a ridosso delle spiagge, è divenuta sede,
negli anni 1938-1990, della Zona industriale, con numerosi stabilimenti
metallurgici, chimici, meccanici; si trattava per lo più di aziende statali,
ben poco attente allambiente. Così tali stabilimenti sono diventati
fonti di inquinamento del suolo, delle acque sotterranee, sono stati coinvolti
da incidenti. Nomi come Enichem, Farmoplant, sono stati al centro di roventi polemiche
fino alla loro chiusura alla fine degli anni ottanta del Novecento. Chiusura
che si è lasciata dietro terreni contaminati. Terreni, però, che
valgono, e valgono tanti soldi, e che sono stati venduti a imprese che si sono
insediate con depositi, supermercati, attività commerciali, discariche,
magazzini, terreni che sono stati sottoposti a superficiali indagini per accertare
i veleni nascosti, a superficiali bonifiche che hanno lasciato tutto
come prima. E questi veleni sono nel sottosuolo e molti nuovi proprietari di terreni
hanno speso poco, ma hanno fatto incauti acquisti. Centrali
fuori programma Per perfezionare la follia ecco che viene proposta la costruzione
di una centrale turbogas da 250 megawatt elettrici, apparentemente a metano, nellarea
dello stabilimento Italcementi in località Nazzano, fra Massa e Carrara. Se
funzionasse a metano, probabilmente linquinamento atmosferico sarebbe modesto,
ma la protesta deriva dal fatto che la centrale sarebbe installata proprio a ridosso
dei centri abitati di Marina di Carrara, Marina di Massa e della zona commerciale
di Massa e di altri insediamenti e ai piedi della collina di Candia dove si coltivano
viti pregiate. Il prof. Caniparoli ha redatto attente osservazioni tecniche critiche
allo studio di impatto ambientale allegato al progetto di costruzione di tale
centrale e del metanodotto che dovrebbe fornirle il combustibile. Inoltre cè
la legittima preoccupazione che la centrale venga alimentata con chi-sa-che-cosa,
dal momento che laccumulo dei rifiuti invoglia sempre di più lo smaltimento
in inceneritori contrabbandati come centrali termoelettriche.
Non a caso
cè stata una lunga polemica sulla costruzione vicino Massa di un
impianti di bricchettaggio, cioè di preparazione di blocchetti
contenenti la parte combustibile dei rifiuti solidi (carta, plastica, materia
organica) da bruciare in inceneritori- termovalorizzatori. Incenerimento
dei rifiuti mascherato, grazie a leggi compiacenti, come utilizzazione di fonti
energetiche rinnovabili, incoraggiata da compiacenti contributi finanziati
a chi costruisce inceneritori e vende lelettricità prodotta allEnel
a un prezzo inferiore al costo di produzione dellelettricità stessa.
La differenza è pagata con pubblico denaro, con le tasse dei cittadini
inquinati che così acquistano il diritto di comprare il proprio avvelenamento! È
difficile dire se la nuova centrale termoelettrica installata allItalcementi
di Massa-Carrara userà combustibili differenti dal metano, annunciato,
ma la critica va rivolta alla localizzazione, ripeto a ridosso della città
e, soprattutto, è criticabile la tendenza ad autorizzare la moltiplicazione
delle centrali termoelettriche private, al di fuori di un programma energetico
nazionale che identifichi i fabbisogni di elettricità, che pianifichi la
localizzazione delle nuove centrali, il destino delle centrali che vengono smantellate. La
proposta centrale da 250 megawatt elettrici allItalcementi di Massa-Carrara
è una delle 127 (127, avete letto bene) nuove centrali elettriche che le
compagnie private, in buona parte Fiat e Italcementi, grazie alla liberalizzazione
e privatizzazione della produzione elettrica, stanno imponendo, con la compiacenza
del governo, in tutta Italia, scavalcando le volontà e le preoccupazioni
e ecologiche e locali e naturalmente fuori da qualsiasi previsione degli effettivi
bisogni di elettricità del paese. Il governo pensa di farne costruire una
ventina(4). Si pensi che il fabbisogno lordo di elettricità in Italia
è stato nel 2000 di circa 298 terawattore; di queste circa l 85 per
cento, cioè circa 250 terawattore, sono state prodotte in Italia dove esiste
già una potenza installata lorda di oltre 72.000 megawatt. Dividendo 250
terawattore/anno per la potenza di 72.000 megawatt si ottiene il numero 3.500
circa che rappresenta il numero di ore/anno in cui tali centrali hanno prodotto
elettricità. Poiché le ore dellanno sono 8.760, la frazione
3.500/8.760 indica la frazione, circa 40 per cento, molto bassa, di utilizzazione
delle centrali esistenti. Non ci sarebbe perciò proprio bisogno di nuove
centrali, e non cè neanche bisogno di consumare tanta elettricità.
La costruzione di nuove centrali - ma qualcuno tenta perfino la resurrezione delle
centrali nucleari! - dimostra proprio la voglia di speculare sulla distruzione
delle centrali esistenti pubbliche per lasciare spazio a nuove centrali private,
secondo un progetto di spreco che caratterizza purtroppo i tempi presenti. Occupazione
e ambiente insieme Qui mi fermo, anche se sul rettangolo
apuo-versiliese ci sarebbero molte altre cose da raccontare; la battaglia dei
padroni delle cave per limitare lestensione del Parco delle
Apuane e vanificarne leffetto; lo sfruttamento selvaggio dei residui di
marmo ai piedi delle cave (ravaneti), residui polverizzati e venduti come prezioso
carbonato di calcio: alle popolazioni delle valli resta la polvere del traffico
dei camion e il dissesto e la congestione delle strade; le montagne di residui
della trasformazione dei blocchi di marmo in lastre (marmettola) che vengono gettate
selvaggiamente nel territorio; la distruzione delle zone umide (come quel poco
che resta del Lago di Porta), per insediare un campo di golf e usare la palude
come discarica di rifiuti, alterando il ricambio di acqua con le falde sotterranee;
il pesante carico ambientale del traffico di importazione di granito dallestero
(Sud Africa, Sud America) che viene segato in lastre, esportato sotto forma di
lastre e il residuo della segagione (sotto forma di fango e polvere anche leggermente
radioattivi) resta nella zona come costo ecologico dei profitti privati delle
segherie. Anche qui occupazione contro profitti privati e danni allambiente
collettivo. Ma di questo si occuperà qualcun altro(5). Nel frattempo
la salvezza delloccupazione e della natura potrebbe partire da unazione
coordinata, al di là dei confini municipali, delle amministrazioni della
costa per un progetto che riconosca le vocazioni del territorio, che utilizzi
- una utilizzazione, non lo sfruttamento selvaggio - le grandi risorse naturalistiche,
minerarie e ambientali di questo pezzo di Toscana nord-occidentale. Un progetto
che parta da una documentazione seria e coraggiosa della storia umana e ecologica
della zona, che riconosca i delicati rapporti fra montagna, vegetazione, costa,
risorse idriche superficiali e sotterranee, attività economiche e produttive.
Un progetto che pensi al futuro ricordando lavvertimento di Francesco Bacone,
il vecchio saggio di quattro secoli fa: Natura non vincitur nisi parendo:
alla natura si comanda solo se le si ubbidisce.
di
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
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