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impianti eolici
Corrente elettrica anche quando il vento non
soffia

Quando il vento raggiunge forza 10, nelle centrali di comando delle società tedesche che producono e distribuiscono energia elettrica, l’attività diventa febbrile. Bisogna azionare molte leve in pochi secondi, perché nei giorni molto ventosi, gli impianti eolici  producono troppa corrente, mentre in certi altri non se ne produce quasi nulla. In Germania esistono circa 19.000 generatori eolici che, quando soffia una buona brezza, producono più di 20.000 megawatt di elettricità. Quando invece non c’è vento, la produzione scende quasi a zero. Per un paese altamente industrializzato questa è una situazione intollerabile: milioni e milioni di consumatori pretendono di avere elettricità in qualsiasi momento – a prescindere che tiri vento o meno. Da anni i tecnici sognano di poter immagazzinare l’energia del vento cercando con impegno in molte direzioni: aria compressa, serbatoi a pompaggio,  enormi batterie. Ma tutti questi metodi hanno un grande difetto: nella fase di immagazzinamento si disperde moltissima energia. Una società statunitense, la General Compression di Massachusetts,  ha ora intrapreso una strada diversa. La società dice di aver sviluppato una tecnologia che consente di immagazzinare energia eolica senza quasi nessuna perdita. Potrebbe finalmente trattarsi di una svolta decisiva. Il segreto: gli impianti eolici della General Compression non producono corrente elettrica, bensì aria compressa e questa la si può immagazzinare senza grandi problemi. L’idea è rivoluzionaria. Il cuore dei normali impianti eolici è un generatore che trasforma energia meccanica, la rotazione, in energia elettrica. I tecnici della  General Compression hanno sostituito questo generatore con un compressore che fornisce aria compressa. Dall’aspetto esteriore non si notano differenze. “I nostri impianti hanno lo stesso aspetto degli altri, ma il risultato è totalmente diverso”, dice David Markus, capo della General Compression, “Al posto di energia elettrica, si ottiene aria compressa”. Questa aria compressa può essere immagazzinata. Per esempio, una rete di canali ha una capacità di immagazzinare aria compressa sufficiente per sei ore di consumo. Ancora meglio sarebbero caverne naturali, miniere di salgemma e campi di gas naturale abbandonati. Se questi luoghi possiedono l’adeguata dimensione, potrebbero essere riempiti con aria compressa per un mese. Quando il vento soffia saranno riempiti e quando il vento manca si fa uscire l’aria necessaria. La produzione di energia elettrica avviene quindi solo alla fine. Secondo necessità si fa uscire l’aria compressa per azionare una turbina collegata ad un generatore che immette energia elettrica nella rete – indipendentemente dalle variazioni del vento. Non è un’idea nuova quella di conservare energia sotto forma di aria compressa. In tutto il mondo sono già in funzione due impianti, uno a McIntosh in Alabama, USA, e l’altro a Huntorf in Germania. L’energia iniziale è però l’elettricità. Tollerando grandi perdite, l’energia eolica è trasformata in energia elettrica, con questa si produce aria compressa che alla fine è nuovamente trasformata in energia elettrica. La General Compression ha eliminato la prima trasformazione ottenendo in questo modo una maggiore efficienza. L’invenzione si chiama Dispatchable Wind Power System (DWPS) – energia eolica disponibile in qualsiasi momento. La General Compression è una piccola azienda con soli 15 dipendenti. Alcuni investitori hanno finora messo a disposizione otto milioni di dollari come capitale iniziale. Ma le ambizioni di David Markus e di suo fratello Michael sono grandi: ancora entro questo anno vogliono raccogliere altri 30 milioni. La loro forza è il brevetto che hanno ottenuto per loro invenzione. ‘Think big’ è il motto dei due fratelli. Il loro obiettivo non è la produzione di alcuni impianti eolici , essi mirano a immensi windpark. “Il sistema può comprendere centinaia di aerocompressori”, dice David Markus. Ogni singolo apparecchio dovrà fornire aria compressa ad un comune magazzino. Alla fine della filiera si troverà una singola grande turbina collegata ad un generatore elettrico. Con questa disposizione risulta un maggiore rendimento rispetto a molti piccoli impianti. Markus immagina un impianto che produca fino a 500 megawatt, corrispondente ad una centrale termoelettrica a carbone. Anche l’affidabilità di un impianto simile dovrebbe essere uguale a quella di una centrale convenzionale; il sistema può funzionare giorno e notte, anche in assenza di vento. “Si tratta di un metodo completamente nuovo per produrre energia elettrica”, ritiene Markus, “Per la prima volta il vento diventa competitivo al carbone e al nucleare”. La General Compression stima i costi di tale impianto al 150 per cento di quelli di un windpark convenzionale. In questo caso, per 500 megawatt occorrerebbero ben 750 milioni di Euro. Markus però crede che con il suo sistema si possano ottenere anche introiti maggiori, grazie alle variazioni giornaliere del prezzo dell’elettricità. Grazie al DWPS si potrebbe vendere energia elettrica ottenuta dal vento soprattutto nelle ore di punta in cui i prezzi sono più alti – guadagnando così il quadruplo di quello che si guadagna durante la notte. Vi sono tuttavia anche voci critiche. Secondo Fritz Crotogino della KBB Underground Technologies, un’azienda di Hannover specializzata nella costruzione di serbatoi geologici, non ha senso convertire l’intera energia eolica in aria compressa e poi questa in energia elettrica. Egli è del parere che questo metodo sia conveniente solo nei periodi in cui c’è troppo vento, mentre in periodi normali sarebbe meglio convertire la forza del vento direttamente in elettricità ed immettere questa nella rete. Problemi esistono anche per quanto riguarda la temperatura, perché quando si comprime l’aria, questa si surriscalda fino ad una temperatura che può raggiungere anche i 700 gradi centigradi. I compressori tradizionali necessitano pertanto di sistemi di raffreddamento. D’altro canto, l’aria compressa si raffredda enormemente quando cala la pressione, quindi, per permetterle di azionare la turbina bisognerà aggiungere del calore. Ma tecnologie ancora più avanzate consentono di risolvere anche questo problema: l’energia liberata nel processo di compressione può essere immagazzinata in un accumulatore termico per poi utilizzarla nel processo di decompressione. Il rendimento di un cosiddetto accumulatore adiabatico può essere aumentato dal 45 al 75 per cento. Nonostante ciò, Kurt Rohrig dell’Università di Kassel si dice scettico: “E’ una semplice legge della fisica che nel processo di compressione dell’aria si libera calore e che, naturalmente, si può tentare di recuperare questo calore, ma anche nel caso di tubature illese, si perde energia”. Questo lo sanno anche alla General Compression che stima queste perdite intorno al 25 per cento, ma i fratelli Markus hanno già un’idea di come fare per riprendersi l’energia persa. Pensano, infatti, all’ausilio di una turbina tradizionale a pressione di vapore che viene azionata con il calore derivante da una centrale termoelettrica a carbone o nucleare. L’aria compressa si presta ottimamente come supplemento ad una centrale termoelettrica. Dal punto di vista energetico, sarebbe molto meglio azionare una turbina fredda con aria compressa. Il risultato sarebbe eccezionale: secondo la General Compression, alimentando una turbina a vapore anche con aria compressa, si può aumentare il rendimento nella misura del 200 – 300 per cento. “Questo risultato compensa totalmente le perdite iniziali”, dice David Markus, “lo stesso vale anche per una centrale a biomassa. In quest’ultimo caso, la corrente elettrica è totalmente verde”. La General Compression ha presentato la sua novità in Europa, nel settembre scorso, in occasione dell’ultima fiera Husumwind 2007, la fiera dell’energia eolica, anche allo scopo di trovare nuovi capitali. Nei prossimi anni si vuole però perfezionare la tecnologia  in modo che, nel 2011, possa partire la produzione commerciale. (Fonte: miniwatt.it)

 


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