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Sistema Fotovoltaico‘Dal sole alla rete’: il fotovoltaico del futuro

Sun to Grid’, letteralmente ‘Dal sole alla rete’, è l’evoluto sistema fotovoltaico a concentrazione, messo a punto dal professor Giuliano Martinelli, docente del Dipartimento di Fisica dell’Università di Ferrara - e dal suo team di ricerca - costituito da una grande superficie di specchi concavi (o lenti) orientati in modo da concentrare la luce solare su una ridotta superficie di celle fotovoltaiche ad elevata efficienza. “Sono partito molti anni fa con lo studio del fotovoltaico” racconta lo scienziato. “Allora lo vedevamo come un mezzo bellissimo per sopperire a piccole esigenze energetiche in località isolate dove magari la gente aveva più bisogno - era il caso, ad esempio, di piccoli impianti di pompaggio in Africa o di sistemi di illuminazione in India - mentre nel tempo si è maturata la convinzione della necessità di utilizzare le sorgenti rinnovabili per il fabbisogno energetico”. “Le risorse scarseggiano” prosegue il professore, “il petrolio costa sempre di più, l’inquinamento si aggrava… perciò abbiamo cercato di vedere se il PV potesse diventare una sorgente elettrica non più per situazioni marginali ma proprio per sopperire al fabbisogno quotidiano di energia che abbiamo. E quindi la concentrazione è stata per noi una delle vie per raggiungere questo risultato”. “Unita alla concentrazione, che per altro non è una novità assoluta”, continua Martinelli nella sua illustrazione delle tappe della ricerca svolta, “abbiamo anche sviluppato un sistema di separazione dei vari colori della luce in modo da poterli usare tutti per portare l’efficienza a valori molto elevati. Il sistema dicroico, che vede impegnate anche numerose aziende dell’università di Padova funziona un po’ come l’arcobaleno, in quanto separa la luce nei colori che la compongono. Non esistendo, infatti, un materiale che sappia utilizzare al meglio tutti i colori, è necessario utilizzare materiali diversi e far incidere su ciascuno la lunghezza d’onda più opportuna. Il consumo minimo di materiale dovuto all’impiego della concentrazione da un lato, e l’assorbimento della luce in maniera più efficace dall’altro, consentono di raggiungere efficienze molto elevate, offrendo quindi la possibilità di utilizzare questa fonte per un effettivo approvvigionamento di energia elettrica. Questo brevetto dell’Università di Ferrara è stato poi ceduto ad una spinoff della stessa università (CPower, ndr)”. Questo tipo di sistema - che partecipa anche al progetto Industria 2015 promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico - può avvantaggiarsi di economie di scala non consentite ai sistemi a pannelli piani perché necessita di un numero inferiore di celle fotovoltaiche al silicio, principale fattore limitante per costo elevato e scarsa disponibilità. Nel cuore del sistema si trova un ricevitore fotovoltaico costituito da un piccolo pannello di celle ad alta efficienza (che solo di recente sono entrate in commercio a costo ragionevole e qualità affidabile) progettate per operare sotto concentrazione. Per far fronte agli alti flussi di energia che giungono al ricevitore fotovoltaico, la tecnologia è stata dotata di un sistema di raffreddamento in grado di mantenere la temperatura delle celle sotto i 90°C. A differenza dei tradizionali pannelli piani stazionari, il sistema è, inoltre, dotato di un meccanismo che permette di seguire il moto apparente del sole in modo da ottenere sempre il massimo di insolazione. I raggi incidenti devono infatti trovarsi sull’asse ottico del concentratore primario ed esporre sempre la massima superficie alla radiazione solare ottimizzando il vantaggio in termini di energia prodotta. La tecnologia mostra notevoli potenzialità tanto da aver attratto partner del calibro di STMicroeletronics, Eni, Enel, altre piccole e medie imprese italiane (tra cui Dichroic Cell, Angelantoni, Arcotronics), nonché Enea, Cesi Ricerca, Cnr per un totale di ventiquattro partner. “Nei prototipi al momento stiamo usando silicio e InGaP (fosfuro di indio e gallio) con un consumo effettivo di materiale minimo: gli strati sono depositati opportunamente su supporti a basso costo in piccolissime quantità (strati di qualche micron). Finora abbiamo separato tre colori. Ognuno porta efficienze sempre più elevate. Le efficienze globali ci saranno quando i sistemi saranno molti e funzionanti”. “Ne approfitto per dire” precisa il professore “che bisogna stare attentissimi a non illudere nessuno perché poi ci sarebbe una disillusione molto negativa per il nostro Paese, rispetto al fatto che tutto possa essere pronto domani. Ci vogliono investimenti molto grossi. Stiamo parlando di miliardi di euro. L’Italia spende circa 100 miliardi di euro all’anno di petrolio perciò non possiamo pensare che con 10.000 euro abbiamo risolto il problema dell’energia. Ci vogliono tempi, molti ricercatori e ben pagati, quindi uno sviluppo che veda coinvolto tutto il sistema paese (industria, università, media, la parte pubblica) se non succederà questo è inutile stare a parlare di efficienza”. “Se queste premesse sussisteranno” conclude “ritengo che questo fotovoltaico innovativo, unito magari all’idrogeno come sistema di accumulo, possa diventare oggetto di un piano nazionale vero e proprio. Stiamo mettendocela tutta per sensibilizzare la comunità, ma non è ancora fatta… Aiutateci a farlo anche voi” esorta infine Martinelli. (Fonte: La Scossa)



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