"L'energia nucleare non è sicura,
né pulita, né economica"
di
Giorgio Nebbia
nebbia@quipo.it
Non è sicura: esiste una lunga casistica
di incidenti nel ciclo di produzione dell'energia
nucleare commerciale, a parte, quindi, quelli
legati alla produzione delle armi nucleari.
Molti, come quello al reattore autofertilizzante
di Detroit dell'ottobre 1966, agli impianti
di ritrattamento del combustibile nucleare,
eccetera sono stati dimenticati. Non sono stati
dimenticati l'incidente al reattore nucleare
di Three Mile Island negli Stati uniti, del
1979, e soprattutto quello al reattore di Chernobyl,
in Ucraina, del 26 aprile 1986. L'interruzione
della circolazione dell'acqua di raffreddamento
di uno dei quattro reattori nucleari (del tipo
a uranio-grafite), provocò, in tale reattore,
un forte aumento della temperatura del nocciolo;
molte delle parti metalliche e strutturali ---
travi e contenitori di acciaio, pareti di cemento
--- fusero o crollarono; la grafite che circondava
il nocciolo prese fuoco; la corrente di fumo
trascinò in sospensione nell'aria le
polveri contenenti gran parte dei prodotti di
fissione dell'uranio: gli isotopi radioattivi
di stronzio, cesio, iodio, eccetera.
La maggior parte dei prodotti ricadde al suolo,
contaminando vaste estensioni di suolo ucraino,
occupate da campi, villaggi, piccole città,
scuole. Decine di migliaia di persone furono
esposte a dosi di radioattività tali
da provocare la morte, danni genetici irreversibili,
in moltissimi casi danni genetici a lungo termine
che faranno sentire i loro effetti tutta la
vita. Una parte dei prodotti radioattivi fu
trascinata nell'atmosfera dapprima verso il
nord, poi verso ovest e l'Europa centrale, poi
verso l'Europa sud occidentale, fino in Italia.
Oggi si conosce abbastanza bene la quantità
di sostanze radioattive uscite dal reattore
e cadute nelle varie parti del continente europeo;
voglio solo ricordare gli atti di generosità
e di altruismo che accompagnarono tale catastrofe.
Gli eroi che, esponendo la propria vita a sicura
morte, sono volati sul reattore per gettare
cemento e piombo sui ruderi fusi del reattore
e quelli che hanno lavorato, a contatto con
intensissime dosi di radioattività, per
spegnere l'incendio, riuscendo così a
fermare la fuoriuscita dei fumi radioattivi
e a salvare milioni di vite, anche in Italia
(eppure non una città italiana ha dedicato
una strada a ricordo dei martiri di Chernobyl
a cui tanti di noi devono la sopravvivenza).
Si può leggere a questo proposito il
libro di Grigorij Medveded, "Chernobyl.
Tutta la verità sulla tragedia nucleare",
Milano, SugarCo, 1991, e cercare il film, proiettato
anche in Italia, "Chernobyl", di Anthony
Page, 1991, che descrive lo sforzo fatto dai
medici, fra cui l'americano Gale, per effettuare
trapianti di midollo osseo nei casi più
gravi. Voglio ricordare, oltre alla mobilitazione
di medici sovietici e internazionali per alleviare
i dolori delle popolazioni, l'ospitalità
offerta da tante associazioni di volontariato
ai bambini di Chernobyl.
Con Chernobyl, tutti i centri economici che
ruotavano intorno alla fabbricazione e vendita
di centrali nucleari presero, allora, un grande
spavento davanti al rischio di vedere sfumare
lucrosi affari internazionali. In Italia, dove
esisteva già un forte movimento popolare
di protesta contro i programmi nucleari governativi,
il referendum del novembre 1987, fermò
il funzionamento dei reattori esistenti e i
programmi di costruzione di altri. Con gli incidenti
e gli insuccesso del reattore francese Superphenix
(nel quale il governo italiano aveva sconsideratamente
investito soldi che stiamo ancora restituendo
con una maggiorazione delle tariffe elettriche
dell'Enel), fece svanire anche l'avventura dei
reattori autofertilizzanti.
Ma i potenti interessi economici e politici
che ruotano intorno al nucleare non si sono
quietati e, nei venti anni trascorsi, anche
in Italia si sono fatte sentire, prima timidamente,
poi sempre più rumorose, le voci di coloro
che chiedono la resurrezione di una tecnologia
ormai dovunque agonizzante.
Le centrali nucleari non sono pulite
Gli avvocati del nucleare fanno notare che le
centrali elettro-nucleari non immettono nell'atmosfera
l'anidride carbonica responsabile dell'"effetto
serra". E' vero che dobbiamo fare i conti
con le modificazioni climatiche dovute alla
crescente immissione nell'atmosfera dell'anidride
carbonica che si libera nella combustione di
crescenti quantità di combustibili fossili:
ogni anno circa 10 miliardi di tonnellate di
carbone, petrolio e gas naturale; ogni anno
oltre 25 miliardi di tonnellate di anidride
carbonica finiscono nell'atmosfera.
Ma la soluzione non è certo offerta da
un nuovo crescente ricorso all'energia nucleare
perché essa, se non provoca immissione
di "gas serra" nell'atmosfera, comporta
però pericoli e danni ambientali ben
più gravi nelle fasi di funzionamento
dei reattori e di trattamento e sepoltura dei
prodotti di fissione e di attivazione, le code
avvelenate di tutto il ciclo nucleare. Come
è ben noto, i reattori nucleari commerciali,
quelli che producono elettricità (oltre
quattrocento nel mondo) sono alimentati, quasi
dovunque, da uranio, separato dai suoi minerali,
con formazione di grandi quantità di
scorie (anche se poco radioattive), un problema
che riguarda Canada, Russia, Niger, Cina, Australia,
e pochi altri paesi.
Prima di entrare nei reattori e generare elettricità
l'uranio viene trattato in impianti che separano
la parte "fissile" (l'uranio-235,
quello che fornirà l'energia nel reattore)
da un residuo, anch'esso (sia pure poco) radioattivo.
Ma anche per questo uranio "impoverito"
(dell'isotopo 235) le fertili menti degli ingegneri
hanno trovato un "mercato" come materiale
durissimo e resistente per corazze di carri
armati o per proiettili e missili, con l'unico
"inconveniente" che quando tali proiettili
urtano l'obiettivo nemico si incendiano e la
finissima polvere di ossido di uranio si sparge
sul terreno, e lì resta per secoli con
la sua radioattività.
Durante la liberazione di energia dall'uranio
si formano i "prodotti di fissione",
atomi di elementi comuni --- cesio, stronzio,
iodio --- in una forma, però, che emette
radioattività per anni o per decenni
o secoli e che sono facilmente assorbiti da
vegetali e animali e quindi anche dagli esseri
umani, nel cui corpo continuano a emanare radioattività.
Al fianco di questi "frammenti", si
formano altri elementi radioattivi come il plutonio
e altri transuranici e i prodotti "di attivazione"
dei materiali del reattore, sottoprodotti pericolosi
e tossici, dal punto di vista della salute umana
e della natura.
A questo punto l'uranio, accompagnato dai "prodotti
di fissione", dal plutonio e da altri elementi
transuranici radioattivi può essere conservato
come tale dentro i "tubi" estratti
dal reattore nucleare dopo alcuni anni di funzionamento.
Questi "elementi di combustibile",
pur essendo pieni di materiale radioattivo,
possono essere sepolti, sia pure con grandi
precauzioni per evitare che vengano, nei futuri
secoli, a contatto con acqua o esseri viventi,
e con speciali accorgimenti per smaltire il
calore che si libera continuamente per decadimento
radioattivo degli atomi contenuti al loro interno.
Ma per i potenti affari che circolano intorno
al nucleare questo è uno spreco, perché
il plutonio si può "vendere bene"
alle imprese che fabbricano bombe atomiche,
e anche come materiale fissile per altri reattori
commerciali. A condizione che il plutonio venga
separato chimicamente dall'uranio, dai "prodotti
di fissione" e da altri prodotti radioattivi
mediante complicati processi chimici industriali
che hanno subito, nel corso degli anni, incidenti
con perdite di radioattività nell'ambiente.
I "prodotti di fissione", gli elementi
transuranici come il plutonio e i prodotti "di
attivazione" sono le vere e proprie "scorie
radioattive". Ne abbiamo anche in Italia
e, oltre alle scorie dei nostri reattori, ne
abbiamo anche importate sotto forma del "combustibile
irraggiato" del reattore americano di Elk
River, l'unico che funzionava sottoponendo a
fissione una miscela di uranio e torio; la soluzione
era sbagliata e inefficiente tanto che il reattore
di Elk River funzionò solo dal 1963 al
1969 e fu poi chiuso.
I rifiuti nucleari (di terza categoria) sparsi
per l'Italia hanno una radioattività
di oltre 7 milioni di gigabecquerel, equivalente
a quella di molti chili di radio.
Un gran girare di numeri contradditori: perché
non ci dicono mai la verità, lasciando
aperta la porta al legittimo sospetto che chi
ha le informazioni, per minimizzare la paura
del "popolo", ci prenda sempre in
giro ? Ci sono state perdite di radioattività
sul suolo, scarichi nel mare? Quale è
la condizione dei contenitori ? Ci sono corrosioni
e pericoli di fughe ?
D'altra parte dove si possono mettere, correttamente,
i prodotti di fissione e le scorie radioattive
che sono gli inevitabili sottoprodotti di qualsiasi
reattore nucleare ? La domanda è senza
risposta. Alcuni propongono di trasformarli
in materiali vetrosi da seppellire in caverne
rigorosamente isolate dal contatto con l'acqua
e con gli esseri viventi, continuamente ventilate
per eliminare il calore e la radioattività.
Le proposte di utilizzare simili caverne a Yucca
Mountain o a Carlsbad negli Stati uniti o a
Gorleben in Germania non hanno finora avuto
successo.
Senza contare che attentati terroristici, atti
di guerra, incidenti dovuti a disattenzione
nei depositi di scorie radioattive possono avere
conseguenze planetarie. Una sola esplosione
in un limitato deposito di scorie radioattive
nell'Unione Sovietica, a Celiabinsk, nel 1957
ha reso sterili migliaia di ettari di territorio
e provocato tumori fra la popolazione vicina.
Chi protesta e chi deve fare scelte di interesse
pubblico farà bene a leggere il libro
di Medveded, "Disastro atomico in URSS",
proprio sull'incidente alle scorie radioattive
di Celiabinsk.
Alcuni propongono di seppellire le scorie radioattive
nel fondo degli oceani; altri di caricarli su
razzi da spedire nello spazio. La fantasia e
sconsideratezza umana non hanno confini, come
dimostra il fatto che, per decenni, francesi,
inglesi, russi e americani, senza andare tanto
per il sottile, e per risparmiare soldi, hanno
versato le soluzioni di queste "scorie"
radioattive, allo stato liquido, nel Mediterraneo
e negli oceani, con effetti biologici di cui
forse ci accorgeremo in futuro.
Infine c'è un traffico internazionale,
per terra, per mare, con aerei, di combustibile
nucleare irraggiato, di "prodotti di fissione"
alla ricerca di qualche discarica, di plutonio,
ricercato da possibili clienti --- paesi dittatoriali,
criminalità organizzata, terroristi,
affaristi che speculano sull'ignoranza --- per
avventure di bombe atomiche o a fini di ricatto.
L'energia nucleare non è economica
L'energia nucleare non solo non è sicura
né pulita ma non è neanche economica:
non è vero che il costo aziendale dell'elettricità
nucleare è inferiore a quello dell'elettricità
ottenuta da altre fonti, come appare se si effettuano
correttamente i calcoli, includendo i costi
dello smantellamento delle centrali nucleari,
alla fine della loro vita utile, i costi di
sistemazione, nel lungo periodo, del combustibile
nucleare irraggiato e delle scorie radioattive.
L'ultimo apparente punto di forza degli avvocati
dell'energia nucleare consiste nel presentare
questa fonte di energia come l'alternativa al
possibile esaurimento delle riserve --- non
certo illimitate --- di combustibili fossili,
soprattutto idrocarburi.
L'alternativa va cercata altrove: in una revisione
dei consumi energetici ed elettrici --- in una
revisione dei modelli consumistici e merceologici
dell'umanità --- e in un crescente ricorso
alle fonti energetiche rinnovabili. Tale revisione
e transizione richiede ricerche scientifiche
di base, innovazioni tecniche e attività
manifatturiere su una scala senza precedenti,
tali da innescare un eccezionale aumento dell'occupazione,
sia nei paesi industriali, sia in quelli del
Sud del mondo.
Il giorno in cui ci si deciderà, nel
mondo, ad abbandonare l'uso dell'energia nucleare,
inoltre, si dovrà cominciare ad affrontare
i giganteschi problemi scientifico-tecnici della
sistemazione del combustibile irraggiato e dei
materiali radioattivi formatisi nelle attività
passate; dello smantellamento delle centrali
e dei reattori nucleari ancora esistenti, tutte
operazioni che richiedono crescenti conoscenze,
innovazioni e attività e l'impegno di
decine di migliaia di specialisti nel campo
della fisica, chimica, biologia, ingegneria.
Ma nel frattempo come possiamo evitare nuove
catastrofi ? Occorre rendersi conto che gli
effetti devastanti delle catastrofi dipendono
dalle condizioni sociali e politiche che consentono
alla tecnologia di sfuggire ai controlli umani
e collettivi. Tali condizioni sono rappresentate
dal potere e dall'arroganza dei produttori,
dalla complicità fra potere economico
e governi, dalla debolezza o inesistenza di
una cultura popolare nei confronti dei processi
tecnico-scientifici, produttivi, merceologici,
della società moderna.
I grandi mezzi di comunicazione parlano di tutto,
fuorché delle poche cose importanti della
vita moderna: come sono fatti gli oggetti e
le merci --- e l'energia e l'elettricità
sono fra le merci più pervasive che si
conoscano --- dove e da chi vengono fabbricati,
come sono controllati. E non c'è da meravigliarsene
perché i mezzi di comunicazione sono
per la quasi totalità controllati dal
potere politico-affaristico, dai fabbricanti
e venditori di merci che inducono i "consumatori"
ad acquistare le merci parlandone attraverso
la pubblicità che ha raggiunto vette
incredibili di banalità e tende ad escludere
qualsiasi informazione su che cosa le merci
sono e come sono fatte. La scuola e l'Università
sono in genere assenti nella diffusione di una
cultura popolare e critica sulle innovazioni
e sulla produzione.
Val la pena di continuare una corsa verso merci
che portano verso il nulla, o proviamo a cominciare
a chiederci --- e a spiegare --- che cosa produciamo,
che cosa succede dentro la centrale o la fabbrica
che troviamo vicino al nostro paese, che cosa
acquistiamo, a che cosa servono le merci che
spesso hanno un così elevato contenuto
di violenza ?
Scopriremmo, così, che un controllo pubblico
degli atti dei governanti e degli imprenditori,
oltre a ridurre le morti e i danni umani, diventa
un formidabile stimolo per l'innovazione, la
ricerca scientifica, per nuovi processi e per
merci meno violente, capaci di soddisfare, molto
meglio delle merci attuali, l'unica cosa che
conta, i bisogni umani, che comprendono anche
la sicurezza, il diritto alla vita, la dignità.
E su questa strada non c'è posto per
l'energia nucleare.
Giorgio Nebbia
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