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Un impianto petrolchimico
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"Quasi pronti"
per il protocollo di Kyoto
Approvato lo scorso
dicembre il decreto per il commercio delle quote
di CO2.
Il ritardo del nostro paese.
L'Italia fatica a rispettare
il protocollo di Kyoto. Un'elaborazione Eurispes,
su dati Enea, mostra come il nostro paese abbia
declinato gli impegni presi nell'accordo
di Kyoto: negli ultimi anni le nostre emissioni
di gas serra, come anidride carbonica
(CO2), metano (CH4), protossido
di azoto (N2O), composti fluorurati
(HFC, PFC) e esafluoruro di zolfo (SF6),
sono aumentate.
A presentare il rapporto dell'Enea Energia-Ambiente,
lo scorso novembre, è stato il Premio
Nobel per la fisica Carlo Rubbia.
"Le emissioni dell'Italia rendono oggettivamente
difficile, con le sole risorse interne, il rispetto
degli impegni assunti al momento della ratifica
del Protocollo di Kyoto - ha dichiarato Rubbia
- e degli accordi di 'burden sharing' presi
con i 15 paesi dell'Unione europea".
Il Protocollo di Kyoto prevede per l'Italia
una diminuzione entro il 2010 del 6,5% di emissioni
di CO2, ma ad oggi si registra un
aumento del 10%. Se il nostro Paese intende
rispettare gli accordi presi nel 1997 dovrebbe
diminuire le emissioni del 16% circa entro il
2010, ma l'obiettivo oggi sembra irraggiungibile.
Gas
serra in crescita
Nel 2002, precisa il rapporto, il settore
energetico italiano e' stato responsabile
dell'emissione di circa 443 Mt di anidride carbonica,
con un incremento dell'1,3% rispetto al 2001.
Il 35% di queste emissioni proviene dai processi
di trasformazione dell'energia, il 28,2% dal
settore dei trasporti, il 18% dalle industrie
manifatturiere e delle costruzioni e un altro
18% dagli altri settori. Il settore dei trasporti
e' responsabile dell'incremento più elevato
(22,7%) rispetto all'anno 1990, seguito dal
settore della produzione e trasformazione energetica
(15%).
Solo il settore delle industrie manifatturiere
e delle costruzioni ha evidenziato una
contrazione del livello di emissioni (3,3%).
L'inversione delle attuali tendenze e la stretta
dipendenza del sistema energetico italiano dai
combustibili fossili, petrolio e carbone, richiedono
l'innovazione e la modifica strutturale dei
nostri processi produttivi.
"E' necessario investire in ricerca e sviluppo
nel settore delle fonti rinnovabili, - ha dichiarato
Rubbia - in particolare l'energia solare".
La politica italiana sembra aver ignorato le
direttive del protocollo e non è stata
adottato nessuna misura per prevenire l'aumento
dei tassi di emissione. Gli investimenti del
nostro paese nello sviluppo del campo energetico
dal 1990 al 2003 si sono dimezzati e la ricerca
sul nucleare e sulle tecnologie alternative
si è ridotta.
D'altronde il quadro del resto d'Europa non
mostra una situazione migliore. L'UE si è
impegnata a ridurre le proprie emissioni di
GHG dell'8% rispetto al 1990 entro il 2008-2012,
ma solo Germania e Gran Bretagna hanno realmente
diminuito le emissioni di CO2. In tutti gli
altri paesi sono aumentate.
Un rapporto recentemente approvato dalla Commissione
Europea offre però buone ragioni
per essere ottimisti: la combinazione di misure
già esistenti a livello nazionale, di
manovre comunitarie complementari e l'acquisto
di "crediti di emissioni" da parte
dei paesi più "ecologisti"
dovrebbe consentire la diminuzione totale delle
emissioni nei 15 paesi dell'UE dell'8,6% entro
il 2010.
Crediti
a rischio
Alcune nazioni inadempienti metteranno però
a repentaglio l'equilibrio di crediti e debiti:
Danimarca, Italia, Portogallo e Spagna supereranno,
probabilmente con ampio margine, i limiti imposti
da Kyoto.
Grecia, Italia, Belgio e Francia sono state
deferite dalla Corte di Giustizia dell'Unione
Europea per non aver recepito interamente
la direttiva sullo scambio delle quote di emissione
entro la data prevista (31 marzo 2004). Tra
l'altro l'Italia è tenuta a motivare
la consegna di un piano nazionale di assegnazione
delle quote incompleto.
Il sistema previsto dalla Comunità Europea
è importante: dovrebbe abbattere le emissioni
di GHG nel settore industriale ed energetico
a minor costo possibile e permettere alle nazioni
europee di rispettare il protocollo di Kyoto.
Agli impianti ad alta intensità energetica
saranno assegnate delle quote di emissioni di
CO2, le imprese che riusciranno a non utilizzare
tutte le loro quote potranno vendere quelle
eccedenti alle industrie che non riusciranno
a rispettare i limiti imposti.
In
ritardo
Solo lo scorso novembre il Consiglio dei Ministri
italiano ha approvato un decreto legge conforme
alla direttiva comunitaria per il commercio
di emissioni di gas a effetto serra. Secondo
la direttiva, dal 1° primo gennaio 2005
nessun impianto, tra quelli previsti dalla direttiva
(settore termoelettrico, raffinazione, vetro,
cemento, acciaio, ceramiche, laterizi, carta)
potrà emettere GHG in assenza di un'apposita
autorizzazione. I gestori degli impianti dovevano
presentare la richiesta di autorizzazione ad
emettere gas serra entro il 5 dicembre 2004,
in modo da consentire all'autorità nazionale
competente di assegnare le quote per il 2005-2007
entro il 30 dicembre.
L'escamotage del decreto è un modo per
permettere alle nostre industrie di continuare
ad operare legalmente.
"Le imprese italiane, infatti, in mancanza
di recepimento della direttiva, - ha dichiarato
il Ministro dell'Ambiente Altero Matteoli
- si sarebbero trovate nella condizione di operare
illegalmente e sarebbero state passibili di
denuncia".
L'attuazione del protocollo di Kyoto partirà
il 16 febbraio 2005. Ci aspetta che l'Italia
presenti al più presto il proprio piano
nazionale per l'assegnazione delle quote di
CO2 alla Commissione Europea, ma
è forte il dubbio che alcune nazioni
non siano pronte per recepire completamente
le direttive dell'accordo.
Valentina Robbiati
I
punti principali del decreto-legge:
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- attribuzione del
ruolo di autorità nazionale
competente al Ministero dell'Ambiente
e della Tutela del Territorio
fino all'avvenuto recepimento
della direttiva 2003/87/CE;
- obbligo per i gestori degli
impianti che ricadono nel campo
di applicazione della direttiva
di presentare la richiesta di
autorizzazione ad emettere gas
serra entro il 30 novembre 2004
e di presentare le informazioni
necessarie per permettere all'autorità
nazionale competente di procedere
all'assegnazione delle quote di
emissione di CO2 entro il 30 dicembre
2004;
- modalità di comunicazione
delle suddette informazioni; modalità
di rilascio delle autorizzazioni
ad emettere gas ad effetto serra.
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