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La ciminiera del termovalorizatore
di Brescia. Alcuni impianti oltre a produrre energia servono anche il calore sia
per utilizzi domestici, sia per quelli industriali. |  | |
Termovalorizzazione in Italia Produrre energia
dai rifiuti per il nostro paese sembra ancora una frontiera lontana. Eppure si
risolverebbero ben due problemi con un solo
piccione. La
termovalorizzazione dei rifiuti urbani è in Italia una tematica ancora
problematica che investe attori diversi in ruoli differenti spesso contrapposti.
Da un lato è sempre più chiara l'emergenza di una corretta gestione,
da parte degli enti locali, dello smaltimento dei rifiuti, dall'altro è
sempre più alta l'attenzione da parte dell'opinione pubblica su questa
tipologia di impianti. Buona
parte dei problemi legati alla termovalorizzazione sono dovuti alla mancanza di
un quadro di riferimento generale che abbia al centro la sinergia tra gli attori
delle varie fasi del ciclo completo del rifiuto. Il ciclo comprende passaggi delicati
quali l'autosufficienza, la prossimità, la residualità delle discariche
e gli obiettivi di raccolta differenziata che produrranno effetti positivi sulla
gestione del rifiuto ed anche sulla termovalorizzazione solo se integrati tra
di loro. Nel quadro
generale della gestione del rifiuto la termovalorizzazione energetica assume un
ruolo importante in quanto trasforma parte del rifiuto da problema a risorsa.
Oggi sul discorso termovalorizzazione sono ancora molte le questioni sul tappeto.
Prima di tutto è necessario impostare i modelli di gestione integrata del
rifiuto affinché si diano certezze sulla qualità dei processi sotto
il profilo socioambientale sia ai cittadini, sia al territorio interessato. Successivamente
si può impostare l'azione sotto il profilo operativo che deve tendere al
recupero e alla valorizzazione delle frazioni merceologiche sia sotto forma di
materia sia di energia utilizzando il confinamento in discarica solo ed esclusivamente
per la frazione di rifiuti che non possano essere in alcun modo valorizzati. Lasciando
da parte percorsi difficilmente praticabili come quelli relativi al cambiamento
degli stili di vita e di consumo oppure a una sorta di prericiclo attraverso l'influenza
del quadro normativo sulla produzione degli imballaggi, è realistico affermare
che una delle vie percorribili è quella della termocombustione del rifiuto
frazionato per categorie grossolane attraverso la raccolta differenziata. Questo,
che all'apparenza potrebbe sembrare un obiettivo minimo, rappresenta per il nostro
paese un punto di svolta se pensiamo al fatto che oggi oltre il 70 % dei rifiuti
solidi urbani è smaltito in discarica in maniera indifferenziata senza
aver subito alcun trattamento di valorizzazione.
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Rifiuti selezionati. Il potere
energetico del rifiuto si avvicina al 25% dei combustibili fossili. |
 | | Poiché
100 kg di rifiuti hanno un potere energetico equivalente a 22 kg di petrolio appare
chiaro come ogni tonnellata di rifiuti avviata in discarica anziché alla
termovalorizzazione rappresenti uno spreco energetico notevole e un utilizzo insostenibile
della risorsa. Guardando ai modelli di gestione all'estero ci si accorge che
a parte la Gran Bretagna, che ha la nostra stessa percentuale di rifiuti confinati
in discarica, Francia, Giappone, Svizzera e Svezia, pur avendo una struttura socioeconomica
simile alla nostra, hanno una percentuale di confinamento in discarica spesso
al di sotto del 40%. Queste basse percentuali di confinamento in discarica hanno
come corrispondenza un livello alto di utilizzo della termovalorizzazione. Questo
livello viene raggiunto nella quasi totalità dei casi attraverso un'alta
integrazione tra recupero e termovalorizzazione e può giungere al livello
ottimale, con un 30% dei rifiuti confinati in discarica, solo in quei sistemi
nei quali la termovalorizzazione è il principale sistema di trattamento.
Da queste considerazioni appare chiaro che la massima efficienza energetica complessiva
del ciclo di trattamento dei rifiuti viene raggiunta solo nel caso di un utilizzo
prevalente della termovalorizzazione. Oggi in Europa sono operativi circa
300 impianti per la termovalorizzazione, quasi tutti dislocati nel centro del
continente, con percentuali di utilizzo attraverso la termovalorizzazione che
oscillano tra il 25% ed il 60%, mentre in Italia su 28 milioni di Rsu prodotti
l'anno solo l'8% viene smaltito con la termovalorizzazione. La
responsabilità di questo scarso sviluppo del settore è dovuta in
parte alla conformazione morfologica del nostro paese e alla sua alta densità
di popolazione, all'inadeguatezza del quadro politico e alla scarsa informazione
ai cittadini, fatto quest'ultimo che spesso provoca l'opposizione ed il rigetto
di progetti anche quando sono avanzati nella direzione della tutela ambientale
e del territorio. Un'indagine di Federambiente rileva che in Italia sono funzionanti
solo 40 impianti su 63 e che il recupero energetico non avviene in tutti gli impianti.
Da questo dato appare chiara l'inadeguatezza e l'arretratezza del sistema nostrano
che è, in sostanza, fermo al palo rispetto agli indirizzi comunitari e
alle realtà delle altre nazioni dell'area UE. Sul fronte dei miglioramenti
delle conoscenze e delle tecnologie i progressi degli ultimi due decenni hanno
determinato un vero e proprio cambiamento di atteggiamento sullo smaltimento dei
rifiuti solidi urbani in special modo sull'opzione relativa alla valorizzazione
energetica. Le soluzioni tecnologiche odierne, infatti, hanno fatto tesoro delle
esperienze legate alle istanze crescenti relative alla tutela ambientale e lo
stato dell'arte della termovalorizzazione oggi dispone di pratiche sicure e sperimentate,
mentre ciò che manca è l'informazione, sia agli enti locali, sia
ai cittadini in relazione alla convenienza socioeconomica della termovalorizzazione
e del suo alto grado di rispetto dell'ambiente e del territorio.
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Un cassonetto per la raccolta differenziata
a Berlino. In altri paesi europei la strada per il riciclo e la termovalorizazione
dei rifiuti è stata imboccata già da alcuni anni. |
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ottimizzare lo sviluppo della termovalorizzazione è necessario prima di
tutto adottare un approccio polivalente a monte della stessa, individuando quei
differenti sistemi di gestione integrata che garantiscano la risposta che minimizza
il più possibile l'impatto ambientale. Purtroppo in Italia negli ultimi
anni si è fatto poco. L'incertezza del quadro di riferimento politico ha
fatto si che in assenza di una prospettiva di lungo periodo si sia registrato
uno sviluppo di tecnologie di basso investimento, regolate da una normativa più
semplice e con ritorni economici centrati sul breve periodo: la discarica.
Lo svilupparsi del confinamento dei Rsu in discarica ha diminuito il ricorso a
soluzioni alternative in maniera drastica impedendo lo sviluppo sia di una strategia
industriale ad alto valore tecnologico aggiunto, come quella della termovalorizzazione,
sia di una definizione di una strategia ambientale legata alle tecnologie complesse,
di cui la mancanza di comunicazione è figlia. Ciò
di cui si ha bisogno in Italia per uno sviluppo della termovalorizzazione è,
in primo luogo, l'individuazione di impianti per la termovalorizzazione che siano
al servizio di bacini di produzione del rifiuto e producano valore aggiunto, ossia
energia, per lo stesso bacino. È necessario, inoltre, che nello stesso
bacino siano posizionate le discariche, il cui mancato utilizzo, attraverso lo
sviluppo della termovalorizzazione, diventa un elemento di tutela ambientale percepito
in maniera precisa dal territorio circostante. Solo chiudendo un circolo virtuoso
a livello locale sarà possibile, infatti, rendere partecipi gli attori
attivi su un territorio, come gli enti locali, gli imprenditori, gli artigiani,
i movimenti ambientalisti e i singoli cittadini, per far sì che si cambi
punto di vista interpretando il rifiuto come una ricchezza da tutelare a livello
locale, anziché un problema da esportare al di fuori del proprio cortile.
Questo processo non può essere innescato in maniera autonoma dalle leggi
di mercato. È importante che lo start up di questo circolo virtuoso sia
innescato da due attori: la pubblica amministrazione centrale e gli enti locali.
La prima deve fissare i principi generali e l'ordine delle priorità che
sono il fondamento del sistema integrato dei rifiuti e farsi parte attiva nell'inserimento
di queste istanze a livello locale, mentre i secondi devono avere un'autonomia
decisionale consapevole e in grado di rispondere alle sollecitazioni provenienti
dal territorio, utilizzando lo strumento delle autorizzazioni.
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Una discarica. Il confinamento
in discarica di rifiuti che potrebbero essere utilizzati in altro modo si configura
come un vero e proprio spreco di risorse. |  | | Le
autorizzazioni seguono uno schema complesso che però denota un controllo
di varie realtà legate al territorio. L'elenco di autorizzazioni degli
impianti è lungo e dettagliato e le stesse convergono alla fine al vaglio
dell'autorità comunale che decide in una piena autonomia, limitata dai
profili esaminati dalle altre amministrazioni e all'interno della quale l'autorizzazione
può essere negata solo in presenza di nuovi elementi di giudizio. In questo
quadro devono essere favoriti, e non sempre lo sono, quei comportamenti virtuosi
che fanno dello sviluppo della qualità la loro forza, come le certificazioni
sulla qualità e sulla tutela ambientale. Iso 9001, Iso 14001, Vision
2000 e Emas II sono ormai diventati degli strumenti di politica industriale, i
cui obiettivi sono perseguiti dalle aziende che sono alla ricerca di un migliore
rapporto con il tessuto socioambientale e devono essere recepiti appieno anche
nel processo di autorizzazione dei nuovi impianti. Per
quanto riguarda il quadro economico è chiaro che anche questo aspetto deve
essere legato alla sostenibilità. In questo contesto è necessario
che il prezzo di cessione dell'energia elettrica prodotta da ogni singolo impianto
debba essere modulato in base a parametri d'efficienza energetica e di tutela
ambientale rapportati anche al sistema integrato dei rifiuti. In pratica deve
essere fatto il bilancio dell'intera filiera e va valutato l'indice di virtuosità
complessiva, premiando i sistemi che garantiscono un'alta qualità complessiva. Lo
scenario della termovalorizzazione in Italia, come abbiamo visto, è ancora
limitato se confrontato a quello europeo, ma esistono dei presupposti per un buon
sviluppo anche in tempi rapidi. Le esperienze pilota di alcune realtà locali,
anche se non organiche ad alcun piano di sviluppo hanno portato a buoni risultati
e al mantenimento del presidio tecnologico di settore nel nostro paese. Oggi lo
scenario per lo sviluppo della termovalorizzazione è ulteriormente aperto
da due fattori. Il primo è rappresentato della liberalizzazione del mercato
energetico ed il secondo dalle ripetute "emergenze rifiuti", che ormai
dilagano in parecchie città, per la saturazione delle discariche. Questi
due elementi completano il quadro e rendono la termovalorizzazione un processo
ormai maturo per imboccare la via della sostenibilità. Sergio
Ferraris
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