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Impianto petrolchimico di Porto Marghera

Petrolio all'attacco

In vista della ratifica dell'accordo di Kyoto da parte dell'Italia, l'Unione Petrolifera attacca il Cipe e lo fa tentando di scardinare il quadro complessivo relativo alle emissioni.


Dopo cinque anni di attesa, tanti ne sono passati da Kyoto, sembra essere in dirittura d'arrivo la ratifica del protocollo sul contenimento dell'emissione dei gas serra anche da parte del nostro del nostro paese.
Nei giorni scorsi è stata completata la stesura della delibera del Cipe (Comitato interministeriale di Programmazione Economica) che dovrebbe attuare anche in Italia il Protocollo di Kyoto, così come promesso dal governo Berlusconi.
Il protocollo di Kyoto, da molti considerato ormai insufficiente di fronte alle emergenze ambientali del pianeta, fissa la riduzione delle emissioni di anidride carbonica al 15 % nei prossimi quindici anni.
Durante il mese di settembre nei giorni immediatamente successivi al summit di Johannesburg, il fondatore del World Watch Institute, Lester Brown ha affermato che il protocollo di Kyoto potrebbe essere superato a causa di ben più gravi emergenze climatiche nei prossimi due anni.

Un documento che minaccia
In questo quadro le compagnie petrolifere hanno attaccato frontalmente la possibile ratifica del protocollo di Kyoto da parte dell'Italia, attraverso un documento diffuso dall'Unione Petrolifera dove si afferma con durezza che la riduzione dei consumi, fossili ovviamente, produrrà un aumento dei costi energetici per il sistema industriale italiano.
La minaccia è chiara. L'applicazione del protocollo di Kyoto, potrebbe, secondo i petrolieri, portare ad una fase di stagnazione dell'economia nazionale.
I distinguo che fa l'industria petrolifera sullo scenario complessivo dell'emissione dei gas serra sono interessanti sotto al profilo delle strategie attuate dai vari comparti industriali per contrastare l'applicazione del protocollo di Kyoto.
In pratica l'industria petrolifera chiede di essere separata dagli altri comparti industriali, responsabili dell'emissione dei gas serra, in virtù di una "raggiunta efficienza" energetico industriale dei processi di raffinazione. Per quanto riguarda le emissioni, aumentate del 10 % in dieci anni, i petrolieri se ne chiamano fuori, affermando che l'aumento è da imputarsi all'incremento del consumo di combustibili per l'autotrazione. In pratica il settore si assolve di fatto affermando, senza citare alcun dato, che l'aumento delle emissioni sarebbe stato ben più marcato se se non si fosse aumentata l'efficienza energetica degli impianti.
Se quest'aumento dell'efficienza sia da ascriversi ad una nuova sensibilità ambientale dell'industria petrolifera o a problemi legati all'ottimizzazione dei costi è tutto da scoprire.
La strategia di fondo è al contrario scoperta: dividere e frammentare lo scenario complessivo delle responsabilità verso le emissioni dei gas serra per ottenere migliori condizioni di settore nello scambio delle quote di emissione.

Sergio Ferraris

 

Ecco il documento dell'Unione Petrolifera


Attuazione del Protocollo di Kyoto

Nuova Delibera CIPE su Kyoto


E' in fase finale di predisposizione da parte del Ministero dell'Ambiente il testo della nuova Delibera CIPE che ha come obiettivo la definizione di politiche e misure dirette al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.
Sulla base del modello previsivo adottato, le emissioni di CO2 al 2010 nello scenario base risulteranno superiori di 91 Mtonn. CO2 equivalenti ai valori a cui il nostro Paese si è impegnato per attuare agli obiettivi di Kyoto.
Il processo che si intende seguire per rispettare gli impegni prevede l'individuazione di uno scenario di emissioni al 2010, definito no-regret, con l'individuazione di tutte quelle misure convenientemente adottabili a livello nazionale (anche incentivabili) che consentano di avvicinare lo scenario no-regret minimizzando i costi. In base a questo approccio è emerso che le misure no-regret consentirebbero di ridurre lo scarto delle emissioni dell'ordine di 60 Mtonn. CO2 equivalenti.
I rimanenti 30 Mtonn. di CO2 equivalenti di riduzioni, necessarie per adempiere all'impegno italiano su Kyoto, sono ottenibili attraverso i meccanismi flessibili di joint implementation, i meccanismi di sviluppo pulito, i serbatoi di assorbimento.
Gli effetti sulla competitività del sistema Italia
In Italia il rispetto di Kyoto potrà essere conseguito unicamente con una consistente compressione dei consumi energetici e questa azione di contenimento dovrà attuarsi nell'ambito di un sistema già fortemente ottimizzato, che ha raggiunto un ampio disaccoppiamento tra consumi di energia e sviluppo economico.
Pertanto l'attuazione del Protocollo di Kyoto, pur in uno scenario no-regret, potrebbe determinare per i suoi costi aggiuntivi una perdita di margini di competitività dell'intero sistema industriale italiano, e questo a causa dello squilibrio nella ripartizione comunitaria degli impegni su Kyoto. Il ricorso ai meccanismi flessibili consentirà di mitigare solo parzialmente tale situazione.
Le considerazioni dell'industria petrolifera
Nella predisposizione dei documenti per la nuova Delibera CIPE il settore petrolifero è stato incluso nell'area "industrie energetiche". E' stato altresì richiesto a ciascun settore di indicare il proprio obiettivo tendenziale di emissioni di CO2 al 2010.
I consumi energetici nelle raffinerie e quindi le emissioni di CO2, rappresentano una voce rilevante nell'economia del processo di raffinazione e pertanto le compagnie petrolifere sono da sempre molto attente a migliorare per quanto possibile l'efficienza in raffineria.
L'incremento dei consumi energetici, come risultato delle esigenze di raffinazione degli ultimi anni e della formulazione di prodotti di qualità ambientale sempre migliore, ha comportato un elevato aumento delle emissioni di CO2 dal 1990 ad oggi, che sarebbe stato ancora più marcato se non fosse nel contempo migliorata l'efficienza energetica degli impianti stessi, stimabile in un 10% circa.
In prospettiva futura, un maggiore ricorso all'autoproduzione elettrica e l'ulteriore inseverimento della qualità dei carburanti, determineranno ancora un inevitabile aumento delle emissioni di CO2 che sarà però più che compensato da una consistente riduzione dei consumi di carburante nei veicoli nuovi e dal drastico abbattimento di tutte le emissioni inquinanti su tutto il territorio nazionale.
La previsione dell'industria petrolifera, elaborata coerentemente a tali ipotesi, indica un obiettivo settoriale di emissioni di CO2 al 2010 pari a 31 milioni di tonnellate.
L'industria petrolifera inoltre, per la sua specificità, richiede che il proprio obiettivo settoriale al 2010 venga chiaramente distinto da quello dell'industria termoelettrica.
Infatti, i due settori industriali presentano differenti caratteristiche e sono influenzati da fenomeni di mercato nazionali ed internazionali in modo notevolmente diverso.
Il settore petrolifero sarà chiamato a partecipare al commercio delle emissioni di CO2 nell'ambito dello schema comunitario dell'Emission Trading e quindi ritiene che il proprio obiettivo di emissioni al 2010 debba essere chiaramente identificato.
E' necessario evitare che politiche e misure adottate nell'ambito delle strategie previste da un settore, possano influenzare quelle di un altro settore. Tale fenomeno potrebbe verificarsi se l'industria petrolifera e quella termoelettrica avessero un unico, indistinto obiettivo di emissioni al 2010.


 

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