 |
Mike Goldwater |  | |
Acqua sulla pellicola Il reporter
Mike Goldwater parla del suo lavoro dedicato all'acqua in tutto il pianeta e di
come si osservano i problemi ambientali da dietro l'obiettivo.
Mike Goldwater
è un reporter di razza. Il suo stile secco ed asciutto, che basa la propria
essenzialità su un bianco e nero senza esitazioni, porta diritto al cuore
dei problemi, senza mediazioni e senza ideologismi. Le sue immagini tentano la
missione impossibile della ricerca della verità, dando agli occhi degli
spettatori tutti gli strumenti per comprendere, per andare oltre all'apparenza,
per costruirsi un'opinione fatta di immagini e non solo di parole. Dietro un lavoro
come "Acqua" c'è una forte volontà di capire e di far
capire. Abbiamo chiesto a Mike Goldwater che cosa c'è dietro alle quinte
rappresentate dalle sue fotografie.
Com'è nato il lavoro "Acqua"? Ho iniziato ad interessarmi
a questo progetto attratto dall'acqua quale elemento di base della vita dell'uomo.
È impossibile vivere senza: mi hanno chiamato nel 1998 per lavorare sull'argomento
e mi sono trovato sempre più coinvolto ed interessato. Normalmente la professione
di fotoreporter non concede tempo sufficiente per approfondire un argomento o
svolgere una ricerca dettagliata. Le riviste, infatti, hanno budget sempre più
ridotti per pagare sia il nostro lavoro, sia le nostre immagini, e di conseguenza
abbiamo poco tempo a disposizione. Al contrario, questo progetto mi ha permesso
di agire con più tempo e liberà.
Una
delle cose che colpisce nelle sue immagini è che non ha registrato solo
disastri e sciagure, bensì c'e' un approccio a 360 gradi, da dove deriva
questo particolare approccio? Io sono un fotoreporter, noi cerchiamo di
rappresentare la realtà e quindi siamo alla ricerca della verità
di tutte le situazioni. Come fotoreporter cerchiamo di guardare all'interno della
realtà e di esplorare il più possibile le molte sfaccettature di
un problema. Non rappresentiamo solo il lato positivo di una situazione perché
sarebbe troppo semplicistico, né parliamo solamente di disastri perché
sarebbe altrettanto semplicistico. L'acqua è un tema complesso e variegato.
Io ho cercato, con il mio lavoro, di cogliere più sfumature possibili inerenti
al tema, anche se andando avanti nella mia ricerca mi sono reso conto che gli
aspetti dell'acqua si moltiplicavano scoprendone sempre di nuovi ed imprevisti.
Più mi addentro nel problema dell'acqua, più mi rendo conto che
avrei bisogno maggior spazio e d'ulteriore tempo per approfondire ed indagare. L'acqua
è un concetto difficile da comunicare. Lei si è posto il problema,
e se lo ha fatto come lo ha risolto? Le foto della mostra descrivono tutta
una serie di situazioni. Alcune riguardano la siccità in Eritrea o nella
parte settentrionale del Mali, altre, sempre sulla siccità, sono state
scattate in viaggi precedenti in Sudan e in Etiopia. Altre immagini riguardano
una serie di luoghi che sono stati colpiti dalla carestia che è un effetto
drammatico della mancanza d'acqua. La maggior parte delle foto che trattano questo
problema sono state scattate tra il 1998 e 2002. C'è anche un' immagine
di un uomo che sta cercando di scavarsi un pozzo. In questi casi ho tentato di
descrivere il grande problema dell'acqua attraverso la migrazione delle persone
che vivono la penuria idrica. Ho cercato di comunicare alle persone che vivono
nel nord del mondo, persone che hanno una quantità d'acqua spropositata
rispetto a coloro che vivono nel sud del mondo, come si possa vivere con pochissima
acqua a disposizione. Penso che il mostrare delle immagini di persone che
vivono con poca acqua, possa indurre a riflettere coloro che di acqua invece ne
hanno troppa. Nel mondo occidentale d'acqua se ne spreca tantissima e non ci si
rende conto che risorsa preziosa sia. Questo è il messaggio della
fotografia che riprende un uomo, nel letto di un fiume completamente disseccato,
mentre dona quella poca acqua che è rimasta per abbeverare, per primo,
il suo cammello. Il cammello non è solo una risorsa di vita ed economica,
ma è anche un suo amico e per questo beve la sua stessa acqua. Lei
ha fatto questo lavoro in tutte le parti del mondo, quindi ha una visione globale
del problema: quali sono dal suo punto di vista i principali nodirelativi acqua,
ha potuto intravedere durante il suo lavoro delle possibili soluzioni ?
Noi che viviamo in questo mondo, definito il primo mondo, tendiamo a dimenticare
quanto sia difficile per moltissime persone riuscire ad avere abbastanza acqua
per vivere e come in queste circostanze diventi un lusso averne abbastanza per
lavarsi. Non è una novità se io testimonio, con la mia fotocamera,
che vi sono milioni di persone che per assicurarsi una corretta quantità
d'acqua, tutti i giorni della loro vita, sono costrette a fare enormi sacrifici.
Sono costretti a viaggiare e a spostarsi per decine di chilometri solo per soddisfare
le necessità quotidiane di base della propria famiglia. Credo che
nell'affrontare la questione delle risorse idriche, il problema fondamentale sia
quello di riuscire a garantire a tutti un corretto accesso all'acqua potabile.
In effetti, questo è uno dei problemi che trattano sia Green Cross sia
il suo presidente Gorbaciov, i quali sostengono che l'accesso all'acqua sia uno
dei fondamentali diritti umani. Visione che io, non solo ho capito, ma che sostengo
apertamente, e che quindi condivido appieno. Realizzare quest'obiettivo non è
facile; sono necessarie delle risorse economiche, ma ci vuole anche immaginazione,
cooperazione internazionale ed altruismo. Un altruismo che le persone di potere
dovrebbero riuscire a trovare. Inoltre l'aspetto economico dell'acqua, quale risorsa
capace di provocare utili dovrebbe essere risolto e gestito tenendo conto del
fatto che l'acqua è un diritto ed è indispensabile alla vita.
 |
Mandriani nomadi raggiungono
l'acqua per i loro cammelli scavando nel letto asciutto di un fiume. Eritrea,
aprile 1983 |  | | Durante
i suoi viaggi ha trovato dei buoni esempi di gestione idrica? Me ne può
citare uno? Ho visto più esempi di un'erronea gestione delle risorse
idriche che non di buona gestione. Secondo ciò che ho osservato nei miei
viaggi in tutto il mondo, da come mi sono apparse le situazioni, mi è sembrato
che sia più facile fare male che non fare bene. Mi ha molto colpito,
per fare un esempio, come le grandi dighe siano costruite e gestite finendo spesso
per assicurare un utile solo a coloro che le progettano e non alle comunità
locali che ne dovrebbero essere i veri beneficiari. Questa è una mostra
che non ha nessuna velleità o pretesa di essere un lavoro completo sul
problema dell'acqua. L'aspetto della gestione delle risorse idriche mi ha sempre
interessato e da solo potrebbe costituire il tema per un'altra mostra, per raccontare
nel bene o nel male un'altra bellissima storia. Nei paesi più diversi
ho potuto constatare come, in genere, siano i progetti di piccola scala diretti
al beneficio di un villaggio o di una comunità, quelli che approdano ai
risultati migliori. Sono sistemi in grado di apportare benefici reali nella zona
di influenza dove vengono realizzati, oltre che costare una frazione infinitesimale
rispetto agli enormi investimenti quali quelli necessari per una diga. Rispetto
a questo, il semplice sistema del terrazzamento mi è sembrato molto interessante.
Nel terrazzamento l'unica cosa veramente indispensabile è l'avere abbastanza
personale per potere costruire barriere di contenimento. In questo modo al tempo
della pioggia, l'acqua può defluire, scolare nel terreno riuscendo a trasformarsi
in una fonte di irrigazione e apportando sostegno per i futuri raccolti locali.
Ne ho visto un esempio in Etiopia: un progetto in piccola scala ma molto
efficace. Era stato deviato il corso di un fiume, erano state costruite barriere
di contenimento ed il terreno era stato livellato in modo tale che nella stagione
della pioggia questa zona terrazzata e livellata venisse riempita d'acqua. In
questa maniera l'acqua convogliata è riuscita a diventare una risorsa importante
per tutta la zona. Questo sistema ha prodotto dei risultati eccezionali per i
raccolti e si è parzialmente eliminato il problema dell'aridità
del suolo in quella zona. Per finire su questo punto vorrei insistere sul
concetto, che non rappresenta davvero solo un'affermazione teorica o di principio,
i progetti di piccola scala funzionano e producono maggiori benefici alla popolazione
locale, rispetto ad un progetto di più larga scala, di un più massiccio
impiego di risorse. In Mali, vicino al fiume Niger, ho assistito alla conclusione
di un progetto, costato milioni di dollari, di una stazione di pompaggio indipendente
per l'irrigazione di una vasta area del paese. L'impianto venne inaugurato ma
funzionò solo 28 ore poi ebbe un guasto, guasto probabilmente dovuto anche
all'impreparazione della popolazione locale. Alla fine l'area irrigata era incredibilmente
esigua rispetto alle spese che questo progetto aveva richiesto. Si tratta
del problema relativo all'utilizzo delle tecnologie che devono essere appropriate.
Se la tecnologia non è adatta, o non può essere impiegata dalle
popolazioni locali, o peggio non viene insegnata in maniera appropriata a chi
dovrebbe utilizzarla, si rischia davvero di sprecare un sacco di risorse.
Spesso questi grandi progetti vanno solo a beneficio dei prestigiosi consulenti
internazionali o dei produttori internazionali. Questi, infatti, offrono una fornitura
e guadagnano molti soldi senza preoccuparsi degli effetti, dell'impatto che il
loro lavoro produrrà sul territorio. La questione fondamentale è
quella di rendere disponibili delle tecnologie che siano facilmente comprensibili
e impiegabili dalle popolazioni locali. Lei
con questo lavoro ha sviluppato una sensibilità ambientale. In generale,
al di là dal problema acqua, è ottimista o pessimista sul futuro
del pianeta? Io sono un ottimista per natura altrimenti non farei il lavoro
che faccio, anche se sono circondato da prove che vanno contro il mio ottimismo,
proprio in ragione del lavoro che svolgo. Vi sono problemi quali il riscaldamento
del pianeta che vengono disattesi. Riguardo a ciò la possibile gestione
per le emissioni inquinanti viene contenuta in accordi, in tentativi di composizione
che sono regolarmente disattesi dalle grandi potenze. Io mi rendo conto che
è anche un problema di scala mondiale, però ci vuole, ripeto, altruismo
anche a livello governativo, per eliminare questa visione miope. Miopia che
sembra colpire molti paesi al mondo, paesi che tengono conto solo dei propri interessi
a breve termine. Ritiene
che vadano cambiati i modelli di sviluppo o di consumo a livello mondiale ?
I modelli di consumo devono essere cambiati, devono subire un cambiamento
in particolare per quanto attiene all'acqua. In Europa durante la mia infanzia
ed adolescenza la mia generazione pensava che l'acqua fosse una risorsa illimitata.
Ora non è così, e non lo è mai stato, ora finalmente ce ne
siamo resi conto anche attraverso cambiamenti climatici drammatici, come i casi
di siccità in Italia e le inondazioni nel sud Europa. È Io
credo che ci si debba sensibilizzare in prima persona. L'opinione pubblica deve
prendere consapevolezza di quelle che sono le risorse e di quanto sia irresponsabile
inquinare. La sensibilizzazione su questo problema può già costituire
un grande aiuto. Nello stesso tempo mi rendo conto che l'acqua è un
problema planetario e che richiede una soluzione planetaria, secondo me. È
necessario che siano stanziate grandi risorse internazionali, per poi far sì
che queste risorse, queste disponibilità, trovino un'applicazione sostenibile
in ambito locale. Per queste ragioni io non posso che essere totalmente d'accordo
con la visione di Green Cross sull'acqua.
 |
Charrapunjee, Assam,
uno dei posti piu' umidi del pianeta, con precipitazioni annue di 1200 cm.
India, luglio 1999 |  | | Qual'
è la foto che preferisce e perché? Ci sono tutta una serie
di foto a cui sono legato: quella a cui siamo di fronte fa parte di una storia
che ho narrato sui monsoni in India. E' stata scattata a Gerapunjy che è
uno dei posti più tremendi della Terra. Stavo trattando il problema dei
monsoni e dovevo scattare tutte le fotografie mentre pioveva, e pioveva molto,
sono sicuro che tu possa immaginarlo, e questo posto era sulle montagne e tutti
i giorni ero lì con un ombrello in una mano e la macchina fotografica.
Faceva molto freddo e umido, tutto era triste e tutte le persone che uscivano
o lavoravano avevano qualcosa per ripararsi, questo (indica la foto) è
il loro ombrello
perché lascia le mani libere per lavorare, mi ricorda
un po' le ali di un coleottero, un copri-ali di un coleottero. Questa foto semplicemente
mi fa ricordare quel momento, me lo fa ricordare in un modo molto presente.
Un'altra foto alla quale sono particolarmente legato l'ho scattata in Eritrea.
Era tardi, nel pomeriggio vi erano dei nomadi nel letto di un fiume completamente
prosciugato. Mi avevano raccontato come si fosse prosciugato da molti mesi e come
fosse però possibile, scavando, trovare un po' d'acqua nel letto del fiume.
Questo signore prima di bere lui stesso ha abbeverato il cammello, mi è
piaciuto il rapporto che quest'uomo aveva con il cammello, perché sapeva
che la sua sopravvivenza dipendeva anche dalla sopravvivenza del cammello. Ha
qualche progetto futuro sulle questioni ambientali? Mi piacerebbe ancora
dedicarmi all'acqua, ho ancora una serie di idee che vorrei realizzare, ma è
difficile trovare i fondi per fare i progetti. Ora sono in trattative con alcune
riviste e spero di poter proseguire le mie ricerche. Intervista
raccolta a Roma il 26 11 2003 Sergio Ferraris Ha collaborato Giovanna
Giuffrè Copyrigth 2003 Sergio Ferraris/Green Cross Italia.
|