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World
Press Photo anno 2005
Primo premio Spot News singles
Arko Datta , Reuters,
Una donna piange un proprio
congiunto, Cuddalore,
Tamil Nadu, I°ia, 28
Dicembre
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Il
mondo in una manciata di foto
Il World
Press Photo.
Che quest'anno sembra abbandonare la
propria linea d'assalto per invitare
alla riflessione.
Come
ogni anno, arrivano i risultati del
World Press Photo che premia le migliori
immagini giornalistiche del mondo. Si
tratta di un avvenimento discusso da
più parti nell'ambito del giornalismo
che però almeno un paio di pregi
li possiede. Il primo è quello
di fissare un punto fermo di discussione
intorno alle immagini che hanno fissato
la "storia" dell'anno. Il
secondo è rappresentato dal fatto
che il dibattito, per quanto frammentario
e ondivago, sul giornalismo fotografico,
varca a soglia dei giornali specializzati,
come il nostro, e raggiunge l'opinione
pubblica. Il World Press Photo porta
alla ribalta, anche se solo per un giorno,
la fotografia di reportage che spesso
è confinata ad essere oggetto
degli specialisti della comunicazione,
come giornalisti, fotoreporter e picture
editor.
È un esempio di ciò l'immagine
che ha vinto il primo premio, quella
del reporter indiano Arko Datta, scattata
due giorni dopo il disastroso tsunami
che ha colpito i paesi affacciati sull'Oceano
Indiano. La fotografia è stata
pubblicata, con grande evidenza e spazio,
da moltissimi quotidiani e dai settimanali
in tutto il globo (è stata distribuita
dal network mondiale di Reuters) ma
si è "confusa" nel
flusso prorompente delle immagini, sia
fotografiche, sia televisive, del disastro
che ci sono arrivate attraverso i media.
È stata in pratica annegata in
uno tsunami mediatico e dopo la prima
emozione, persa. Il pregio del Word
Press Photo è proprio questo:
aiutare a fissare nell'universo della
memoria collettiva le immagini che valgono.
Anno dopo anno.
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World
Press Photo of the Year
2004, Jean-Marc Bouju, Francia,
The Associated Press, Un
uomo iracheno conforta suo
figlio in un centro di detenzione,
Najaf, Iraq
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Il
dramma globale
L'immagine del primo premio comunica
allo spettatore il dramma individuale,
che diventa collettivo e in questo caso
addirittura globale, della rappresentazione
del cataclisma, senza insistere sulla
spettacolarizzazione della tragedia.
Si tratta di una qualità sempre
più rara in un'epoca dove per
bucare la barriera dei media, costituita
da un'informazione ridondante, i protagonisti
della comunicazione colpiscono l'opinione
pubblica attraverso l'esibizione di
particolari macabri. Arko Datta ha resistito
a questa tentazione ed ha composto la
propria immagine con gli elementi essenziali
della tragedia di cui è stato
testimone, senza spettacolarizzazioni.
Essenzialità e rispetto. Queste
le due qualità della sua fotografia.
La vita e la morte, separate da pochi
centimetri di sabbia e dalla violenza
della natura sono rappresentate da una
delle forme che più ci è
familiare: la mano.
Le mani della donna sono aperte come
se potessero ancora offrire aiuto e
la mano, deformata dall'assenza di vita,
del suo congiunto è congelata
nella richiesta d'aiuto. Si tratta di
un linguaggio semplice, essenziale ed
universale. L'immagine del dolore di
questa donna è comprensibile
al di là delle barriere linguistiche
e culturali.
Il fotografo avrebbe potuto allargare
l'inquadratura, variando la focale del
proprio zoom di pochi millimetri, inserendo
il contesto e il resto del corpo del
congiunto. Pochi millimetri in meno
di focale ed un punto di vista lievemente
spostato avrebbero cambiato questa immagine
offrendoci l'ennesima, violenta, spettacolarizzazione
della morte, che avrebbe avuto il solito,
e scontato, effetto anestetizzante,
facendoci volgere lo sguardo altrove.
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1968 Edward
T. Adams, Stati Uniti The
Associated Press
Saigon, Sud Vietnam, 1 Febbraio
1968
Il Capo della polizia Nguyen
Ngoc Loan giustizia un uomo
sospettato di essere membro
dei Viet Cong
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Parola
d'ordine: discrezione
Questa edizione del Word Press Photo
sembra essere dominata dalla stessa
discrezione che ha caratterizzato il
primo premio anche nelle altre sezioni.
L'immagine del soldato statunitense
che guida un mezzo sotto il fuoco nemico,
nella quale si vedono gli effetti fisici
e psicologici del fatto ma non l'azione,
rimane in questo solco come anche il
ritratto della donna con bambino del
Darfur evoca uno dei conflitti dimenticati
che avvolgono il nostro pianeta.
Non
mancano le sperimentazioni fotografiche
in questa edizione (sempre nell'abito
del reportage). Per la fotografia sportiva,
il 2004 è stato l'anno delle
olimpiadi, il premio ha evidenziato
la ricerca di originalità dei
fotografi. Punti di vista inconsueti,
mosso e cromatismi hanno caratterizzato
queste immagini, senza dimenticare il
sociale (vocazione storica del World
Press). In un'immagine quasi grafica
del fotografo Bob Martin viene sintetizzato
il concetto di diversa abilità
dei portatori di handicap e la sfida,
vinta, che gli atleti con problemi fisici
compiono quotidianamente nell'agonismo
sportivo. L'immagine del fotografo della
Reuters coglie materialmente il corpo
separato di un nuotatore nell'atto di
tuffarsi. Le gambe, artificiali, rimangono
a terra, mentre la volontà dello
sportivo ingaggia una competizione sia
verso gli altri concorrenti, sia contro
l'ostacolo. Il tutto in una cornice
grafica che ricorda i dipinti di Paul
Klee e di Mondrian.
Sergio
Ferraris
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