Milano,
Palazzo Reale 18 marzo - 2 giugno 2003
"ACQUA"
Mostra
fotografica di Mike Goldwater
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Acqua per la pace
Mikhail Gorbaciov
Presidente Green Cross
International
Al pari della religione e dell'ideologia l'acqua
ha il potere di muovere milioni di persone e
fin dagli albori della civiltà l'uomo
si è sempre spostato nel territorio per
insediarvisi vicino. Si sposta se l'acqua scarseggia
e se abbonda. Si mette in viaggio verso l'acqua,
scrive, canta e balla per l'acqua. Per l'acqua
si combatte e dell'acqua tutti hanno bisogno,
sotto ogni cielo, ogni giorno.
Serve per bere, cucinare, lavare, per il cibo,
per l'igiene, per l'industria, l'energia, i
trasporti, i rituali, per divertirsi, per vivere.
E non siamo solo noi essere umani ad averne
bisogno, la sopravvivenza di tutti gli esseri
viventi dipende dall'acqua.
Ma oggi ci troviamo sull'orlo di una crisi globale
dell'acqua. Le due eredità più
importanti del ventesimo secolo - l'aumento
della popolazione e lo sviluppo tecnologico
- hanno avuto, in termini di risorse idriche,
un alto costo. Rispetto a vent'anni fa il numero
di persone che oggigiorno non hanno accesso
all'acqua potabile è aumentato. Un numero
sempre maggiore di fonti di acqua potabile si
esauriscono e vengono contaminate. Le tecnologie
moderne ci hanno permesso di imbrigliare buona
parte dell'acqua mondiale per la produzione
di energia, per l'industria e l'irrigazione
- ma spesso a un prezzo sociale e ambientale
terribile - e nel frattempo molte pratiche tradizionali
di conservazione idrica sono state abbandonate.
La crisi idrica esiste su scala globale, ma
le soluzioni vanno quasi sempre sviluppate e
realizzate a livello locale, e sempre con l'ottica
che non si tratti di una sostanza da dare per
scontata né di un patrimonio esclusivo
d'una ristretta minoranza.
L'acqua è l'elemento singolo più
importante, necessario a garantire il diritto
umano universale a "uno standard di vita
adeguato per la salute e il benessere proprio
e della propria famiglia" (articolo 25
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani).
Senza accesso all'acqua pulita, la salute e
il benessere non sono soltanto messi gravemente
a repentaglio, diventano impossibili: è
un fatto incontestabile che chi vive senza un
accesso affidabile all'acqua conduce un'esistenza
misera e degradata, con poche possibilità
di un futuro migliore per sé e per i
propri figli.
Riconosciamo dunque che l'accesso all'acqua
pulita è un diritto umano universale
e accettiamo la responsabilità che ne
deriva, quella cioè di garantire l'infondatezza
della previsione di un mondo in cui, fra venticinque
anni, l'emergenza acqua riguarderà due
persone su tre.
Non limitiamoci ad affermare che tutti hanno
diritto all'acqua e diamo a questa convinzione
l'importanza che merita con un emendamento della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che
inserisca esplicitamente l'acqua fra tali diritti.
Dobbiamo affrontare la minaccia di una catastrofica
crisi idrica e sventare queste lugubri previsioni
amministrando le risorse naturali con uno spirito
nuovo. Non farlo sarebbe un crimine e per tale
crimine la storia giudicherà severamente
le generazioni attuali.
Perciò dobbiamo incanalare in questa
direzione tutte le forze a nostra disposizione.
Il continuo aumento della popolazione mondiale
non dovrebbe essere considerato soltanto una
delle cause della crisi idrica ma anche la fonte
per una sua soluzione. Solo la solidarietà
e la volontà umana possono permetterci
di affrontare una sfida di queste dimensioni
e devono provenire da svariati settori. Ci vuole
collaborazione nei governi internazionali e
locali, occorre solidarietà fra i settori
privati dell'economia ed è indispensabile
da parte dei governi la volontà politica
di collaborare in buona fede con gli Stati confinanti
e con le proprie popolazioni: anche i gruppi
spesso marginali come le donne e gli indigeni
devono avere una voce, le informazioni e i mezzi
per utilizzare l'acqua.
Senza la sicurezza idrica, la stabilità
sociale, economica e nazionale risulta in pericolo,
in misura maggiore là dove l'acqua scorre
lungo confini contesi, e diventa cruciale dove
esiste "un'emergenza acqua" in regioni
con tensioni religiose, territoriali o etniche.
In alcuni casi, come fra India e Pakistan riguardo
al fiume Indo, il successo della collaborazione
nella gestione delle risorse idriche dimostra
che persino Stati con rapporti difficili possono
cooperare. In altri casi, invece, non sono ancora
state colte le possibilità date da un
corso d'acqua comune di migliorare i rapporti
territoriali. Ne è un esempio il Medio
Oriente, e in particolare la valle del fiume
Giordano, condiviso da Israele, dal popolo palestinese,
da Giordania, Siria e Libano.
Nell'arido Medio Oriente l'acqua rappresenta
fin dall'antichità una questione di sicurezza
fondamentale. Benché esistano accordi,
sia tra Israele e Giordania sia tra Israele
e l'Autorità Palestinese, che includono
clausole sull'acqua, la distribuzione, l'uso
e i diritti alle risorse idriche sempre più
scarse di questa regione instabile restano questioni
potenzialmente esplosive anche se nelle tradizionali
trattative di pace il problema viene di solito
messo in secondo piano o nascosto. Nel 2000
ho guidato una delegazione nella regione e abbiamo
incontrato il primo ministro Ehud Barak, il
presidente Yasser Arafat e il re Abdullah di
Giordania, che si sono impegnati a collaborare
con Green Cross International e i nostri partner
negli Stati Uniti, il Centro per la pace e la
cooperazione nel Medio Oriente, per trovare
soluzioni alla sempre più grave crisi
idrica dell'area. Il lavoro continua e attualmente
ci occupiamo del programma internazionale Acqua
per la pace. Le soluzioni esistono e dovrebbero
venire elaborate in collaborazione con tutti
i potenti della Terra.
I tre leader hanno riconosciuto esplicitamente
che non possono esserci soluzioni unilaterali
al problema idrico, questione che valica più
confini, e ciò è vero sia in Medio
Oriente, sia per i corsi d'acqua che scorrono
fra gli Stati Uniti e i Paesi confinanti. Si
dovrebbe costituire una gestione congiunta basata
su un sistema di effettiva interdipendenza in
tutti i 261 bacini internazionali sparsi nel
mondo, un raggruppamento teso a uno sforzo comune
anziché la restrizione delle singole
sovranità nazionali.
Un conflitto armato fra Stati per l'acqua è
improbabile, tuttavia bisogna ricordare che
esistono altri tipi di conflitti nelle regioni
afflitte dal problema dell'emergenza idrica.
Esistono scontri interni fra gruppi etnici,
regioni, utenti e persino piccole comunità,
scatenati proprio dal problema dell'acqua. Una
cooperazione tra Stati e governi è essenziale
alla ricerca di soluzioni idriche regionali,
e dove tali soluzioni non siano facilmente disponibili
occorre un sostegno e una mediazione internazionale
neutrale.
Ma vere e proprie battaglie per l'acqua si profilano
al nostro orizzonte se non si intensificheranno
gli sforzi per impedire conflitti in regioni
con emergenze idriche come l'Asia centrale,
il confine Messico-Stati Uniti, il Sahel e il
Medio Oriente.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le soluzioni
pratiche sono locali e riflettono la natura
specifica, geografica e culturale dell'uso dell'acqua.
Il periodo del dopoguerra-guerra fredda, quando
lo slogan "grande è bello"
spingeva alla costruzione di 45.000 grandi dighe
in tutto il mondo, è finito. Questa sconsiderata
manomissione della natura ha lasciato un'eredità
terribile, anche nel mio paese, dove migliaia
di acri di terreno fertile sono andati perduti
e le catastrofi causate dall'uomo provocano
sofferenze incommensurabili, come nella regione
del lago Aral. Dovremmo dare il via a una nuova
era, in cui si dia la precedenza agli interessi
sociali e ambientali e si mettano in questione
i vantaggi di grandi opere come le dighe. Gli
Stati Uniti, la seconda nazione del mondo per
numero di dighe dopo la Cina, stanno già
aprendo brecce in molte dighe e permettono al
salmone di nuotare di nuovo liberamente; altrove,
soprattutto nel mondo in via di sviluppo, il
problema è come fornire irrigazione,
energia e controllo delle inondazioni - ora
affidati alle dighe - con iniziative di dimensioni
minori, come la raccolta dell'acqua piovana
e una gestione efficiente della domanda.
Il nocciolo del problema è il valore
che attribuiamo ai diversi usi dell'acqua. Di
nuovo, non esiste un programma attuabile universalmente,
ma è chiaro che nessuna delle due posizioni
estreme, una a favore dell'acqua disponibile
per tutti gratuitamente e l'altra che promuove
una politica dei prezzi a costo totale per tutti
i rifornimenti idrici, è auspicabile.
Dobbiamo ricordare che il valore e il prezzo
dell'acqua sono due cose diverse; è una
sostanza il cui uso deve essere ottimizzato
con efficienza, ma in quanto necessità
assoluta per ogni forma di vita sulla Terra
dev'essere disponibile per il sostentamento
di tutti, inclusi gli ecosistemi naturali. Questo
rende la politica dei prezzi dell'acqua e dei
servizi idrici una questione complessa.
Ci troviamo insomma di fronte a un'enorme sfida.
Per fortuna abbiamo un passato costellato di
grandi sfide risolte usando l'immaginazione
e la nostra straordinaria capacità di
adattamento, e migliaia di persone di talento
in tutto il mondo sono già mobilitate
allo scopo di conservare l'acqua per le generazioni
future. Durante il nostro cammino sarà
inevitabile scontrarsi con crisi e conflitti.
Per essere sicuri che stiamo andando nella direzione
giusta dobbiamo ricorrere alla nostra conoscenza
e alla nostra esperienza, nonché alle
istituzioni per stare al passo con il progresso
scientifico e tecnologico e imparare a diventare
buoni vicini e bravi ospiti dell'ambiente naturale.
L'uomo si è sempre mosso per l'acqua,
ora dobbiamo mobilitarci per salvarla.
Introduzione
al volume "Acqua" pubblicato da Federico
Motta Editore (tutti i diritti sono riservati.
Ogni riproduzione parziale del presente testo
deve essere dettagliatamente concordata con
l'editore.)
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